Ambiente e Natura

Ischia, l’Italia in un’isola senza Europa

di Giuseppe Mazzella di Rurillo

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“La posizione geografica di Ischia è tra le più privilegiate del mondo. In nessun posto della Terra forse si possono trovare così felicemente congiunte tante risorse e tante possibilità”. Questo era l’attacco della “parte fissa” della rivista “Lettera da Ischia” che fu pubblicata dall’Evi-Ente per la Valorizzazione dell’isola d’Ischia per dieci anni, dal 1963 al 1972, cioè fino allo scioglimento dell’Ente di Diritto Pubblico costituito nel 1939 e “ricostruito” nel 1952 per interventi straordinari di valorizzazione dell’isola d’Ischia.

L’Evi ebbe durata ventennale e svolgeva le funzioni di Azienda di Cura, Soggiorno e Turismo per i sei Comuni, gestiva l’acquedotto e realizzava opere pubbliche per conto della Cassa per il Mezzogiorno. Aveva anche il compito di redigere i Piani Regolatori Generali dei sei Comuni. Infatti nel 1968 per conto dell’Evi l’architetto Corrado Bequinot  predispose l’unico “Piano Regolatore Generale dell’isola d’Ischia” che avrebbe dovuto essere adottato singolarmente dai sei Comuni. Non fu mai  adottato dai Comuni e mai approvato dal Ministro dei Lavori Pubblici, cui allora spettava la competenza.

Dal 1952 al 1972 l’isola d’Ischia ha vissuto una lunga “stagione istituzionale privilegiata” perché i sei Comuni, ripristinati nel 1945, si trovavano a disporre di un “super-Comune” di fatto  preposto alla valorizzazione ed al coordinamento istituzionale delle sei unità amministrative. L’omogeneità politica nei sei Comuni tutti a maggioranza della Democrazia Cristiana favoriva un formale Coordinamento istituzionale. Si deve dare atto alla classe dirigente italiana degli anni ‘50 di aver avuto la felice intuizione di istituire un Ente Speciale per la  valorizzazione dell’isola che svolse un compito decisivo per il lancio di Ischia nel firmamento turistico  internazionale. Si visse allora una “golden age” con investimenti privati – prima fra tutti quelli del commendatore Angelo Rizzoli – e investimenti pubblici infrastrutturali, soprattutto grazie all’intervento straordinario della Cassa per il Mezzogiorno, che concedeva anche incentivi finanziari fino al 70%  per nuove imprese alberghiere, termali e commerciali.

Ne sorsero a decine o centinaia.

Non solo quindi Ischia aveva geograficamente una delle posizioni più privilegiate della Terra ma aveva anche una posizione istituzionale privilegiata rispetto a tutte le altre località del Mezzogiorno perché aveva un Ente Speciale di Diritto Pubblico al cui finanziamento dovevano concorrere la Provincia di Napoli e ben 5 Ministeri (Tesoro, Interno, Lavori Pubblici, Industria e Commercio, Turismo e Spettacolo).

Nel 1972 l’Ente Ischia fu sciolto per scadenza legislativa. L’Ente speciale aveva durata ventennale. La competenza sul turismo passò alla Regione Campania, istituita nel 1970. Dalle ceneri nacquero due Enti: il Consorzio per l’Acquedotto e le Fognature e l’Azienda di Cura e Soggiorno. Non ci fu mai più una politica unitaria isolana anche perché non solo venne meno il luogo fisico ed istituzionale del coordinamento ma venne meno anche l’omogeneità politica dei sei Comuni, con l’affermazione soprattutto del Psi antagonista principale della Dc.

Da 48 anni l’isola d’Ischia e la sua economia vivono nel più esasperato campanilismo e individualismo delle sei municipalità. Non è mai stato approvato un Piano Regolatore Generale. Quindi nel ventennio 1970-1990 c’è stato il “sacco di Ischia”  e una espansione incontrollata. Non si è mai tentata una politica di programmazione economica. Gli interventi pubblici della Regione soprattutto, che gestiva i finanziamenti anche della Cassa per il Mezzogiorno fino al 1992 e poi quelli Europei, sono stati “a pioggia”.

Esempio illuminante della più selvaggia lottizzazione politica tra la Dc e il Psi che erano alternativi sul piano locale ma alleati di governo a livello provinciale, regionale e nazionale.

