di Patrizia Maccotta
Se da quando si nasce, tutto è mutevole, le persone da cui si dipende, le abitazioni, l’istruzione, le amicizie, le lingue e le voci, si impara da subito che tutto è impermanente e che la vita è fatta di perdite. Allora la memoria dei luoghi diventa essenziale. Si deve affinare il senso di orientamento per paura che la realtà dei luoghi sfugga tra le dita; si deve cercare di fissarla, questa realtà, per sottrarla ad una fine sempre in agguato.
Un’illusione certo.
Fotografare, per me, fa parte di questa illusione.
Sarà per questi motivi che nelle foto che scatto non appaiono mai – o quasi mai – delle figure umane, ma solo luoghi che le stagioni scandiscono? O sarà perché le persone non si possono catturare in uno scatto?
Unica eccezione questo viale di grandi lecci nella Villa Borghese di Roma. Gli alberi sono schierati per proteggere due piccole figure molto lontane. Si tengono per mano? Mi hanno dato una sensazione di complicità, legame, armonia.
Le ho comunque lasciate molto lontane esaltando invece la natura che le avvolge.
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Nota della Redazione:
Una foto può essere un contenitore di ricordi, emozioni, momenti di vita.
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