Confino Politico

Le vicende belliche di Filippo Muratore (2)

di Antonio Usai

 

Per la puntata precedente di questa storia, leggi qui

 

La notizia della caduta del fascismo accolta con incredulità da Filippo ad Abbazia d’Istria

L’arruolamento di Filippo nella Milizia fascista avvenne in un momento davvero poco propizio, proprio mentre il regime stava traballando vistosamente.

Com’è noto, il 25 luglio, nove giorni dopo la partenza di Filippo da Ventotene, fu votato dal Gran Consiglio del Fascismo l’ordine del giorno presentato da Dino Grandi, con il quale si invitava il re a riassumere le funzioni di comandante supremo delle forze armate. Il documento, approvato a larga maggioranza, aveva tutto il sapore di un atto di sfiducia nei confronti del Duce.

1. Sui giornali la notizia delle dimissioni di Mussolini

Sui giornali la notizia delle dimissioni di Mussolini

Per i fascisti irriducibili il voto del Gran Consiglio fu accolto come un tradimento, un vero e proprio colpo di stato contro il duce!
Il pomeriggio di quello stesso giorno, Mussolini fu convocato dal re e invitato a dare le dimissioni. Subito dopo fu arrestato e sostituito alla guida del governo dal Maresciallo Pietro Badoglio, ex comandante delle forze armate italiane e vincitore della guerra in Abissinia nel maggio del1936.

Alla notizia della destituzione del duce, specialmente nelle grandi città, la gente scese festante per le strade e sfogò il suo risentimento contro sedi e simboli del regime.

2. La gente esulta per le strade di Milano all'annuncio delle dimissioni del duce

La gente esulta per le strade di Milano all’annuncio delle dimissioni del duce

Il capo del nuovo governo, con un discorso volutamente ambiguo, disse che nulla sarebbe cambiato nell’impegno bellico italiano. Nello stesso tempo, avviò contatti segreti con gli anglo-americani per giungere ad una pace separata, senza avere concordato l’iniziativa con gli alleati tedeschi.

Filippo, come tanti suoi commilitoni, aveva appreso con forte sgomento la notizia dell’arresto di Mussolini, soltanto pochi giorni dopo il suo arrivo ad Abbazia, la sua prima sede di servizio. E per fortuna nulla sapeva della tragedia del postale Santa Lucia affondato da aerosiluranti inglesi nelle acque di Ventotene con forti perdite umane tra gli isolani. Conoscerà la triste verità sul tragico episodio soltanto quando farà rientro a casa nell’ottobre del 1945 a guerra finita.

3. Il piroscafo Santa Lucia con i colori di guerra nella rada di Ponza

Il piroscafo Santa Lucia con i colori di guerra nella rada di Ponza

Il 27 luglio, un ordine da Roma impose ai militi della Milmart di sostituire i fasci littori con le mostrine in dotazione degli artiglieri dell’esercito e la camicia nera con quella grigio-verde. Anche il giovane Filippo dovette adeguarsi alle nuove direttive pur non condividendole affatto.

 

L’armistizio accolto con sgomento a Pola e dintorni

I negoziati del nuovo governo con gli americani portarono in breve tempo alla firma dell’armistizio. L’accordo fu reso pubblico qualche giorno dopo, il fatidico 8 settembre 1943.

4. La notizia dell'armistizio riportata dal Correiele della Sera in prima pagina

La notizia dell’armistizio riportata dal Corriere della sera in prima pagina

L’annuncio dato ufficialmente alla radio nazionale e riportato subito dai principali giornali nazionali gettò l’Italia nel caos, mentre il re e il governo stavano abbandonando la capitale per rifugiarsi a Brindisi, sotto la protezione degli Alleati appena sbarcati in Puglia.

Quello stesso giorno, i tedeschi, con il sangue agli occhi per il tradimento subito, organizzarono una vasta azione di rastrellamento a Pola e dintorni, in cerca di soldati italiani. Stessa cosa fecero ovunque nella penisola italiana e in Grecia.

Filippo riuscì a sottrarsi all’accerchiamento e tentò subito, insieme ad altri soldati e camicie nere allo sbando, di rientrare in Italia con lo scopo di raggiungere la famiglia a Ventotene. Dopo avere attraversato l’intera penisola d’Istria con mezzi di fortuna, il 15 giunse a Trieste.

