Lontano da Ponza

San Silverio è muzzucuso?

di Sandro Vitiello

 

I ponzesi portano San Silverio e Ponza nei loro cuori, ovunque vadano.
La nostalgia per l’isola e la devozione al Santo li accompagna da sempre.
Sono nate storie e leggende su di lui, soprattutto riguardo i suoi miracoli e le intercessioni.

Come sappiamo, San Silverio è stato un Papa e un martire. Ha dato la sua vita per la fede, la verità e la giustizia. Alcuni studiosi ci raccontano che, anche di fronte alla morte reagì con fierezza.
Altri aggiungono che era muzzucuso. In italiano questa parola potrebbe essere tradotta come “vendicativo”.

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Questa è una storia americana che mi è stata raccontata in una sera d’estate da Emilio Iodice.
Il padre, Silverio Iodice, emigrato negli Stati Uniti nel 1929, aveva una particolare devozione per San Silverio.

In quegli anni il governo degli Stati Uniti, per promuovere la ripresa economica del paese dalle devastazioni della grande crisi del ’29, decise di incoraggiare l’immigrazione di artigiani e specialisti che avrebbe permesso all’economia nazionale di trovare un nuovo slancio. Tra essi c’era uno scultore piemontese.
Venne subito apprezzato per il suo lavoro in America. Le sue sculture abbellivano uffici postali, tribunali e anche il Rockefeller Center. Abitava vicino a Silverio ed era cliente del suo negozio.
Più volte alla settimana, Silverio consegnava frutta e verdura a casa sua. Lo scultore aveva buon gusto e ordinava solo i migliori prodotti.
Un giorno, all’inizio 1934, Silverio chiese allo scultore un favore speciale.
Silverio voleva far creare la prima statua di San Silverio nel Nuovo Mondo. Sarebbe stata ospitata nella chiesa della Madonna della Pietà nel South Bronx. Era il luogo di culto dei ponzesi di New York.
Silverio si offrì di pagare qualsiasi somma che lo scultore avesse chiesto.
Il progetto costò a Silverio tutti i soldi che aveva risparmiato da quando era arrivato in America.
Era il suo modo di ringraziare il Santo per averlo salvato da un naufragio a Palmarola.

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Dopo il salvataggio promise a san Silverio che lo avrebbe onorato con una statua e che gli sarebbe stato devoto per tutta la vita. Nel 1934 Silverio Iodice aveva diciannove anni.

Una sincera amicizia si era sviluppata tra il ragazzo da Ponza e il famoso uomo piemontese.
Lo scultore era un appassionato di caccia. Era forte, sano e vigoroso e amava la vita all’aria aperta. Voleva andare a Ponza che negli anni ‘30 era ricca di selvaggina.
Silverio organizzò per lui il viaggio. La sua famiglia a Le Forna si prese cura dello scultore e lo trattò in maniera regale. Godette anche della possibilità di una vacanza di caccia sull’isola di San Silverio. Il viaggio fu un grande successo e allo scultore fece tanto piacere.
Questo viaggio a Ponza consolidò ulteriormente il legame tra Silverio e lo scultore che durò dieci anni.

Nel 1944, Silverio fece un’altra richiesta e propose allo scultore di creare un centinaio di piccole statue di vendere ai ponzesi di New York, molti dei quali volevano una figura del santo nelle loro case.
L’artista accettò. Purtroppo, il progetto fu un fallimento. La maggior parte delle statue rimasero invendute.
Lo scultore era furioso con i ponzesi, con Silverio e con il Santo.
Silverio si offrì di acquistare tutte le statue invendute. Lo scultore rifiutò ma Silverio era determinato a convincerlo.

San Silverio Logo
L’artista era ateo; credeva solo in se stesso. Era risentito nei confronti delle tradizioni religiose, soprattutto delle immagini e delle statue. Volle di esternare i suoi sentimenti prendendosela con il santo patrono dei ponzesi.
Il giorno in cui Silverio andò a casa dello scultore per cercare di acquistare le statue vide qualcosa di spaventoso e sorprendente. Silverio aveva portato con se anche il figlio di cinque anni, Raffaele. Mentre si avvicinavano alla casa, sentirono dei botti che sembravano bottiglie di champagne stappate in cortile.
Nel raggiungere la casa passando dalla parte posteriore videro uno spettacolo indimenticabile.
Lo scultore aveva schierato in fila tutte le statue e stava sparando contro di loro. Le usava per il tiro al bersaglio. Ad ogni colpo una piccola immagini in gesso esplodeva.

Silverio gridò allo scultore di fermarsi ma l’artista non lo ascoltò.
Disse a Silverio che non credeva in quei pezzi di intonaco, come facevano gli abitanti di Ponza e odiava San Silverio e tutto ciò che rappresentava. Silverio rimase scioccato e arrabbiato.
Disse allo scultore: “Mi puoi offendere, puoi offendere la mia gente ma non si può offendere il mio santo. Fai attenzione, chist’ è muzzucuso”.
Lo scultore rise. Gli disse di uscire o avrebbe sparato anche a lui.
Mentre Silverio e l’artista stavano discutendo, Raffaele passò raccogliendo tutte le teste delle statue che poteva trovare e le mise in una scatola. Ogni statua era stata benedetta. Erano sacre reliquie di un evento terribile.
Silverio e suo figlio si allontanarono; lo scultore ancora armato di fucile li accompagnò con uno sguardo molto cattivo.
Silverio si fece il segno della croce e tornò a casa. Guardò la scatola piena di teste rotte e pianse. Non avrebbe mai dimenticato quel giorno. Nemmeno il santo patrono dei ponzesi se ne scordò.

