di Francesco De Luca
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Oggi pomeriggio mi sono trovato nella condizione di accompagnare una vecchina a Le Forna.
– Dove abitate ? Io devo andare da Aniello Aprea, a Calacaparra. Voi dove abitate?
– A Calacaparra… prufesso’… devo andare a Calacaparra.
E’ minuta, coi capelli bianchi, piegata su se stessa. Ha una voce acuta, canterina.
Lascio la discesa della Musella (via Roma) e, quando è alle spalle, vedo che si segna con la croce. Perché abbiamo sfiorato la chiesa. Lo stesso segno della croce propone vicino alla cappella di Padre Pio a Tre Venti, e così davanti alla chiesa dell’Assunta e alla svolta del Sacro Cuore.
Antonietta accompagna la sua vita col segno di Cristo e, credo, dall’abitudine mostrata, che tutta la sua vita sia stata improntata a quella fede. Il mio scetticismo ateo fa fatica a identificare come fede queste pratiche devote. Ma non è l’aspetto razionale quello che sostiene queste riflessioni, bensì quello umano.
Antonietta ha perso il marito da giovane. Se ne duole ancora e questo indica che gli era molto legata. Ha approfittato della giornata bella per andare sul Cimitero e lasciare sulla tomba del marito i segni del suo legame affettivo.
Ha due figli. La femmina sta attraversando un periodo di crisi. Lei inveisce contro i tempi moderni perché hanno portato confusione nella vita. Pure il maschio non ha seguito il modello tradizionale della famiglia. Troppo disordine e mancanza di riferimenti.
– Ma… ’u Signore accussì vo’… accussì ha dda i’.
Una rassegnazione lucida, segnata. La sua fede religiosa la sostiene in questo andare negli anni.
Abbiamo lasciato il Porto con un sole tenue e a Le Forna l’orizzonte è rosso. Una striscia ininterrotta di rosso, che si stacca dal mare e, sopra, premono le ombre della sera. “
– Grazie prufesso’… tanti saluti pure alla vostra signora.
Lascio Antonietta e ascendo la salitella per andare da Aniello Aprea. Calacaparra appare come un villaggio sopito. Ma poi così non è perché le luci brillano dalle finestre. Qua… lassù e nel vicino bar di Angelino si muovono sagome. Si stanno formando le coppie per il gioco a carte.
Una umanità si consuma nel chiuso delle case, nell’intimo dei rapporti, nello sfrangiarsi lento dei muri, negli sguardi pesanti dei familiari.
Così si dispiega la comunità degli isolani.