





|
|||
La storia di un ponzese emigrantedi Guy (Gaetano) Migliaccio Sr. . Premessa Di mattina presto alle quattro, nel dicembre del 1955, la mia famiglia ed io finalmente ci imbarcammo per un’avventura che ci avrebbe cambiato la vita. Per quattro membri della nostra famiglia era finalmente arrivato il giorno di lasciare l’isola di Ponza. Dopo anni e mesi di preparazione, inclusi molti viaggi al Consolato Americano di Napoli, visita medica, documenti, ancora visite mediche e tanti altri documenti ancora: un pacco in aggiunta ai nostri calzoncini e borse che rappresentavano tutti i nostri beni di questa terra, eravamo finalmente pronti a lasciare la nostra bella isola natia. A sette anni appena quella confusione per me non aveva senso, poiché non avevo idea di cosa significasse allontanarsi per sempre. Nel prepararci per il viaggio avemmo l’occasione di scoprire cose nuove… e vecchie. Evidentemente all’insaputa di tutti, mia nonna dovette recarsi al Comune a cambiare il nome da Francesco a Gaetano. Scoprimmo questo dettaglio solo in quell’occasione, dal momento che ognuno in famiglia – fino ad oggi – mi conosce come Franco. Mia madre si dedicò per mesi a preparare questa partenza, confezionando pantaloni lunghi per me e mio fratello (si pensava che in America facesse molto freddo) cucendo camicie e abiti, sferruzzando maglioni, comprando scarpe (chi le calzava?). Era eccitante l’idea di indossare pantaloni lunghi proprio come un adulto. Stavo andando in America.
La sera prima ci congedammo mentre i miei genitori effettuavano il controllo finale su tutto ciò che dovevamo portare, la mia cara nonna Adelina mi prese da parte, mi sollevò in grembo (avevo appena sette anni) mi abbracciò stringendomi a sé e con le lacrime agli occhi mi disse che, arrivato in America, avrei dovuto cercare un grande masso che mi aspettava, avrei dovuto guardare sotto di esso e lì avrei trovato il mio futuro e la mia fortuna. Non capii, comunque annuii. Finalmente la mattina successiva, di buon’ora, giunse il momento di partire. Ci scambiammo i saluti con le lacrime agli occhi. Mio padre, con l’aiuto dei nostri vicini, “‘i Russielle” portò i bauli e le varie borse caricandole sull’asino “Carmenielle”. Con calma scendemmo per il sentiero sinuoso lungo la collina dirigendoci al porto, dov’erano ormeggiate le barche da pesca e infine al molo, per imbarcarci sul Falerno. Dopo aver caricato a bordo della nave le nostre cose e salutato gli amici, voltammo le spalle al passato e guardammo al futuro che era incerto al massimo, ma pieno di promesse. Mentre il Falerno si staccava dal molo, ebbi subito la consapevolezza che non avrei più visto la mia cara nonna Adelina. Dimenandomi tra le braccia di mio padre nel tentativo di liberarmi, cominciai a piangere e a piangere con tutta la mia forza “Nonna, nonna, nonna … “ Nel chiarore dell’alba guardai su per la collina dov’era la nostra casa di Chiaia di Luna. La tenue luce che avvolgeva la nostra casa apparve più intensa nell’oscurità che precedeva l’alba. Da quella luce, nella quiete del mattino, potevo sentire mia nonna che mi chiamava: “Franco, Franco…” Rimasi bruscamente turbato nel vedere la banchina allontanarsi mentre il cane di mio padre “Ricchezza” avanzava correndo veloce. Mentre la gente si sbracciava a salutare, quel cane meraviglioso non si fermò, ma balzò in aria cercando di afferrare la nave che partiva; finì nell’acqua gelida. Il povero cane nuotò verso la nave ma dopo un po’ vidi la sua testa voltarsi per tornare verso il molo. Nel frattempo piangevo chiamando mia nonna. Non l’ho più vista. Morì pochi anni dopo la nostra partenza. Ancora oggi conservo la sua immagine nel mio cuore. Il Falerno ci portò a Napoli dove, pochi giorni dopo, ci saremmo imbarcati sul gigantesco transatlantico americano S.S. Constitution che ci avrebbe condotto verso una nuova terra e un nuovo domani, dove avrei trovato il mio futuro e la mia fortuna. Traduzione di Silverio Lamonica Le immagini dei dipinti che illustrano l’articolo sono tratte da opere dell’età matura di Guy, alcune viste durante qualcuna delle sue periodiche mostre tenute a Ponza Per altri articoli di Guy Migliaccio sul sito (a partire dal 15 luglio 2011), digita – Migliaccio Guy – nell’indice per Autori 2 commenti per La storia di un ponzese emigranteDevi essere collegato per poter inserire un commento. |
|||
Ponza Racconta © 2021 - Tutti i diritti riservati - Realizzato da Antonio Capone %d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: |
Nel bel racconto commovente e malinconico di Guy Migliaccio ci dev’essere un piccolo errore del ricordo.
Non è possibile che sia partito da Ponza nel 1955 con la nave “Falerno”, in quanto essa è stata varata nel 1964 nei cantieri Pellegrino di Napoli, ed entrò in servizio il 1965. Né potrebbe essere la MN “Isola di Ponza”, quella con cui partì, in quanto quest’altra nave entrò in linea il 09-05-1956. Secondo me, potrebbe essere stata l’Equa o il Margellina.
Ho conosciuto Guy Migliaccio e la sua bella famiglia qualche anno fa, in occasione di una sua mostra a Ponza. Ne scrissi anche, in quell’occasione, ricordando a me stesso, a lui e ai lettori del sito la vicenda di un pittore italiano, tal Franco Magnani, protagonista di un racconto di Oliver Sacks, il neurologo scrittore americano da poco scomparso (leggi qui).
In quell’occasione ci scambiammo anche delle impressioni sulle modalità di innesco e realizzazione delle sue raffigurazioni pittoriche di Ponza. Non era per nessun verso un caso simile a quello riportato da Sacks.
I numerosi accessi riportati dal pezzo di Guy dimostrano che il tema della memoria è particolarmente sentito tra i nostri lettori e mi hanno riportato a quella storia e a quei discorsi.
Ciao Guy, continua a raccontarci della tua avventura e del tuo nuovo inizio in terra americana…