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La pentola a pressione e le idee. (1)
Una volta, affacciandomi alla finestra, da bambino, avvertii uno strano fischio proveniente dalla prima curteglia del vicino palazzo Irollo; quella, per intenderci, posta al piano inferiore, che faceva e fa angolo con l’inizio della salita della Dragonara e a cui si accedeva e si accede anche da Corso Carlo Pisacane. Era un suono lungo, continuo, sibilante e piuttosto inconsueto: sapeva di meccanico più che di umano. Un giorno Filomena, che aveva la salumeria proprio sotto la curteglia in questione e l’abitazione sopra, ed era, quasi sempre, la prima persona che incontravo quando uscivo di casa, mi chiarì il mistero: era il fischio emesso dalla valvola della pentola a pressione usata da Filomena ’i Franch Feola . Zia Malvina, che abitava nella curteglia superiore accanto a Filomena, a sua volta aggiunse, non senza apprensione, che quello era un utensile pericoloso: “Se quella valvola si attappa, la pentola diventa comme ’na bomba e scoppia!. A tal proposito nel corso della vita mi hanno raccontato questa “storia”. In un’epoca senza tempo, alcuni signori, forse oberati da troppi pensieri, non gradivano che ai propri si sommassero i pensieri degli altri. Ci fu qualcuno che, memore dell’ambiente contadino in cui era cresciuto, amava “scapuniare” (togliere i “nipoti” dalle viti) tutti quelli che osavano proferire parole “cu’ ‘nu suòn’ curiùse”, cioè quelli che si esprimevano in modo diverso da lui. Poiché non riusciva a capire il loro pensiero – e si sa una delle cose più brutte a questo mondo è quando non si capisce ciò che gli altri dicono, un po’ come quando si va in un Paese di cui non si conosce la lingua – decise, quando non li poteva sopprimere del tutto, di inviarli corporalmente, “volenti e soprattutto nolenti”, in luoghi allora remoti. A questo proposito, buttando fiumi d’inchiostro, alcuni hanno avanzato varie ipotesi: politiche, economiche ed altro; io, invece, penso più semplicemente che il suo timore fosse giustificato dal fatto che quelli avrebbero potuto adoperare pensieri, tradotti in parole, a lui sconosciuti al fine di sovvertire ciò che lui faticosamente aveva creato. E si sa: è naturale che ognuno vuole bene e non vuole perdere ciò che ha creato. Pertanto quel qualcuno ritenne un atto dovuto inviare lontano chi non pensava e parlava come lui.. Mi torna in mente un’immagine. Ma tornando al nostro racconto… Queste infatti – le idee -, hanno due immense (e particolari) capacità: possono essere concepite in qualsiasi luogo, anche il più remoto, il più brutto che ci sia, il più tenebroso e chi più ne ha più ne metta e soprattutto nessuno può proibire il loro concepimento né può sorvegliarle a lungo: prima o poi scappano e vanno in giro per il mondo..! Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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