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A tu per tu con la fede. Racconto con morale
Per almeno tre motivi abbiamo scelto di pubblicare questo delizioso racconto trovato sul web per giri complessi:
A tu per tu con la fede: Ponza e il modello MmE
Incomincio subito a darmi da fare con la macchina fotografica; sono scesa dal traghetto alle 11 del mattino e ho solo quattro ore di tempo per realizzare un servizio fotografico sull’isola di Ponza: l’ultimo traghetto disponibile per tornare sulla terraferma… Dovrei iniziare a scattare, ma ho un bisogno impellente di mettere qualcosa nello stomaco e così mi dirigo verso il bar che sta di fronte al porticciolo. Lungo la strada incrocio una signora anziana, sulla settantina, con un bel mazzo di fiori in mano. La supero ma poi mi arresto, penso che sia un bel soggetto da fotografare e torno indietro. Mentre la sopravanzo frettolosamente – vorrei riprenderla dall’alto, in cammino lungo la salita – la signora mi ferma e mi chiede: “Sta andando al cimitero?”. La signora si chiama Silvia, è triste perché le è morto da poco il marito, sta andando al cimitero a portargli dei fiori. Da lì inizia a raccontarmi della sua vita, delle sue sofferenze, dell’incontro con l’uomo che sarebbe poi diventato suo marito e di quanto ha lottato per arrivare a sposarlo… Io ascolto in silenzio, penso che Silvia sia una persona sola, con un grande bisogno di compagnia e di qualcuno con cui parlare. Poi però qualcosa cambia. Mi parla della sua profonda fede in Dio e dei fenomeni mistici vissuti sin da piccola. Mi racconta di incontri con Gesù e con la Madonna, di visioni dell’aldilà, di preghiere forti e senza sosta quando chiede una Grazia. Mi colpiscono la sua semplicità, la sua umanità e quella forza d’animo nell’affrontare la vita senza paura, anche quando la sofferenza è grande. Resto incantata e la ascolto per ore, senza pensare al servizio fotografico e allo stomaco vuoto. Quando guardo l’orologio sono quasi le 15 e rischio di perdere l’ultimo traghetto. Stiamo per lasciarci e Silvia mi dice: “Prega il Signore”. Resto ammutolita, esterrefatta dalla semplicità e dalla potenza di quelle parole, dall’apertura mentale e spirituale di quella donna anziana che non è quasi mai uscita dall’isola di Ponza… un senso di gioia e di appagamento profondo mi pervadono e lascio l’isola chiedendomi che cosa è davvero successo. A distanza di anni da quell’incontro, durante la partecipazione ad un corso con Pat Patfoort (antropologa e biologa belga, nota in molte parti del mondo come formatrice alla non violenza), apprendo dell’innovativo modello MmE da lei formulato per la gestione dei conflitti, e grazie a questo credo di poter ora dare una spiegazione a quello che è successo all’isola di Ponza. Secondo Pat Patfoort, tutti noi siamo stati educati al cosiddetto “modello Mm o Maggiore-minore”, secondo il quale le relazioni tra gli individui si basano sulla necessità di dimostrare chi ha ragione (Maggiore = M) e chi ha torto (minore = m). Poiché nessuno vuole sentirsi in posizione minore – tutti noi vogliamo avere ragione – quando ci sentiamo in ‘m’ si sviluppa dentro un’energia allo scopo di uscirne. Questa energia, che di per sé è sana e indice del desiderio di un cambiamento, purtroppo si manifesta all’esterno con modalità negative o distruttive. Posso scagliare questa energia contro la persona che mi mette in condizione m – aggredendola per difendermi – oppure, se non sono abbastanza forte per affrontarla direttamente, posso scagliarmi all’esterno, cercando un’altra vittima su cui scaricare la mia aggressività oppure – se non trovo nessuna vittima fuori – posso scagliarmi contro me stessa, sviluppando depressione, malattia, auto-distruttività. In tutti e tre i casi si sviluppa una spirale di violenza, da cui è difficile uscirne. Al contrario, secondo Pat Patfoort è possibile impostare le relazioni interpersonali su un modello alternativo a quello Mm e detto dell’Equivalenza (E). Silvia di Ponza, nonostante le sue esperienze mistiche e la sua fede cattolica così intensamente vissuta, non ha cercato di dimostrare che la fede cattolica è superiore alla fede buddista. Semplicemente si è messa in ascolto, senza giudizio, e una volta compreso qual era il fondamento della mia fede, ha cercato subito un punto d’incontro con la sua fede, in cui i fondamenti delle due parti potessero essere riconosciuti e accettati, con profondo rispetto. Di quell’esperienza ricordo insieme la profondità, la leggerezza e la libertà di pensiero e di sentimento che ho provato, e che ora mi portano a concludere – con consapevolezza – quanto sia davvero importante, di valore e costruttivo comportarsi secondo il modello dell’Equivalenza.
Tratto da Scienza e Pace, rivista on-line del CISP, il Centro Interdisciplinare Scienze per la Pace, dell’Università di Pisa.
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Il Principio dell’Equivalenza si dovrebbe insegnarlo a scuola a partire dalle scuole materne, ma abbiamo bisogno di nuove competenze e di una nuova filosofia della auto-costruzione della personalità.
E’ verissimo, tentiamo ad omologarci come sistema di difesa; la diversità non viene accettata e l’individuo ha paura di essere isolato, denigrato, ucciso.
I nostri ragazzi cercano di nascondersi nel branco, cercano una divisa, un punto di riferimento, un capo che li guidi e a volte il capo diventa l’alcool, o la droga, o il consumismo.
A scuola, come in tutti gli aspetti della vita, quello che conta è il risultato, il voto, il giudizio, la valutazione. Le maestre hanno un programma da svolgere, le famiglie hanno un progetto per i loro figli da sviluppare. E i bambini ingurgitano nozioni su nozioni, apprendono strategie di comportamento e il risultato è misurato con il metro di giudizio imposto dalla società consumistica.
Il prof. Madonna ci sta insegnando a scoprire gli esseri viventi più semplici che hanno strategie per sopravvivere e infatti in natura il meno adatto soccombe: succede anche nella società umana ma con molta più violenza di quella animale soprattutto perché in molti casi c’è consapevolezza di produrre violenza.