Gli interventi “a pioggia” naturalmente sono stati favoriti dai big della politica di allora e hanno favorito i Comuni politicamente più attivi. Esempio emblematico della “lottizzazione Dc-Psi” fu l’ultimo piano – 1988 – dell’ultima legge per il Mezzogiorno, la famosa n. 64 del 1986. Ventitré miliardi di finanziamento per  la grande opera pubblica che doveva nascere nel Comune di Ischia per il Porto Turistico ad Ischia, ventitré miliardi alla Dc dell’assessore Enzo Mazzella e ventitré miliardi al Psi dell’assessore Franco Iacono. I ventitré miliardi di lire del Psi furono spartiti tra Lacco Ameno (16 per il Museo e il Centro Congressi di Villa Arbusto, 5 per l’acquisto della Villa Colombaia a Forio, 3 per Barano per uno studio di fattibilità per i costoni dei Maronti). Lira più lira meno, la lottizzazione fu questa, senza tener conto che Casamicciola era l’area industriale in crisi e che doveva valorizzare il grande complesso del Pio Monte della Misericordia di proprietà di un ente morale napoletano che lo aveva “fittato” per 50 anni a una società privata con la quale l’ente morale era in lite giudiziaria per inadempienza contrattuale. Fui allora – 1988 – molto  critico nei confronti di Franco Iacono ed Enzo Mazzella.  Fanno fede i miei interventi sul “Settimanale d’Ischia” di Domenico Di Meglio. Ma Enzo mi telefonò per giustificarsi: nessuno della Dc di Casamicciola che stava con la corrente di Paolo Cirino Pomicino lo aveva sollecitato per un intervento straordinario della Regione Campania nell’ultimo “Piano” di una “Legge Straordinaria sul Mezzogiorno”.  Enzo Mazzella mi confermò di essere sempre più convinto della necessità del “Comune Unico per l’isola d’Ischia” ma che la sua proposta di legge del 1986 non aveva sufficiente consenso politico in Consiglio Regionale. Il “Comune Unico” resta un sogno da 34 anni, nonostante altre tre proposte di legge, l’ultima delle quali è quella decaduta del consigliere Maria Grazia Di Scala.

Credo che la “prima Repubblica” con il dissolvimento della Dc e del Psi abbia cominciato ad “autodistruggersi” da allora perché  i partiti di governo – Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli – non ebbero la forza di auto-rinnovarsi, essendo il pentapartito irreversibile.

OGGI PEGGIO DI IERI

Oggi -autunno 2020- 32 anni dopo l’ultimo piano sul Mezzogiorno ci troviamo in piena pandemia con una paura diffusa del contagio, uno spettacolo terrificante di conflitti istituzionali tra Stato, Regione, Comuni sui provvedimenti da adottare per il contenimento dell’epidemia, che fanno passare in second’ordine la proposta di un nuovo Piano per il Sud presentato il 14 febbraio di quest’anno dal giovane Ministro per il Sud, Peppe Provenzano, che viene dalla Svimez, il più importante istituto di studi sul Mezzogiorno sul quale mi riservo alcune considerazioni prossimamente.
Passa in secondo piano in un dibattito nazionale che è diventato una Babele senza adottare alcun provvedimento il cosiddetto “Recovery Fund” cioè un impegno di spesa per i prossimi 5 anni di 209 miliardi di euro per il rilancio dell’economia in Italia per lenire gli effetti disastrosi della pandemia sull’intero sistema economico e sociale della nostro Penisola definita “Repubblica unica e indivisibile” ma spezzettata in orrida maniera in 20 Regioni e due Province Autonome. Nella drammatica situazione in cui ci troviamo il Movimento 5 Stelle, partito di maggioranza relativa (ma non si definisce ancora partito) pone veti al Governo per l’utilizzo del Mes per interventi immediati sulla Sanità italiana, talmente spezzettata che non abbiamo più un Ministero della Sanità ma della “Salute”, perché l’art. 32 della Costituzione è stato di fatto dato in esercizio per delega alle Regioni.

Isaia Sales scrive sabato 7 novembre 2020 su “Domani” che “dare potere alle regioni è stato un errore che ora va corretto” ed è “Vincenzo De Luca a rappresentare tutti i limiti del regionalismo e tutte le insidie che questa cessione di podestà porta alla salute dei cittadini e a quel che resta del sistema dei partiti”.

