Ambrosino Vincenzo

La generazione degli anni ’70/’80 vuole governare l’Italia

di Vincenzo Ambrosino

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Ormai l’età media dei leader politici a livello internazionale si è nettamente abbassata, si diventa primo ministro dai ventotto anni in su.
Questi giovanotti, sicuramente sono il presente, non so se saranno il futuro ma sicuramente stanno caratterizzando la loro presenza sulla scena politica nazionale.

In quale contesto nascono questi nuovi protagonisti?
Nascono guardando, in televisione, da una parte cadere il muro di Berlino e dall’altra in Italia una intera classe dirigente spazzata via da Tangentopoli e Mani Pulite. Vivono nell’era berlusconiana.
Mentre il rumore del modem 56k si diffonde nelle loro case assistono in diretta –  l’11 settembre del 2001 – all’assordante caduta delle torri gemelle. Sotto lo sguardo di questi ragazzi che crescevano tutto improvvisamente cambia.

Questi ragazzi hanno frequentato anche l’Università con la speranza di trovare un posto di lavoro fisso per fare un mutuo, comprarsi una casa, mettere su famiglia… ma hanno scoperto subito che non era possibile.
Si sono trovati ad affrontare un mondo, impreparati ad affrontarlo.
Non è stato facile, anche perché mentre si attrezzavamo per capire i cambiamenti delle regole del gioco, dovevano sorbirsi anche le critiche di “vecchi bacucchi” che li accusavano di essere incapaci di avere “successo”, comprarsi una casa, di sposarsi perché pigri, indecisi: non avevano “reciso il cordone ombelicale ed erano rimasti dei bamboccioni”.

Se oggi ce li troviamo a far impazzire Mattarella, a mettere alla porta Berlusconi e far scervellare i giornalisti, evidentemente quelle critiche non li hanno abbattuti anzi li hanno fatto incazzare. Questi giovani sono mutati sotto ai nostri occhi per cui sono evoluti. Hanno cercato idee su internet e nel frattempo si sono autofinanziati con mille mestieri per pagarsi l’affitto, oppure i viaggi, per imparare le lingue, il cellulare. Sono andati all’estero a fare esperienza perché qui le porte erano aperte solo per i “figli di papà” e le altre porte erano sbarrate da quelli che avevano il doppio dei loro anni.
Si sono accorti nel frattempo che il mondo era cambiato ma l’Italia era rimasta immutata, in particolare quelli che comandavano e quelli che si candidavano a governare erano almeno da vent’anni sempre gli stessi. La mobilità sociale non esisteva, i più ricchi di oggi erano gli stessi del secolo scorso. Dalle loro esperienze si sono accorti che questo succedeva solo in Italia. L’Italia non cambiava e non si adattava al mondo perché chi comandava non voleva cambiare e ci stava portando sempre più giù.

Questi giovani e la nuova consapevolezza
Hanno cominciato a comunicare tra di loro e sempre in maggior numero. Si sono trovati a dire che  avevano il dovere di cambiare questo Paese, perché non era più adatto a loro. Era loro necessità “scendere in campo” per assumersi la responsabilità di dotare l’Italia delle loro competenze per farla entrare dalla porta principale nel mondo che era da tempo cambiato.
I “bamboccioni” quindi hanno rotto gli ormeggi e si sono messi a fare politica ponendosi due obiettivi fondamentali: la massima qualità della vita e il massimo senso della comunità. La loro parola d’ordine è una: solidarietà.

Si ispirano ad imprenditori come Olivetti, a mercanti come Marco Polo, a grandi inventori come Enrico Fermi; questi italiani erano giovani come loro quando hanno fatto grande questo Paese.
Hanno la consapevolezza che il mondo non è stabile, ma anche la conoscenza che è ricco di opportunità che possono essere colte da una nuova classe dirigente non ripiegata sulla propria avidità. Il futuro non li spaventa, anzi li esalta!

