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Un’isola da far crescere. (1)
Oggi a Ponza non siamo felici ma non è sempre stato così. I nostri fortunati amici avevano a disposizione l’isola intera e la utilizzavano con fantasia, con passione e secondo una ritualità non assillata dall’affanno del ricatto del denaro, del tempo, dello spazio, della legge come vincolo. Fino a metà degli anni settanta l’ambiente naturale era vissuto integralmente ma loro erano i dominatori. L’uomo isolano era il padrone della sua isola. Padroni in terra, sul mare, nelle profondità del mare e con un fucile in mano contendevano agli uccelli anche il cielo. C’era la massima occupazione nell’isola di quel tempo. L’agricoltura, la pesca, l’edilizia, l’artigianato, l’attività marinara e quella mineraria davano da vivere d’inverno e il turismo d’estate integrava tali economie. Tutto il territorio era occupato, le colline ma anche tutto il periplo dell’isola era vissuto: c’erano ancora spazi liberi che creavano prospettive di lavoro, di divertimento, di piacere. Tutti i ponzesi, avevano spazi di libertà, anche i più umili avevano i loro spazi di libertà e quindi di felicità: quello di avere un orto: coltivarlo, “piazzare” liberamente trappole per uccelli, andare a caccia, con un barchetta andare a pescare per procurarsi del cibo, che integrava e completava le dispense di ogni casa, al bar o nelle cantine trovavi degli amici per bere e giocare a carte, avevano dei cinema, avevano un prete con cui non solo confessarsi e soprattutto sapevano il loro ruolo nella società e non avevano tentazioni consumistiche. Tutto questo non c’è più. Ponza non è più uno spazio libero. Un giorno “Lupo di Mare” un mio amico noto noleggiatore di barche, ad un giornalista che gli chiedeva che cosa gli ispirasse Ponza, rispose proprio “la libertà“. Ma questa era l’isola: un posto di mare dove ti aspettavi di trovare le barche che dovevano essere verniciate, calafatate, scartavetrate, stuccate; dove c’erano dei pescatori, molto rispettati, che potevi vedere rattoppare le loro reti sulla banchina Molo Musco. Se prima potevi andare nelle grotte, passare tra i faraglioni, avere il brivido di ammirare sdraiato al sole la falesia sopra la tua testa, ora tutto questo non si può più fare! Se prima, quando sistemavi una trappola, qualcuno al massimo te la sequestrava, oppure ti faceva una bella ramanzina; adesso ti denunciano e ti sbattono sui giornali dicendo che sei un assassino. Se prima tutti i giorni, con tutti i tempi a tutte le ore potevi andare sotto al tunnel di Chiaia di Luna (meglio con la tua fidanzata) e scendere su quella spiaggia e magari incamminarti e andare nella parte della spiaggia dei nudisti… Ponza è oggi un’isola che non appartiene più ai ponzesi. E malgrado tutto quello che è avvenuto, i Ponzesi continuano a vivere con la cultura di ieri in un mondo che si è venuto trasformando sotto i colpi di vincoli e leggi che assolutamente noi non abbiamo governato anzi abbiamo fatto finta che queste non esistessero. [Un’isola da far crescere. (1) – Continua] Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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