All’ingresso della città incontrò pattuglie di soldati tedeschi che controllavano minuziosamente i documenti di tutti i fermati. I militi, esibendo il tesserino militare, restavano liberi e potevano proseguire il cammino in Italia; gli altri, militari e civili, incolonnati e sotto scorta armata, erano accompagnati alla stazione ferroviaria. Lì, venivano fatti salire su carri piombati e mandati in Germania per essere impiegati nei lavori forzati.

Filippo non aveva ancora compiuto diciassette anni e già si trovava a dovere affrontare una prova durissima che poteva anche costargli la vita.

Al posto di blocco rimase calmo e, quando gli fu ordinato di esibire un documento d’identità, estrasse dal portafoglio la tessera di Giovane Fascista, che portava sempre con sé con fierezza, e la mostrò al soldato tedesco che gli stava di fronte con il mitra spianato. Dopo un rapido esame del documento, il ‘crucco’ lo lasciò andare libero.

5. Militari sbandati dopo l'8 settembre

Militari sbandati dopo l’8 settembre

 Indossati abiti civili di fortuna e gettata la divisa della Milizia, il giovane lasciò Trieste con il primo treno diretto a Venezia. Dalla stazione di Santa Lucia della città lagunare, proseguì su un convoglio piuttosto sgangherato diretto a Roma.
Il viaggio fu lungo e faticoso, senza un posto a sedere, senza acqua né cibo, ma giunse a Littoria senza altri incidenti o molestie di qualunque natura.

 

L’8 settembre di papà Andrea a Ventotene

La mattina stessa dell’armistizio, gli americani presero possesso di Ventotene.
Una piccola pattuglia di soldati a stelle e strisce sbarcò sull’isola e ai militari nemici che presidiavano le postazioni contraeree poste alla sommità di Punta Eolo offrì la resa con l’onore delle armi.

6. Lo sbarco Alleato in Italia

Lo sbarco Alleato in Italia

 Il comandante tedesco non aveva altra scelta e perciò accettò l’offerta. Poi, ordinò ai suoi camerati di marciare lungo lo stretto viottolo che conduceva nel nucleo abitato, con le mani in alto e le armi bene in vista sulla testa, e di consegnarsi al nemico senza fare resistenza una volta giunti nella piazza del Castello.

7. Una postazione contaerea in azione

Una postazione contraerea in azione

La quasi la totalità dei fascisti della Milizia confinaria rimasti sull’isola furono fatti prigionieri dagli americani. Salve poche eccezioni, finirono tutti internati nei campi di concentramento approntati per l’occasione  in Africa settentrionale e negli USA.

Al padre di Filippo e alla sua famiglia fu risparmiato l’esilio perché l’interprete italiano della pattuglia americana che rastrellava i fascisti, era un ex confinato, di cui non ci è pervenuto il nome. Questi aveva avuto modo di conoscere Andrea durante il periodo di internamento sull’isola e la considerava una persona corretta, sempre disponibile, che, quando gli era possibile, cercava di andare incontro alle esigenze dei confinati.

Il milite siciliano, che nel tempo libero esercitava l’attività di ciabattino, era una persona di carattere  mite e durante il servizio nella Milizia mai aveva assunto atteggiamenti arroganti o persecutori nei confronti dei confinati.

In più occasioni, diversi confinati si erano rivolti a lui per avere scarpe cucite su misura ed Andrea non si era mai tirato indietro. Era considerato senza alcun dubbio il migliore ciabattino di Ventotene: metteva a frutto la sua arte raffinata, appresa quand’era ancora ragazzino in Sicilia come garzone di bottega, per arrotondare il magro stipendio della Milizia e far crescere dignitosamente la sua famiglia numerosa.

Andrea Muratore lavorava la pelle e il cuoio con precisione millimetrica, con il solo aiuto delle mani, senza l’ausilio di alcun tipo di macchinario che, se anche avesse voluto, non avrebbe certamente potuto comprarsi. Le scarpe che uscivano dalla sua bottega erano così morbide, lucenti e all’ultima moda dell’epoca, che calzavano qualsiasi tipo piede come se fossero dei guanti. I suoi numerosi clienti, civili o militari, fascisti o confinati che fossero, sapevano apprezzare la qualità del suo lavoro e il prezzo decisamente conveniente.

