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Dalla pesca a totani – Audioracconto. Ascolta qui: Stavano tornando dalla pesca a totani
Tornavano dalla pesca a totani. Ore due, circa. Notte fonda e buia per la mancanza della luna. Barchetta di legno con un 15 cavalli fuoribordo. Senza luce perché quella a carburo aveva assolto il compito assistendoli nella pesca, ed ora era scarica. Il secchio era pieno di totani, una quindicina. Stefano e Marco. Padre e figlio. Lui all’università, il padre settantenne. Avevano lasciato il posto di pesca puntando verso il faro della Guardia. Due o tre barche ancora luccicavano. Ma erano lontane e dunque presumibilmente gozzetti con entrobordo che potevano permettersi di andare lontano. Una volta sotto il faro avevano puntato al faraglione della Madonna. I ‘parlanti’ vociavano nella notte e col buio davano il pretesto per immagini surreali. Le berte (sono i parlanti) sembravano socializzare in quel buio. E la luna era inconsistente, così piccola e lontana, e il mare sembrava disdegnarne il flebile luccichìo. Stefano era contento. Del pescato anzitutto. Tacitava l’istinto predatorio che giace in fondo all’uomo. La civiltà sopisce non cancella gli istinti. È una caratteristica dell’uomo quella di introiettare i moti dell’animo, sistemarli in caselle e tenerli lì, come in una cantina le bottiglie nei comparti divise. Contento anche d’aver trascorso del tempo utile con il figlio. Lontano per larga parte dell’anno, dai sentimenti e dalla familiarità. Sull’isola si nasce ma non si è sicuri di trascorrervi la vita perché non c’è il lavoro per tutti. Anzi, più qualificata è la professione meno possibilità c’è di impiego. La limitazione fisica trova appendice anche nella limitazione sociale. Oggi, poi, si attua questo espediente: nel periodo fruttuoso economicamente si dimora a Ponza, e in quello sterile si vive in continente. Marco è al timone. Deve decidere se transitare fuori al faraglione della Madonna o per il passaggio interno, fra scoglio e scoglio. Sceglie questa seconda opzione. Deve fidarsi dalla sua esperienza perché non si vede nulla. Attenua la potenza dell’elica e sgrana gli occhi. Qualcosa luccica nella scia dell’elica. Sono lampi fluorescenti che sembrano vivi e guizzanti. Marco mette la mano in acqua. Sono forme di plancton che dal profondo salgono e cercano una luce che non c’è. O meglio non c’era fino ad allora, perché nell’entrare nel cavo del porto le luci del paese segnano i contorni dei colli, dei borghi, delle banchine. Padre e figlio insieme. Una serata in cui lo stare vicini ha detto più di mille parole. Le parole si ricordano se scritte. I sentimenti si ricordano se espressi coi gesti.
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