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La cava dimenticatadi Domenico Musco
Un’altra ricostruzione della Ponza che conosciamo noi, ai suoi albori. Un’isola ‘autarchica’ che prendeva i materiali necessari al suo sviluppo dall’isola stessa, dove si trovavano, senza tante preoccupazioni di tutela paesaggistica (ancora al di là da venire).
Se si cammina per la vecchia via della Rimembranza (l’attuale via Panoramica) all’altezza dei Guarini e di là si guarda verso il monte Guardia, si vede, a mezza costa, una macchia di roccia in mezzo alla vegetazione e sotto di essa come l’alveo di un lungo canale che taglia in due la barriera verde della parete. Le pendici del Monte Guardia. Zona Vecchia Masseria Lassù c’era una cava di pietra dove si faceva brillare con la dinamite la roccia e i massi che ne risultavano venivano spinti, facendoli rotolare lungo la discesa, fino alla strada attuale, a circa 50-100 m (verso S. Antonio) dall’imbocco del tunnel di Chiaia di Luna.
Sicuramente i due scogli ‘simbolo’ dell’ infanzia della mia generazione: ’u scoglie d’a criatura e ’u scoglie d’u giovene provenivano dalla cava di pietra ’i copp’ ’a Massarìa. Chi conosce Giovanni sa che è un contadino nato, amante della natura e conoscitore di tutti gli angoli segreti dei sentieri del Monte Guardia da buon cacciatore quale è sempre stato.
Siamo saliti per l’albergo Chiaia di Luna e poi ci siamo inoltrati su sentierini a mala pena visibili tra rovi e arbusti fino a introdurci nel bosco della masseria fatto di lecci e anche di castagni. Sembrava di stare a Zannone: stesso bosco, stesso odore e stesse sensazioni. Raggiunta la cava, abbiamo trovato che la vegetazione e soprattutto i rovi avevano preso il sopravvento ed era impossibile entrare, ma guardando in basso il panorama che si apriva sui due versanti dell’isola era impagabile e cancellava d’un colpo solo tutti i graffi e la fatica fatta. Dal sito della cava. Vista sui due versanti Vista dal sito della cava verso il Porto (due foto) e verso Chiaia di Luna Da sopra si vedeva benissimo il solco sul terreno dove i macigni rotolavano fino a un pianoro molto più in basso; poi li deviavano in un’altra direzione e arrivavano giù ai vagoni del trenino. Nelle vicinanze del canale si vedono ancora tanti macigni abbandonati; sono quelli che nel rotolamento uscivano dal percorso stabilito e la fatica per metterli nel tracciato era superiore a quella di far rotolare un nuovo macigno e quindi venivano lasciati lì, come tante sentinelle lungo la discesa. Le grosse pietre della cava
Giovanni nel prendere la via di ritorno ha pensato di cambiare strada perché ricordava che c’era un collegamento con la via del Fieno dal lato di Chiaia di Luna . Armati di forbice da pota ci siamo avviati alla ricerca di quest’altro sentiero abbandonato.
Io continuavo a tagliare tutti i rovi e rami che ostruivano il sentiero ma Giovanni mi ha detto di non tagliare una serie di rami e appigli; vista la mia perplessità mi ha risposto che c’era ancora Luigi (’u nir’) – l’unico rimasto della vecchia guardia dei contadini che andavano tutti i giorni al Fieno – che tuttora, anche a 80 anni abbondanti, continua ad andare e quei rami di traverso al sentiero gli servono come passamano per aggrapparsi e non cadere! Scendendo dal versante che contorna la baia di Chiaia di Luna ho notato tante grotte a strapiombo sul mare. Giovanni vista la mia curiosità ha detto che erano ’i rott’ ’i prèt: cioè grotte scavate per trarne pietre da costruzione. Storie di Ponza di altri tempi…
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Come malinconicamente conclude Domenico: “Storie di altri tempi”… Io non sapevo di questa storia, tanto meno della spedizione, altrimenti mi sarei aggregata, ma ringrazio Domenico che come sempre ci racconta momenti di una Ponza dimenticata. Sarebbe bello poter usufruire nuovamente di quei sentieri così come poter conoscere il nostro territorio: sarebbe più che necessario.
Quelle stradine sperdute saranno state praticate da persone dedite al loro lavoro e alle loro terre, altrimenti non avremmo trovato tutto così ben conservato. Noi possiamo dire lo stesso a riguardo? Lasciando crescere arbusti e piante, abbandonando tutto in balia della vegetazione, la strada non la si troverà più e noi ragazzi non credo che potremo contare per sempre su un Domenico o su un Giovanni…
In ogni caso: ancora Grazie!