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Addio Maestro… Scion Scion

di Sandro Russo

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Il mio incontro con Ennio Morricone è stato indiretto – come per molti, immagino – attraverso le colonne sonore dei film di Sergio Leone. Anche più tardivo anzi, perché non impazzivo per i film del genere – poi denominato spaghetti-western: per i registi Sergio Leone, Duccio Tessari e Sergio Corbucci – ai tempi del loro maggior successo.

Conobbi meglio i film di Leone e insieme Ennio Morricone per un corso di sceneggiatura cinematografica tenuto da Sergio Donati (1933; vivente), mitico sceneggiatore di molti film del regista romano.

I “dioscuri” della Scuola di Scrittura Omero – Paolo Restuccia e Enrico Valenzi – nutrivano una genuina venerazione per Sergio Donati e la trasmisero a noi allievi… Cosi che alla fine tutti pendevamo dalle parole di Donati e dai suoi ricordi. Storie infinite dai set di Sergio Leone, in particolare da quello di C’era una volta il West, il film girato per gli esterni del deserto a La Calahorra (Granada, Spagna), una delle zone più montagnose dell’Andalusia in un paesaggio privo di vegetazione, arido e inospitale.


Ma quando entra in scena Ennio Morricone?
Sergio Donati ne parlava come di un’entità mitica, insignificante d’aspetto… ma che faceva una musica… Ah, che musica!
…E se la faceva pagare carissima.
Sergio Leone se ne lamentava in continuazione! Dice che la sera a riprese finite metteva ad altissimo volume la musica che poi sarebbe stata la colonna sonora del film. Una musica che veniva da ogni parte, in mezzo al nulla… nei rossi e infuocati tramonti dell’Andalusia.
– Vai vai… fatela andare… Con quello che mi è costata!
Sergio Donati si commuoveva sempre, quando rievocava quei ricordi: – Scusate, sono vecchietto! – si scusava.

Donati è stato lo sceneggiatore di molti film di Sergio Leone con cui aveva un rapporto, per così dire, “conflittuale”: grandi litigate (generalmente per inadempienze e questioni di soldi); solenni propositi di non voler più avere nulla a che fare con lui: poi il regista lo chiamava, come se nulla fosse successo… si faceva pregare un po’ e ricominciavano a lavorare insieme.

Per dire qualcuno dei film fatti insieme: il finale di Per qualche dollaro in più, C’era una volta il West, appunto, e Giù la testa. A quest’ultimo Sergio Donati era particolarmente affezionato e in proposito ricordava una caratteristica della musica da film di Morricone (almeno nella sua esperienza e nei film di Leone): che legava una linea musicale a un personaggio e lo spettatore veniva avvertito come da un’aura sonora della sua presenza, anche se non era ancora visibile sullo schermo.

 

Giù la testa è un film del 1971 interpretato da James Coburn, Rod Steiger e Romolo Valli. È il secondo film della cosiddetta Trilogia del tempo (*), preceduto da C’era una volta il West (1968) e seguito da C’era una volta in America (1984). Per uniformità avrebbe dovuto chiamarsi C’era una volta la rivoluzione, ma i produttori temettero che il richiamo alla rivoluzione potesse rivelarsi controproducente al botteghino; mentre il titolo americano – A fist of dynamite – Un pugno di dinamite, richiama il pugno di dollari.
E il motivo del titolo si può vedere in questa scena del primo incontro tra John H. “Sean” Mallory (l’irlandese che veniva da un’altra rivoluzione) e il peone Juan (il film è ambientato nel Messico del 1913).

Da YouTube: Giù la testa, coglione!

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Qui omaggiamo Morricone – nell’inconsueta veste di direttore d’orchestra – in un concerto tenuto nella magica cornice di piazza San Marco a Venezia il 10 novembre 2007.

Il main theme del film Giù la testa, dedicato al protagonista Sean (pron. inglese Scion) è immediatamente stato riconosciuto in Italia come Scion Scion…

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Nota
(*)
Giusto per aiuto menmonico, insieme alla Trilogia del tempo citata sopra, ricordo, di Sergio Leone, la cosiddetto Trilogia del dollaro (altrimenti conosciuta come Trilogia dell’uomo senza nome) che comprende i primi tre film western diretti dal regista romano, aventi per protagonista un giovane Clint Eastwood; tutti con le colonne sonore di Ennio Morricone:
Per un pugno di dollari (1964)
Per qualche dollaro in più (1965)
Il buono, il brutto, il cattivo (1966)


Morricone con Quentin Tarantino in occasione del suo secondo Oscar (2016) per The Hateful Eight

6 Comments

6 Comments

  1. Luisa Guarino

    8 Luglio 2020 at 16:52

    Sono felice che, sebbene in ritardo, abbiamo recuperato uno spazio, doveroso e in questo caso personalizzato grazie a Sandro, per Ennio Morricone. Dirò una cosa forse non facilmente condivisibile. A questo punto non conta che il Maestro non ci sia più (ossia conta solo per i suoi cari, familiari e amici): ciò che conta davvero è che ci sia stato. E che con la sua “musica assoluta” ci sarà sempre. E’ il privilegio dei grandi artisti: figuriamoci di un patrimonio dell’umanità come lui. Ennio Morricone è dunque di tutti, e ciascuno ha il proprio Morricone. Il mio ad esempio è quello intimista, sognante e popolare di “Nuovo cinema Paradiso”; ma anche quello epico e sconfinato di “Mission”. E il vostro qual’è?

