





|
|||
Tra Befana e Babbo Natale
‘A Pasca Epifania tutt’ e ffeste porta via. Risponne ‘a Cannelora: No, ce stongh’ io ancora! Effettivamente il ciclo liturgico di inizio anno non si chiude il sei gennaio, ma il due febbraio con la Candelora che ricorda la presentazione di Gesù al tempio e la purificazione di Maria. Ma noi siamo così abituati a mondanizzare le feste religiose da scordarci della Candelora che non porta doni e non ha la rilevanza sociale della festa. La Befana, oltre ad essere erede di queste divinità propiziatrici, è la personificazione della natura che è ormai consumata e destinata a perire per far avanzare le nuove forze produttive della terra.
L’usanza dei doni, quindi, preesisteva al cristianesimo e la festa dell’Epifania non fece che sostituire i doni dei Saturnali con quelli dei Magi. Da qui la befana che porta i doni. Dal 1928 la Befana fascista – ideata e curata da Augusto Turati, segretario nazionale del Partito Nazionale Fascista – si fece carico di far arrivare i doni ai bimbi poveri, naturalmente se i loro genitori non erano avversi al regime, sia per tamponare con la beneficenza l’impoverimento progressivo delle classi meno abbienti sia per esaltare la figura di Mussolini che puntava a costruirsi l’immagine di padre di tutti gli italiani.
Santo molto amato, venerato come protettore dei marinai e dei commercianti, San Nicola è vissuto fra il III e il IV secolo ed è noto per i numerosi miracoli che ha operato, specie a favore dei bambini. La leggenda narra che, per evitare che tre fanciulle fossero avviate dal padre alla prostituzione perché troppo povere per potersi maritare, abbia lasciato una buona quantità di denaro avvolto in un panno nel cortile della loro casa per ben tre volte, in modo da fornire ad ognuna di esse la dote. Era stato un grande benefattore ed il suo culto, diffuso in tutto il mondo cristiano, ben presto sostituì i preesistenti culti pagani collegati alle tradizioni germaniche di Odino e anglosassoni degli elfi, dando vita alla tradizione dei doni ai bambini nella notte fra il cinque ed il sei dicembre, giorno della sua morte. Furono gli immigrati olandesi a portarlo come Santa Claus (Sinterklaas – San Nicola) in America nel XVII secolo dove nell’800, in seguito ad una poesia scritta da Clement Clarke Moore e pubblicata il 23 dicembre 1823, si fuse col Father Christmas della tradizione anglosassone. Il Santa Klaus di Thomas Nast (1881) L’aspetto fisico si definì con l’immagine creata da Thomas Nast, vignettista americano di origine tedesca, nella seconda metà dell’800, mentre quella che permane ancora oggi è stata creata dallo svedese americano Haddon Sundblom nel 1931 per la pubblicità della Coca Cola. Il consumismo ha fagocitato, così, anche San Nicola. A ben riflettere ha ottenuto anche altro. E’ vero che la cara vecchina opta per i dolciumi e non più per i giocattoli, ma anche i dolci sono un regalo, uno dei tanti balzelli che nel corso dell’anno siamo disposti a pagare per le festività che ci vengono offerte da chi organizza il nostro calendario. Twas the Night before Christmas Poem ‘Twas the night before Christmas, when all thro’ the house Not a creature was stirring, not even a mouse; The stockings were hung by the chimney with care, In hopes that St. Nicholas soon would be there; The children were nestled all snug in their beds, While visions of sugar plums danc’d in their heads, And Mama in her ‘kerchief, and I in my cap, Had just settled our brains for a long winter’s nap — When out on the lawn there arose such a clatter, I sprang from the bed to see what was the matter. Away to the window I flew like a flash, Tore open the shutters, and threw up the sash. The moon on the breast of the new fallen snow, Gave the lustre of mid-day to objects below; When, what to my wondering eyes should appear, But a minature sleigh, and eight tiny rein-deer, With a little old driver, so lively and quick, I knew in a