Ambiente e Natura

Custodi della terra… da Ponza verso il mondo

I Custodi della terra di Ponza

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Domani, domenica 16 febbraio, per tutto il giorno a Pianura – Campi Flegrei – ci sarà un importante incontro tra produttori agricoli in cui avverrà uno scambio dei semi delle coltivazioni che ognuno pratica nel suo territorio.
Il nome dell’evento è in puro dialetto napoletano: “Scagniammece ‘a semmenta”.

I Custodi della terra di Ponza parteciperanno con una nutrita delegazione e porteranno con sé quanto di più prezioso e tipico piantiamo nelle nostre terre.
Abbiamo deciso di aderire a questo appuntamento perché chi lo organizza e le associazioni che vi partecipano si muovono con lo stesso spirito che appartiene a noi Custodi e che poi è quello dei piccoli agricoltori.
Sappiamo che non solo a Ponza ci sono piccole realtà contadine che raccolgono quantità limitate di prodotti della terra e che continuano a farlo soprattutto per conservare un patrimonio di conoscenze e di sementi che, altrimenti, andrebbero perdute.
Da Ponza porteremo i semi delle fave, lenticchie, cicerchie, spicchi di aglio e altro.
Provengono da terreni dell’isola che le famiglie dei nostri associati coltivano da generazioni e che conservano gelosamente.

Mentre crediamo che sia doveroso preservare una specificità ponzese nelle produzioni agricole della nostra isola, non siamo restii a sperimentare nuove sementi che potrebbero darci l’opportunità di scoprire altri modi di coltivare.
D’altronde la storia umana da sempre ha vissuto le migrazioni delle persone; nei loro viaggi si portavano appresso anche i semi e le piante dei luoghi di origine.
Ad esempio oggi la California si fregia anche di un ottimo vino con un nome un po’ complicato – Zinfandel – che altro non è che il Primitivo di Manduria portato in quei luoghi dagli emigranti pugliesi.
Insieme a noi ci saranno amici della Toscana, della Puglia, di Latina e di Bolsena.
Oltre ovviamente agli organizzatori.
L’appuntamento è per domenica a Pianura – Napoli – presso la Casa della cultura e dei giovani, in via Comunale Grottole 1.

P.S. In questi giorni a Ponza sono state piantate catene e catene a patate.

 

1 Comment

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  1. La Redazione

    17 Febbraio 2020 at 15:32

    Uno scritto molto coinvolgente e vero, da sottoscrivere parola per parola, da la Repubblica di oggi, di Enzo Bianchi (*)

    Come si ascolta la terra cantare
    di Enzo Bianchi

    Ho sempre sentito il comandamento “Amerai il prossimo tuo come te stesso” come un imperativo ad amare anche la terra come me stesso. Non si può amare l’altro, il prossimo, senza amare la terra, perché l’altro sta di fronte a me e condivide lo stesso mio spazio, perché ha una vita che dipende dalla vita della terra e anche perché, come me, è terra: venuti dalla terra, torniamo alla terra.
    Ma che cos’è la terra che amo?
    È la terra su cui cammino e vivo; è la mia terra delle colline coperte di vigne del Monferrato; è la terra morenica, boscosa e piena di grandi sassi in cui abito; è la terra del mio orto; è la terra che sa generare la vita e accoglie la morte. Il mio è un amore viscerale, tanto che a volte mi sembra di poter abbracciare la terra e che essa possa ascoltare le mie confessioni di passione per lei.
    Non è una dea, ma è il dono essenziale che Dio ci ha fatto perché possiamo essere e vivere.
    La terra mi ha accolto quando sono uscito dal ventre di mia madre, mi ha aiutato a “stare in piedi” a camminare con speranza, mi sta aiutando nell’arte di “lasciare la presa”, di consentire che essa mi accolga, apra le braccia al mio corpo e permetta che io diventi lei stessa. Ma come si ama la terra?
    Innanzitutto si tratta di imparare a vederla, ad ascoltarla, a conoscerla, in una vera e propria relazione nella quale, crescendo l’assiduità, cresce anche l’amore. La terra chiede di essere osservata così come si presenta nelle sue variazioni dovute ai ritmi del giorno, della notte e delle stagioni. Nel buio la terra emerge solo con la luce, sia pure poca; allora acquista almeno un profilo, anche se le ombre sembrano avvolgerla. Ma al mattino la terra, accogliendo la luce, si mostra, si veste di molti colori e inizia a cantare. La terra è fatta di cose: un ruscello, un prato che fiorisce, un bosco che della luce sa fare un’ombra, la mia quercia centenaria che è la prima cosa che al mattino guardo con gioia uscendo dalla cella. Dal vedere sgorga poi il celebrare: celebro, dunque canto la terra, o meglio la vita, mia, nostra, di noi umani e della terra insieme. Umani perché venuti dall’humus, e dunque umili per natura. Non essere umili è il grande peccato contro natura!
    Secondo la tradizione ebraica e cristiana Dio non ha solo creato con la sua parola e con il suo soffio la terra, ma l’ha affidata ai terrestri: Adam riceve la terra per essere il suo giardiniere; giardiniere, non sfruttatore, che la devasta, la opprime, la fa ammalare. Perché non ci domandiamo cosa abbiamo fatto e continuiamo a fare contro la bellezza e la bontà della terra?
    Terre avvelenate dai rifiuti, terre cementificate da costruzioni insensate, terre sfruttate… Fa impressione rileggere le parole di Alano di Lilla, un monaco del XII secolo: “Uomo, ascolta cosa dice contro di te la terra, tua madre: perché fai violenza a me che ti ho partorito dalle mie viscere? Perché mi tormenti e mi sfrutti per farmi rendere il centuplo? Non ti bastano le cose che ti dono, senza che tu me le estorca con la violenza?”.

    (*) – L’autore, Enzo Bianchi, 76 anni, saggista e monaco laico, ha fondato la Comunità monastica di Bose in Piemonte

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