  2. Sandro Vitiello

    8 Luglio 2020 at 19:23

    Io riesco a commuovermi ancora guardando il finale di “Nuovo cinema Paradiso”.
    Grande film ma certe musiche ti entrano dentro e diventano parte di un sentimento forte.
    Che nostalgia pensando a tutti quei film che ha reso unici grazie alle sue musiche.
    Guardare l’elenco e capire quanto sia stato importante Ennio Morricone.
    E’ un dato di fatto: la storia del cinema può essere definita con un prima e un dopo il suo inizio a lavorare alle colonne sonore dei film.
    Il cinema perde un maestro di prim’ordine.

  3. Silverio Guarino

    8 Luglio 2020 at 22:59

    Del suo attaccamento al denaro non ne ero a conoscenza, mentre so per certo che fosse molto vanitoso e con la sindrome del “primo della classe”, per cui ci teneva anche troppo a che il suo nome fosse scritto per primo sui manifesti ed in ogni caso con caratteri più grandi ed evidenti. Ma ad un artista del suo calibro si perdona anche questo lato (per la dicotomia tra artista e uomo), anche per quella antica romanità del “parce sepulto”.

    Un aforisma attribuito a Snoopy, d’altra parte, recita così: “E’ difficile essere modesti, quando si è i migliori”.

    E Morricone è stato indubbiamente “il migliore”.

  4. Adriano Madonna

    9 Luglio 2020 at 14:22

    Complimenti! Scritto molto bene, con competenza, sensibilità e passione.

  5. Sandro Russo

    10 Luglio 2020 at 08:35

    Condivido, per aver avuto la sua stessa folgorazione, il breve scritto di Gabriele Romagnoli per “La prima cosa bella del 7 luglio 2020”, da la Repubblica.

    “La prima cosa bella di martedì 7 luglio 2020 è “scion scion”, la musica di Ennio Morricone per pronunciare il nome di un uomo, l’eroe più spaesato mai apparso in un film western. Aveva ragione il Maestro: ha scritto la colonna sonora delle nostre vite.
    Avevo 10 anni quando andai con mio padre a vedere Giù la testa. Ero già stanco dei film di cowboy e indiani e gli rompevo le scatole per vedere piuttosto Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Ma lui insisteva che ero troppo piccolo, così mi trascinò, senza immaginarlo, a sognare di esportare la rivoluzione. C’era questo irlandese spiaggiato in Messico con la faccia di James Coburn che aveva finito per credere “solo nella dinamite” e che di esplosioni vive e muore. Solo dopo qualche tempo gli viene chiesto come si chiami e la sua risposta: “Sean, John”, diventa quel brano, Sean Sean, ma per tutti, dai 10 ai 91: Scion Scion.
    Archi, fiati, percussioni, il fischio, il coro che ripete quel nome e poi, dopo oltre un minuto, sbuca una voce di donna, la dea della fine, che soavemente accompagna verso un destino epico: l’ultima sigaretta, l’ultima esplosione, poi la musica cala ancora e il coro ripete, quasi fosse un jingle: “Scion scion, Scion scion”. Tutta la vita per lasciarsi dietro un nome, qualche nota, ma finché le suonavano era davvero un altro mondo.

  6. Dante Taddia

    10 Luglio 2020 at 17:12

    Il mio “ennio” scritto con la ‘e’ minuscola perché per i migliori è superflua quella maiuscola che il maestro tanto teneva a vedere sui manifesti, è quello de “La leggenda del pianista sull’oceano”. Perché soddisfa in me un aspetto poliedrico: quello di musicista che si identifica sia in Novecento che in Max (il trombettista), quello del giramondo, e quello affascinante di chi, proprio perché giramondo, ha avuto la fugace avventura di suonare su una nave per il breve tragitto dalla Germania alla Danimarca tanti, tanti anni or sono.
    Conosco quel film per ogni fotogramma e la musica per ogni nota: e ogni volta rinasce in me un novello Ulisse, proprio come lo è del resto Novecento. Ogni suo viaggio sul Virginian è un’avventura, e altrettanto lo è per me ogni volta che ri-ri-vedo quel film, che gli porta a conoscere mondi insperati: quello solido e reale del contadino padovano che gli fa scoprire la voce del mare, o della figlia che gli fa scoprire la dolcezza di un amore solo sognato (per Novecento) cui dedica però una musica struggente che parla da sola; quello del duello pianistico con Roll Norton e il commento sagace con il “vaffa” per il jazz; quello di quando gli altri scendono a terra mentre lui si rifiuta di farlo e continua nella sua ricerca affannosa di qualcosa che solo la musica riesce a dare.
    Tutto questo, il Grande Maestro ha saputo magistralmente, mi si perdoni il bisticcio di parole, rendere nelle poche note finali, semplici, staccate, quando Novecento simula di avere ancora il suo pianoforte sotto le dita. Mentre il grande e incomparabile valzer sulla nave sballottata dalle onde è un capolavoro di suono e immagini che solo il “il migliore” poteva concepire e orchestrare.

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