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Biologia – Ambiente e specie (2)di Adriano Madonna per la prima parte (leggi qui) La competizione per lo spazio Il fondo del mare generalmente è occupato da numerose specie sessili, ovvero ancorate in maniera stabile al substrato. Le specie sessili marine sono moltissime e lo spazio è… quello che è. In particolare, è limitato da barriere, come la presenza o meno di luce e suoi livelli quantitativi (a maggiori profondità c’è meno luce che negli strati prossimi alla superficie) e la temperatura (in linea di massima, la temperatura degli strati superficiali, risentendo di quella atmosferica, è instabile rispetto a quella delle fasce più profonde). Considerando, dunque, che le varie specie di organismi sessili in genere non sono adattabili a queste variazioni dei parametri fisici e chimici del mare, si giunge alla conclusione che in alcune zone lo spazio a disposizione si riduce considerevolmente e sorge la competizione per la sua conquista, fermo restando che esistono sistemi, da parte dei vari organismi bentonici, per la ricerca del luogo nel quale “prendere posto”. Nel caso delle larve, di solito esse vengono aiutate a cercare il substrato giusto da segnali chimici emessi da individui adulti e altre larve della stessa specie già in situ. Questi segnali chimici, detti kairomoni, sono simili agli allomoni emessi dai nudibranchi, però, mentre gli allomoni apportano un vantaggio a chi li emette, i kairomoni offrono un vantaggioo a chi li riceve. È proprio il caso della larva, che riceve il “segnale di atterraggio” da individui adulti o da altre larve della stessa specie. Una, due, tre, quattro, cinque larve che si insediano sulla stessa porzione di substrato ed ecco il fenomeno del gregarismo. La colonialità, invece, è un’altra strategia competitiva per la conquista dello spazio e si osserva in quegli organismi come gli idrozoi, gli antozoi, i tunicati e, in sintesi, in tutte quelle forme di vita cosiddette modulari, cioè composte di moduli. Questi sono, ad esempio, gli zoidi della Clavelina lepadiformis oppure del briozoo Myriapora truncata, comunemente nota come falso corallo. In pratica, pur avendo un solo punto di ancoraggio sul substrato, la colonia si ingrandisce aumentando il numero dei moduli (gli zoidi).
La strategia dei solitari La strategia degli organismi coloniali è quella di crescere ed espandersi in grandezza mediante la moltiplicazione dei moduli. Questa strategia viene definita strategia specialistica o di tipo k, mentre quella degli organismi solitari è definita strategia opportunistica o di tipo r. Continuiamo il discorso intrapreso nel numero scorso sugli ecosistemi, le biocenosi, le nicchie ecologiche e tutto quanto concerne la vita sottomarina, per passare a descrivere com’è organizzata la distribuzione dei vari organismi nel pianeta mare. Il primo passo, dunque, è quello di osservare come sono state divise le varie zone del fondo in base a varianti come la profondità e la luce. Questa suddivisione ha un nome specifico: si chiama, infatti, zonazione. Una prima, grande suddivisione è quella che separa la piattaforma (o platea) continentale dalla scarpata continentale. La prima è una sorta di basamento sottomarino delle terre emerse, una specie di bordo di appoggio. La piattaforma termina sul bordo della scarpata continentale, là dove la “lieve pendenza” effettua un salto verso l’abisso, che definiamo scarpata continentale. La zonazione che ci interessa è quella della piattaforma continentale, compresa in quelle acque definite, nel loro complesso, provincia neritica, mentre, dal bordo superiore della scarpata continentale in giù, abbiamo la provincia oceanica. La zonazione della platea continentale può seguire diversi modelli, fra i quali il più noto e “usato” è quello elaborato da Peres e Picard, benché ce ne siano altri, come quello di Riedl e di Bouduresque e Fresi.
Il modello Peres-Picard Questo modello di zonazione divide la platea continentale in una successione di piani, a partire addirittura dall’ultima porzione di terra emersa ai confini con l’acqua: infatti, il primo piano è proprio il piano sopralitorale, sovrastato dall’adlitorale. Il piano adlitorale, che non tutti gli autori citano, è quello che risente dell’influenza climatica del mare sottostante, come il vento ricco di salsedine. Già nel piano adlitorale troviamo un tipo di vita specifico di questo ambiente. Pensate, ad esempio, ai gabbiani, che fanno il nido sulle rocce delle falesie a picco mare. Perché i gabbiani non nidificano nelle crepe dei campanili, dove, invece, ci sono le tane dei piccioni? Proprio perché i gabbiani, al contrario dei piccioni, preferiscono un ambiente che “sappia di mare e non di terra”. Il piano sopralitorale, sotto l’adlitorale, è la porzione di substrato aereo che viene umettato dagli schizzi d’acqua prodotti dal moto ondoso, e anche qui, è ovvio, c’è un certo tipo di fauna, costituita in particolare da patelle e da denti di cane: i primi sono molluschi gasteropodi, i secondi crostacei cirripedi, gli unici crostacei sessili esistenti (ricordiamo che con il termine “sessile” indichiamo quegli organismi ancorati al substrato che non hanno possibilità di spostarsi). Esistono, comunque, anche organismi che passano da un piano all’altro, in questo caso dal piano sopralitorale a quello inferiore (il mesolitorale), trasferendosi, così, da una porzione di substrato più o meno asciutta a quella inferiore, bagnata. Fra questi organismi, c’è il granchio corridore, scientificamente noto come Pachigrapsus marmoratus,e ancora la patella, che può trovarsi sia un piano più in su sia un piano più in giù: in particolare, la Patella caerulea si trova nel sopralitorale, mentre la Patella ferruginea (più rara) preferisce il mesolitorale.
Dopo il sopralitorale, il mesolitorale o zona intertidale (fra le maree), ovvero il piano compreso fra i livelli dell’alta e della bassa marea. Nel nostro Mediterraneo, la zona intertidale è poco estesa (in Adriatico un po’ di più che nel Tirreno: anche un metro), ma in alcuni Paesi del mondo, dove le maree sono fenomeni più imponenti, l’estensione del mesolitorale è molto ampia.
Biologia – Ambiente e specie (2) – continua Dott. Adriano Madonna, Biologo Marino, ECLab Laboratorio di Endocrinologia Comparata, Università di Napoli “Federico II”
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