DOPO  50 ANNI ISCHIA NON HA RAPPRESENTANTI SUL CONTINENTE

Trovo disarmante, avvilente, tragica questa situazione che distrugge  anche l’ottimismo della volontà perché il pessimismo della ragione è cosmico come quello di Giacomo Leopardi. Dopo 50 anni di ininterrotta rappresentanza alla Provincia e alla Regione, Ischia non ha più una rappresentanza politica sul Continente nelle due principali assemblee locali dove si amministra, che è quello che conta. La classe politica isolana costituita ormai solo dai sei sindaci-podestà non riesce a formulare un PIANO DI RILANCIO ECONOMICO unitario trovando un “luogo fisico” che potrebbe essere il Cisi trasformato in Evi di diritto privato, oggi alla cronaca per politiche di discutibili assunzioni di personale.

Ischia quindi vive senza Europa. Non riesce a cogliere le opportunità che può e deve avere dai Fondi Europei. Non riesce a mettere a punto una squadra di tecnici per redigere progetti possibili, immediati , cantierabili, soprattutto per la ricostruzione dopo il terremoto del 21 agosto 2017 a Casamicciola, ormai in completo caos politico e amministrativo, e Lacco Ameno, terribilmente spaccata in due fazioni, anche per dare respiro e speranza a 9mila e 500 lavoratori precari oggi senza lavoro e prospettive per la chiusura del “turismo e del commercio”, uniche vie della nostra economia. Ischia non riesce a mettere in atto una “Finanza di territorio” (la proponemmo oltre venti anni fa con il Presidente della Provincia di Napoli, Amato Lamberti con la proposta del “Patto Territoriale”) che si  fonda soprattutto sul ruolo del sistema bancario che proprio nel nostro contesto deve assumere partecipazioni dirette al capitale di rischio di imprese in ”sofferenza bancaria” (un eufemismo per dire che sono indebitate oltre ogni limite con le banche!). Ce ne sono decine sull’isola d’Ischia di grandi, medie e piccole dimensioni, e alcune sono anche “storiche”. E’ fondamentale il ruolo attivo che potrebbe svolgere Invitalia, che è ormai la nuova Iri del manager Domenico Arcuri, anche Commissario Covid-19 con un “CONTRATTO DI SVILUPPO” oggetto di un convegno il 14 febbraio 2020 a Forio con lo stesso Arcuri.

Insomma io credo che sia una strada obbligata un nuovo modello di sviluppo per l’isola d’Ischia. Devono nascere “Public Company”. Invitalia e le banche devono entrare nel capitale di rischio di imprese. L’impresa individuale è al tramonto.

Debbo riconoscenza a Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione  Con il Sud per avermi fatto incontrare, in occasione della presentazione del suo libro “L’equivoco del Sud” che tenemmo nella Villa Gingerò in Villa Arbusto a Lacco Ameno martedì 17 settembre 2013, cioè sette anni fa, la vita e l’opera di Giorgio Ceriani Sebregondi (1916-1958). (IL CONTINENTE n.3/2019 – Memorie dell’ Epoca – 2013 “Le parole non dette al convegno su ‘L’equivoco del Sud’). Carlo Borgomeo appena rientrato a Roma mi inviò un libro su Sebregondi “Credere nello sviluppo sociale” con un affettuoso biglietto di ringraziamento perché “lo aveva tanto colpito”. In questi giorni di chiusura e di isolamento l’ho letto con estrema attenzione.

C’è una stupenda introduzione di Giuseppe De Rita e tante altre preziose testimonianze. Ne voglio fare un’altra approfondita riflessione perché ritengo quella “lezione intellettuale” straordinariamente attuale. Dobbiamo ritornare agli anni ‘ 50. Ad una nuova passione civile. Ad una “autopropulsione” del nostro sistema locale di sviluppo con l’aiuto dello Stato e dell’Europa, poiché dobbiamo evitare di “cadere nell’errore di chi, trovandosi di fronte ad un albero che dà pochi frutti, invece di provvedere a curare la malattia dell’albero, provvedesse ad appendere dei frutti sui suoi rami.” (Sebregondi).

Seccheranno.

 

Casamicciola, 8 novembre 2020

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