Partendo dalla denuncia  che è immorale stare a guardare l’1% della popolazione possedere il 99% della ricchezze e queste ricchezze sono state accumulate in pochi anni con alchimie monetaristiche dicono:
“Basta tagli e politiche di austerità che ci hanno distrutto la vita. Rovesciamo il paradigma. Noi vogliamo crescere, vogliamo raddoppiare, triplicare, decuplicare, giungere a livelli mai visti prima, non solo nei parametri economici ma nella qualità della nostra vita. L’indicatore non sarà più il PIL, che ormai non è preso più in considerazione nemmeno dagli economisti, ma solo dai vecchi politici che lo usano per giustificare i loro fallimenti.
Per loro se il PIL sale dobbiamo essere tutti felici. Vogliamo prendere come indicatore la felicità e la qualità della vita. La politica economica che per noi è naturale è quella espansiva, che non significa solo mettere soldi pubblici nell’economia, ma è un modo per rischiare e iniziare finalmente a scommettere sul futuro. Il nostro futuro”.

Nuovo statalismo
Questi ragazzi vogliono volare, ma con la tranquillità di sapere che puoi osare perché c’è lo Stato che ti protegge se cadi. “Mai più soli e sempre liberi di volare e di rischiare”.
Vogliono uno Stato solidale, ma liberale.
Vogliono la massima occupazione, vogliono una famiglia, una casa; uno Stato a misura di chi chiede il massimo dalla vita; di chi è disposto a rischiare per dare il massimo alla sua famiglia.

Sono arrivati a queste determinazione facendo tesoro delle loro esperienze: nei tanti mestieri per pagarsi gli studi, quando sono stati accolti da una università straniera – perché in Italia non trovavano spazio – quando si sono inventati un lavoro, quando hanno fatto una startup (imparato ad avviare una impresa), quando hanno portato all’estero una idea – perché qui non era possibile realizzarla – quando hanno aperto la partita IVA.
“…Che se non sogni, se non osi, non vai da nessuna parte ma il rischio non deve essere avvilito o peggio bloccato da uno Stato ostile, assente, inesistente.
Questa è la loro convinzione: l’immobilità politica, che ha reso il nostro paese apatico e invecchiato,  e ormai fuori dal mondo.
Tutto questo va combattuto e vinto con un netto ricambio generazionale.
Nuove idee al potere, idee fuori dagli schemi fin ora conosciuti, immettere nei governi  nuovi  entusiasmi per sconfiggere la precarietà che sarà vinta dalla solidarietà!

Nuova classe dirigente, nuove regole del gioco!
Non più politici avvinghiati alle poltrone. La flessibilità deve essere massima per chi prende le decisioni. I cittadini  hanno il diritto di sapere cosa fa chi ha un incarico. Massima Trasparenza! Le promesse fatte in campagna elettorale si mantengono, chi sbaglia deve andare immediatamente via. Competenza! Se uno è bravo va avanti. Meritocrazia! 
Non vogliono più sentire promesse di falsa stabilità “da elettrocardiogramma piatto”, non vogliono più sentirsi dire che “andrà tutto bene ma ci vogliono ancora anni di sacrificio”.

Le parole d’ordine
“La connessione fa la forza. L’intelligenza collettiva è il nostro conforto. La partecipazione è il nostro stimolo. Noi siamo quelli che nonostante tutto ce la stanno facendo. E, nonostante tutto, questa volta possiamo farcela davvero. Se tutti partecipiamo e scegliamo, allora davvero cambiamo l’Italia”.

Che cosa è successo
Questi giovani adesso hanno fatto promesse ai cittadini e questi hanno creduto loro e votati mandandoli numerosi in parlamento.
La legge elettorale, creata dalla vecchia classe dirigente, non ha permesso di avere la maggioranza in parlamento per fare un governo da soli per cui hanno cominciato a parlare di “contratto di governo”.
Una volta in parlamento si sono accorti subito “che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.” Per cui hanno cominciato a dire “che non ci possono garantire che andrà  tutto bene, ma il loro sforzo sarà teso ad ottenere il massimo possibile, in questo contesto avvelenato da retaggi del passato”.
Il loro ottimismo ha comunque permesso loro – in questo contesto di ingovernabilità –  di continuare a parlare di “terza repubblica” e di “governo dei cittadini”.
Il sogno di questi giovani si brucerà presto? Io spero di no!

 

Immagine di copertina
Da: Tempi moderni (Modern Times), un film statunitense del 1936 interpretato, scritto, diretto e prodotto da Charlie Chaplin

8 Comments

8 Comments

  1. Sandro Russo

    16 Maggio 2018 at 07:39

    Il fatto che un articolo sia pubblicato non implica – ovviamente – che rispecchi le posizioni della Redazione, di tutti o di parte dei suoi membri.
    E’ un’opinione personale – in questo caso di Vincenzo – espressa con civiltà e sobrie argomentazioni, quindi meritevole di rispetto e di adeguato contraddittorio, se ritenuto opportuno.