Tre settimane dopo lo scempio delle statue, qualcosa di terrificante successe. Era il 21 giugno.
Il quotidiano italo-americano pubblicò in prima pagina: “Famoso scultore muore improvvisamente a New York”.
L’artista piemontese era stato colpito da un attacco di cuore il giorno prima, il venti giugno. La morte lo aveva portato via durante la festa di San Silverio. La sua vita si era spenta mentre la statua che lui aveva creato veniva portata dalla gente di Ponza per le strade del South Bronx. Lo scultore aveva solo cinquanta anni.

Silverio era stordito e confuso. Il suo santo era davvero muzzucuso?
Andò a rendere omaggio all’artista piemontese. Guardò il suo bel corpo avvolto in uno splendido vestito blu. Sembrava addormentato.
Silverio pregò per la sua anima e poi delicatamente mise una foto della statua di San Silverio nella tasca del vestito dello scultore. L’artista portò la sua creazione con sé, nella tomba.

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Un decennio più tardi, qualcosa di simile si ripetè. Silverio si serviva di un commercialista ben noto ai ponzesi. Preparava per loro i moduli fiscali. Avevano fiducia in lui. Era intelligente, furbo, bello: il ritratto della salute.
I nostri compaesani non parlavano e leggevano correttamente in inglese quindi si fidavano di questo commercialista italo-americano.
Ogni anno avrebbero dato a lui i soldi per pagare le tasse allo Stato di New York. Lui diceva che avrebbe depositato i moduli e pagato ciò che era dovuto.
Non lo fece. Rubò i soldi dei ponzesi. Dopo diversi anni questa frode venne scoperta.
La prima persona a saperlo fu Silverio. I suoi amici e parenti di Ponza che si erano fidati di Silverio, insieme a lui e al commercialista furono colpiti da un atto di legge fiscale di massa.
Quando Silverio lo affrontò, il ragioniere rise. Rispose che era stanco di lui, dei ponzesi, del loro Santo e della festa a cui aveva contribuito ogni anno. Silverio ne era mortificato.
Gli disse: “Fai attenzione a quello che dici: chist’ è muzzucuso!”.
Il ragioniere proseguì con i suoi insulti e gettò Silverio fuori dal suo ufficio.

Silverio andò in tribunale a far valere le sue ragioni. Le autorità perseguirono il commercialista. Pochi mesi dopo la sua discussione con Silverio morì in carcere colpito da un male incurabile. Aveva una cinquantina d’anni pure lui.
Successe alla fine di febbraio 1954 nei giorni della festa di San Silverio a Le Forna.

Altri incidenti analoghi si sono verificati. Forse sono state solo coincidenze, forse erano solo invenzioni della fantasia.
Forse…
La domanda rimane: “San Silverio è muzzucuso?”

2 Comments

2 Comments

  1. silverio lamonica1

    1 Settembre 2016 at 10:56

    San Silverio … muzzecuso?
    L’episodio riferito dal Signor Iodice, avvalorerebbe la tesi sostenuta dal Parroco Dies in Un Faro di Luce nel Mar Tirreno – da Frosinone a Ponza (la vita di San Silverio). Il parroco, in realtà, codifica alcuni racconti tramandati in proposito, perché “ a Dio sta a cuore la venerazione del suo Santo martire e quanto gli dispiace la profanazione del nome di lui”. Nel testo sopra menzionato vengono elencati alcuni episodi:
    Poiché i fornesi rinviavano domenica dopo domenica la consegna della quarta (del pescato) al santo patrono: un’aragosta d’oro da appendere alla statua, San Silverio avrebbe addirittura causato un terremoto, per cui i pescatori atterriti avrebbero immediatamente provveduto.
    L’8 giugno 1950 un barcaiolo sarebbe stato colto da infarto sulla barca subito dopo aver bestemmiato San Silverio.
    Nel giorno di San Silverio (prima metà del secolo scorso?) durante la processione il procuratore del Registro, affacciato al balcone del suo ufficio, esclamò: “Portano in giro un pezzo di legno!” Commenta Dies: “lo intesero molti, ma lo videro cadere riverso sul balcone”. Morte istantanea.
    Cristoforo Tagliamonte in viaggio verso la Francia col suo burchiello carico di aragoste, non volle rientrare a Ponza alla vigilia di San Silverio, per timore di perdere tutto il proprio carico “Non l’avesse mai fatto! Il bastimento, sotto la costa francese, attraversò una corrente d’acqua dolce che fece perire, proprio il 20 giugno!, tutto il carico di aragoste”.
    Tali episodi sono riportati anche in “All’Isola di Ponza” pag. 333, di Silverio Corvisieri il quale mostra grande sorpresa (e incredulità) “sulla ferocia e la vendicatività dello stesso Padre Eterno (…perché mai allora Gesù avesse predicato di ‘offrire l’altra guancia’)

  2. Silverio Guarino

    1 Settembre 2016 at 22:18

    Post hoc: propter hoc.

    Il nesso temporale tra un evento e l’altro spesso induce a pensare che il secondo sia causato dal primo, mentre il secondo è secondo solo perché avvenuto dopo il primo.

    Mia madre, Olga Mazzella (e anche mia nonna, Fortunatina Mazzella), ricordo che riportavano questa frase:

    “Gesù è lungariell’, ma nun è scurdariell’…” (riferendosi alla Divina Giustizia, che non ha fretta di elargire punizioni esemplari ai peccatori).

    Ma di un S. Silverio “muzzucuso”, mai una menzione.
    Almeno nella mia memoria familiare.

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