moment it must be St. Nick. More rapid than eagles his coursers they came, And he whistled, and shouted, and call’d them by name: “Now! Dasher, now! Dancer, now! Prancer and Vixen, On! Comet, on! Cupid, on! Dunder and Blixem; To the top of the porch! To the top of the wall! Now dash away! Dash away! Dash away all!” As dry leaves before the wild hurricane fly, When they meet with an obstacle, mount to the sky; So up to the house-top the coursers they flew, With the sleigh full of toys — and St. Nicholas too: And then in a twinkling, I heard on the roof The prancing and pawing of each little hoof. As I drew in my head, and was turning around, Down the chimney St. Nicholas came with a bound: He was dress’d all in fur, from his head to his foot, And his clothes were all tarnish’d with ashes and soot; A bundle of toys was flung on his back, And he look’d like a peddler just opening his pack: His eyes — how they twinkled! His dimples: how merry, His cheeks were like roses, his nose like a cherry; His droll little mouth was drawn up like a bow, And the beard of his chin was as white as the snow; The stump of a pipe he held tight in his teeth, And the smoke it encircled his head like a wreath. He had a broad face, and a little round belly That shook when he laugh’d, like a bowl full of jelly: He was chubby and plump, a right jolly old elf, And I laugh’d when I saw him in spite of myself; A wink of his eye and a twist of his head Soon gave me to know I had nothing to dread. He spoke not a word, but went straight to his work, And fill’d all the stockings; then turn’d with a jerk, And laying his finger aside of his nose And giving a nod, up the chimney he rose. He sprung to his sleigh, to his team gave a whistle, And away they all flew, like the down of a thistle: But I heard him exclaim, ere he drove out of sight — “Happy Christmas to all, and to all a good night”. (by Clement Clarke Moore; 1823) . Era la notte prima di Natale
Era la notte prima di Natale e tutta la casa era in silenzio, nulla si muoveva, neppure un topino. Le calze, appese in bell’ordine al camino, aspettavano che Babbo Natale arrivasse. I bambini rannicchiati al calduccio nei loro lettini sognavano dolcetti e zuccherini; La mamma nel suo scialle ed io col mio berretto stavamo per andare a dormire
Corsi alla finestra per vedere che cosa fosse successo, spalancai le imposte e alzai il saliscendi.
illuminava a giorno ogni cosa ed io vidi , con mia grande sorpresa, una slitta in miniatura tirata da otto minuscole renne
capii subito che doveva essere Babbo Natale. Le renne erano più veloci delle aquile e lui le incitava chiamandole per nome.
Dai, Rampante e Bizzoso! Su, Cometa! Su, Cupido! Su, Tuono e Tempesta! Su in cima al portico e su per la parete! Dai presto, Muovetevi!”
le renne volarono sul tetto della casa, trainando la slitta piena di giocattoli.
non feci in tempo a voltarmi che Babbo Natale venne giù dal camino con un tonfo.
tutto sporco di cenere e fuliggine con un gran sacco sulle spalle pieno di giocattoli: sembrava un venditore ambulante sul punto di mostrate la sua mercanzia!
Le guance rubiconde, il naso a ciliegia! La bocca piccola e buffa arcuata in un sorriso, la barba bianca come la neve, aveva in bocca una pipa è il fumo circondava la sua testa come una ghirlanda. Il viso era largo e la pancia rotonda sobbalzava come una ciotola di gelatina quando rideva.
e senza volerlo io scoppiai in una risata. Mi fece un cenno col capo ammiccando e la mia paura spari, non disse una parola e tornò al suo lavoro. Riempì una per una tutte le calze, poi si voltò, accennò un saluto col capo e sparì su per il camino.
e volò via veloce come il piumino di un cardo. Ma prima di sparire dalla mia vista lo udii esclamare: Buon Natale a tutti e a tutti buona notte! Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
|||
Ponza Racconta © 2021 - Tutti i diritti riservati - Realizzato da Antonio Capone |
Commenti recenti