





|
|||
La grande perdita. Vista con gli occhi di altri, la realtà di Ponza appare in tutta la sua crudezza e tristezza. Come abbiamo fatto a ridurci così? Viene anche da chiedermi se la nostra storia, dalla colonizzazione ad oggi, con tutte le sue intrigate vicende e frequenti vessazioni sugli isolani, non ci abbia indotto a chiuderci sempre più, a diffidare del vicino, a lavorare a testa china temendo le incursioni del potere, che nei secoli ha cambiato nome e volto, ma vessatorio è rimasto, salvo qualche rarissima eccezione. Risposta quasi obbligata: la somma di tutti questi fattori. Quello che qui mi viene da aggiungere è però un ulteriore elemento: la perdita della nostra cultura. Ricordo che molti anni fa, in un incontro pubblico, ci si chiedeva se Ponza fosse riuscita ad elaborare una sua cultura o se ci fossimo limitati a conservare quel che avevamo portato dietro da Ischia, Torre del Greco, ecc…. in sostanza una generica “cultura napoletana”. Con gli occhi di oggi, quelle considerazioni vanno ribaltate. Ieri il potere si manifestava con la violenza; oggi è più subdolo, usa la televisione, internet, il miraggio dei soldi facili, la globalizzazione e se trova un terreno sterile (la mancanza di un’identità) tanto più facilmente attecchisce, dopo solo il deserto, o… “…rocce e sassi e poco più” come pronosticato per questo nostro scoglio! Queste tristi considerazioni tuttavia non ci fermano, al contrario diventa sempre più stringente la necessità di salvare e mantenere in vita il più possibile la nostra memoria, chissà che ad un nuovo giro di giostra non cambi qualcosa, e la tristezza che il giornalista svizzero ha letto negli occhi dei ponzesi di oggi non possa un domani tornare ad essere orgoglio per la propria isola – bella come poche altre – e della propria identità. 1 commento per La grande perditaDevi essere collegato per poter inserire un commento. |
|||
Ponza Racconta © 2021 - Tutti i diritti riservati - Realizzato da Antonio Capone %d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: |
Quale cultura cercava il giornalista svizzero?
C’è una bellissima copertina elaborata da Pasquale Mattei nel suo viaggio “L’arcipelago Ponziano Memorie Storiche Artistiche 1857”.
Il disegno della copertina raffigura uno strano uomo che sta su una collina, solitario, con il cappello i suoi occhialini e il suo ombrellino e prende appunti. Questa collina è formata di “rocce e sassi” ma su ogni pietra c’è scritto: storia, tradizione, bizzarrie, usi, avventure, e poi ci sono un cane, un gabbiano, un’agave stranamente storta.
L’uomo, saggio, l’uomo che riesce a comprendere il linguaggio strano della pietra nascosta sotto l’erba riesce a tirare fuori un racconto di una comunità.
L’uomo che comprende l’insieme sta solo sul vertice di questo accumulo di pietre e le racconta e le conserve e le fa comprendere e cerca di valorizzarle.
Ecco perché si costruiscono i musei o biblioteche, e si organizzano itinerari archeologici e paesistici, perché si organizzano le sagre popolari, e le mostre etnologiche ecc.
L’uomo normale vive e sopravvive secondo l’economia imposta – e badate, solo il più adatto sopravvive – ma fra qualche anno anche questi uomini saranno storia.
Che cosa cercava il giornalista svizzero a Ponza? “Sassi e pietre e ha trovato sassi e pietre!”