    Non sono un commentatore politico ma senza ricorrere ai massimi sistemi, solo dalla mia esperienza personale, posso ricordare un altro periodo – non so se più o meno drammatico dell’attuale – quando una intera generazione si mobilitò contro la paura della bomba, la guerra del Vietnam, e determinò un profondo cambiamento dei costumi; una mobilitazione dei giovani – i cosiddetti “figli dei fiori” – di ogni parte del pianeta (la globalizzazione cominciò proprio allora) e il loro slogan più famoso: “Fate l’amore non la guerra”
    Gli scopi e la terminologia di quei tempi erano ben più gioiosi e liberatori; molto, molto meno tetri e mortuari delle “parole d’ordine” di adesso. E sappiamo tutti come finì!
    Da quel colpo non ci siamo più ripresi! “La mia generazione ha perso” fu non solo un album realizzato in studio da Giorgio Gaber nel 2001, ma anche un giudizio che pesa come una croce.

    Comunque a lettera argomentata bisogna dare risposte argomentate, che spero non mancheranno…

  2. Silverio Tomeo

    16 Maggio 2018 at 09:00

    “Purtroppamente” questa gioventù che tu descrivi è velleitaria, deculturalizzata, inconsapevole della partita in gioco e delle forze sociali reali in conflitto. Sono solo il sintomo e non la cura del nichilismo politico e del populismo più reattivo. Arrivano dopo macerie e fallimenti, per carità, ma questo non li giustifica affatto. Intanto vogliono partorire un governo monstre con la Lega di Salvini, quanto di più becero, razzista, fascistoide, antimeridionale si trovi in giro in tutta Europa.
    Con la barzelletta della democrazia digitale istantanea saltano Costituzione, società civile, corpi intermedi. Sono preda dell’individualismo neo-liberale, quello del consumatore con pulsioni di onnipotenza.
    Hanno superato destra e sinistra solo per andare più a destra, tanto la sinistra politica si è squagliata da sola.

  3. Tano Pirrone

    16 Maggio 2018 at 09:43

    E’ fastidioso per le mie vecchie e arrugginite meningi spremersi anche lievemente per dire in modo anche conciso il mio parere. Diventa impossibile – e crea malumore per il resto della giornata – se trovo l’ennesima laude al giovanilismo. Largo ai giovani che salveranno il mondo!
    Sono le competenze e i prerequisiti etici che costituiscono il profilo di chi deve andare a realizzare uno dei compiti più onerosi e gratificanti di un cittadino: fare politica. Che è tuttora quello che W. Churchill definì “blood, toil, tears and sweat”, ovvero “sangue, fatica, lacrime e sudore”.
    Essere giovani non è una categoria, è uno stato transeunte, da cui non tutti riescono ad uscire indenni. Per far politica ci si prepara e si sgomita, s’impara col tempo e la fatica. Non si prendono quatto pseudo verità che galleggiano (!) nel web e si trasformano in apodittici punti programmatici.
    Quello che dico è comprovato dalle ridicole comparsate del Capo politico 5S – tale Di Maio – come tale investito dal Consiglio di Amministrazione della Srl proprietaria del brand.
    L’amico Ambrosino si è impegnato nell’elegia giovanilistica certamente in buona fede, e come tale (uomo in buona fede, senza velleità propagandistiche) avrà tempo è volontà per ripercorrere la storia recente (tipo Roma ai tempi di Raggi, lo streaming dovunque, salvo dove compromette ecc.) con maggior spirito critico.
    Il pessimo profilo di questi trenta-quarantenni in carriera è comune un po’ a tutti i pseudoleader che si sono affacciati sulla martoriata scena politica italiana: Salvini e prima ancora Superbone, l’uomo baciato dalla provvidenza, il Renzi che doveva cambiare l’Italia e ha distrutto il cs.
    Devo scappare. Buona giornata a tutti.