L’ex confinato, nel momento di difficoltà di Andrea, si dimostrò generoso con il suo ciabattino di fiducia e salvò lui e la sua famiglia da un triste destino.

 

L’adesione di Filippo alla Repubblica Sociale di Salò

Nell’autunno del ’43, dopo l’armistizio, l’Italia era virtualmente divisa in due entità statali distinte, in guerra una contro l’altra.

Nel Sud, il vecchio stato monarchico sopravviveva tra mille difficoltà con il suo governo e la sua burocrazia, esercitando la sovranità sotto il controllo alleato.

Al Nord, invece, dopo la liberazione di Mussolini a Campo Imperatore, per opera dei paracadutisti tedeschi, il fascismo stava risorgendo dalle sue ceneri più baldanzoso di prima sotto la protezione degli occupanti nazisti.

La neonata Repubblica Sociale Italiana (Rsi), con il Partito fascista repubblicano e il nuovo esercito, si proponeva in primo luogo di combattere contro i cosiddetti traditori del 25 luglio: monarchici, badogliani e fascisti moderati. In realtà, il governo di Salò, nei suoi diciotto mesi di esistenza, si limitò a reprimere e a combattere il movimento partigiano, che si era sviluppato nell’Italia occupata.

8. Bandiera della Repubblica Sociale Italiana di Salò

Bandiera della Repubblica Sociale Italiana di Salò

Filippo si era iscritto senza esitazione al neo Partito fascista repubblicano, erede del Pnf, perché aveva ancora tanta fiducia nel duce. Non poteva essere diversamente! La sua formazione giovanile era avvenuta nel periodo della grande euforia nazionalista degli anni Trenta che raggiunse il culmine con la proclamazione dell’Impero dopo la conquista dell’Etiopia, il 9 maggio 1936.

9. Una veduta di Salò sede della Repubblica Sociale di Mussolini

Una veduta di Salò, sede della Repubblica Sociale di Mussolini

Allora l’Italia, al culmine della gloria, agli occhi di tanti italiani appariva un paese bene organizzato e diretto da una sicura guida politica. In quel clima di nazionalismo entusiastico, Filippo imparò che un buon cittadino, prima di ogni altra cosa, doveva amare la Patria, verso la quale ogni italiano aveva precisi e inderogabili doveri, e subito dopo il duce del fascismo.

10. Mussolini passa in rassegna un picchetto della GNR

Mussolini passa in rassegna un picchetto della GNR

Qualche anno dopo, come è noto, le vicende italiane non andarono proprio come sognava il giovane Filippo: infatti, vennero la guerra, i rovesci militari, la caduta del regime, l’otto settembre, la guerra civile, la prigionia in campo di concentramento a Coltano, vicino Pisa, e, infine, nel dopo guerra, l’ostracismo sociale per coloro che avevano creduto in Mussolini fino all’ultimo.

Come tanti altri italiani, anche Filippo visse con amarezza e un certo disorientamento l’armistizio e il cambiamento di fronte deciso dal re e da Badoglio. All’improvviso, gli alleati tedeschi erano diventati nemici e gli anglo-russo-americani i nuovi amici.
– E la parola data al primo alleato? – si domandava Filippo nella sua ingenuità.
I fedelissimi di Mussolini, e tra questi anche Filippo, ritenevano una viltà nascondersi nel momento di bisogno della Patria.

Senza saperlo, egli si comportò come un idealista romantico, secondo la definizione data da Isaiah Berlin, riportata nel libro “Le radici del romanticismo” – pubblicato da Adelphi nel 2001. Infatti, a proposito degli ideali romantici e degli idealisti, il filosofo ha scritto:

«Credevano nella necessità di battersi sino all’ultimo respiro per le proprie convinzioni… Non erano disposti a vendersi, ma erano pronti a salire sul rogo per qualcosa in cui si crede, per la sola ragione che ci si crede; ammiravano la dedizione incondizionata, la sincerità, la purezza dell’anima, la capacità di dedicarsi al proprio ideale, qualunque esso fosse

 

 [Le vicende belliche di Filippo Muratore (2) – Continua]

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