  4. vincenzo

    16 Maggio 2018 at 10:07

    https://www.youtube.com/watch?v=X0FtfQpGw-Q

    Ma che colpa abbiamo noi, ve la ricordate cari amici: “ma se non la pensiamo come voi, se noi non siamo come voi una ragione forse c’è e se non la sapete voi una ragione forse c’è ma che colpa abbiamo noi……”

  5. Luisa Guarino

    16 Maggio 2018 at 18:12

    “La generazione degli anni ’70/’80 vuole governare l’Italia” titola Vincenzo: “Che pretese!” commenterebbe una mia cara amica giornalista. L’aggiunta agli altri commenti del brano di Youtube non dice proprio niente. Qui non si tratta di non avere colpe “perché non la pensiamo come voi… perché non siamo come voi”. Questi “giovani” velleitari stanno anche loro prendendo in giro gli italiani: pensano di giocare con il presidente Mattarella, con l’Europa. Sono impreparati, presuntuosi, ignoranti, saccenti. Se non sono colpe queste…

  6. vincenzo

    17 Maggio 2018 at 08:52

    Luisa non te la prendere, non è con la bacchetta e la matita rossa e blu che si fermano questi ragazzi e più interessante analizzare il fenomeno con razionalità.

    Anche i ragazzi del 68 venivano sottovalutati dalle generazioni precedenti.

    Ci sono delle differenze notevoli, quelli del 68 sognavano l’utopia qui invece bisogna rimpastare la materia.

    Un altro spunto di riflessione:

    Susanna Camusso, leader della Cgil, in un’intervista a Repubblica sostiene “che tra gli operai delle fabbriche del nord iscritti alla Cgil ci fosse chi votava Lega lo sapevamo da tempo, la novità è che c’è un’altra quota di nostri tesserati che non si astiene più e vota per i Cinquestelle”.

    “Chi ha votato M5S – afferma sempre Camusso – ha votato anche per il reddito di cittadinanza, per una forma di assistenza. Ecco: in questa richiesta c’è un messaggio anche per il sindacato. C’è una parte crescente di popolazione che non trova protezione e il mondo del lavoro in generale si sente isolato senza più rappresentanza politica”.

    Attenti: molti sperano che i “ragazzi” non facciano il governo chiedendo un governo del presidente -Martina- (che non si potrà più fare), quelli più furbi invece vogliono che lo facciano per impallinarli ai primi errori – Berlusconi – quelli più stupidi sperano che tutto si rompa e si vada al voto con questa legge elettorale.

    Se si va al voto con questa legge elettorale questi “ragazzi” sono capaci anche di fare una alleanza elettorale cinque stelle – lega.

  7. Luisa Guarino

    17 Maggio 2018 at 16:36

    Ero certa, caro Vincenzo, che avresti replicato. Sappiamo che ti piace avere sempre l’ultima parola. Se ribatto a mia volta non è certo per toglierti questo “privilegio”. Non me la prendo, non ho in mano nessuna matita rossa o blu e non ce l’ho con leghisti e grillini semplicemente perché sono “ragazzi”: senza ricambio il mondo si fermerebbe. Ma mi spaventa la loro velleità. In quanto al reddito di cittadinanza, immagino non ci credano neanche quelli che ne parlano.
    Se vuoi replicare ancora, fallo pure.
    Io mi fermo qui.

  8. Rinaldo Fiore

    19 Maggio 2018 at 09:59

    Ho fatto un piccolo errore: sono entrato nel dibattito tra Sandro e Vincenzo non avendo letto il primo articolo di Vincenzo: ora che l’ho letto devo dire che condivido l’analisi di Vincenzo, anche se la ritengo adeguata, forse, solo agli ultimi venticinque anni. Non sono “luoghi comuni” ma oggettive difficoltà e tentativi di cercare soluzioni.
    Son passati quarant’anni dall’assassinio di Aldo Moro ma ricorre l’anniversario anche della scomparsa di Enzo Tortora: non bisogna andare tanto lontano per capire il nostro Paese, basta analizzare la vita di questi due nostri personaggi… ma non lo faccio perché i fatti sono ben noti a tutti!
    Come può oggi un paese civile, in un mondo globalizzato, avere ancora esempi di tale fatta, senza trarre esempio da loro! Come è possibile che esistano ancora magistrati che si abbarbicano alle loro ipotesi senza avere un “fatto concreto” a loro disposizione: ma non vedono Criminal mind, Cold case? Non hanno letto “elementare Watson”!? Forse farebbero bene a vederli e magari leggersi anche Galileo per capire il pensiero scientifico!
    Condivido Vincenzo… ma analizzerei più a fondo le motivazioni delle nostre debacle dedicando ad esse un maggiore approfondimento storico…

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