Archeologia

Memorie da un viaggio in Terrasanta (5)

di Claudia Polla Mazzulli

Per le precedenti tappe del viaggio digita: Terrasanta – nella colonna di sin. del frontespizio, in basso: CERCA NEL SITO

 

5° giorno

Al mattino presto partiamo verso nord, lasciandoci alle spalle Nazareth, per raggiungere Sefforis, antica città giudaica centro di vita religiosa e politica dove, secondo la tradizione, è nata S. Anna, la madre di Maria. Oggi restano soltanto gli interessanti scavi archeologici a testimoniare l’importanza di quella che fu la sfarzosa capitale della Giudea fino al 18 d. C.

Il pullman ci lascia in una radura adibita a parcheggio sul fianco boscoso di una collina; percorriamo un sentiero pietroso per raggiungere gli scavi archeologici. In cima all’altura l’insieme dei resti delle antiche costruzioni si presenta in tutta la sua vastità: mi incammino tra i muretti perimetrali di antichi edifici, resti di pavimenti a mosaico risparmiati dall’aggressione di terra e vegetazione, parti di colonne rimaste a terra da secoli. Alcune di queste testimonianze particolarmente interessanti sono protette da lastre di vetro o riparate da capanni. È una sensazione strana aggirarsi tra i silenziosi resti di quella che già nel 1° secolo a. C. era uno sfarzoso centro di vita religiosa e politica della cultura ebraica, ora solo muta testimonianza della caducità nel tempo delle cose del mondo.

All’interno di una costruzione adibita a museo sono raccolte antichissime monete giudaiche e romane, recipienti di onice e alabastro e preziosi vasetti di vetro sabbiato dove venivano conservati gli aromi profumati usati per il culto, per la pulizia personale e i riti dell’ospitalità sacri in Medio Oriente fin dai tempi più remoti. Al centro di una sala attigua è ben conservata un’ampia parte di pavimento musivo con decori caratteristici della cultura ebraica.

Ma l’ammirazione di tutti è soprattutto per il bellissimo volto di donna rimasto miracolosamente intatto tra i resti dei mosaici. Per il suo fascino è stata definita ‘la Gioconda del medioriente’.

Con l’immagine della ‘fanciulla di Sefforis’ ancora nella mente, proseguiamo il viaggio alla volta del Monte Tabor, una montagna caratteristica che si erge solitaria nel mezzo della piana di Esdrelon in Galilea. Anche se nel Vangelo non viene specificato, l’antichissima tradizione cristiana indica il Tabor come il luogo santo dove per un istante fu squarciato il velo del mistero e Gesù si trasfigurò davanti ai tre discepoli impressionati dalla visione della gloria del Rabbi. In proposito, mi trovo a riflettere su una diversa interpretazione, di antica tradizione orientale, dell’episodio evangelico: in realtà Gesù non trasfigurò se stesso ma, per un istante, “trasfigurò” i loro occhi per permettere loro di poterlo “vedere” nella luce della sua gloria, come Lui è ed è sempre stato!

Al Tabor ci accingiamo a salire con piccoli e cigolanti pullmini che affrontano “allegramente” la strada che serpeggia sui fianchi del monte ricoperto da una ricca vegetazione. Trattengo il fiato alla vista dello splendido panorama della pianura ma anche per la spericolata disinvoltura dell’autista che, ogni tanto, armeggia con il cellulare pur continuando a  sfrecciare per i ripidi tornati.

Mi sento in apprensione, incrocio lo sguardo perplesso di mio marito, quasi come a Ponza quando, sul bus che fa la spola tra il Porto e Le Forna, si corre a guida spavalda per salite, discese e curve strette, col fiato trattenuto per la paura degli strapiombi e per i bellissimi scorci panoramici del mare dell’isola.

 

Arriviamo finalmente in cima dove si estende la spianata rigogliosa di vegetazione fiorita e alberi del pepe (Schinus mollis), circondata da resti di mura saracene ricoperte da pelargonium e bouganvillee. Sullo sfondo svetta  la Basilica della Trasfigurazione nello splendore del bianco avorio della pietra di Israele.

Mi appare subito bellissima ed unica nella sua spettacolare architettura. La guida ci dice che è stata ideata dall’architetto italiano A. Barluzzi nei primi del Novecento e ricostruita sui resti della cripta delle precedenti costruzioni, andate distrutte. Lo stile richiama l’architettura romano-siriaca al suo massimo splendore tra il IV e il VII secolo. Guardo ammirata le sue linee armoniose sottolineate da eleganti decori di gusto orientale. Alla facciata si appoggiano lateralmente due grandi torri unite da un arco ogivale, ricamato con ricche decorazioni, che ha per volta l’azzurro del cielo. Davvero una splendida ed ispirata costruzione, dove le due torri e la facciata sembrano voler ricordare il desiderio espresso dal discepolo Pietro di fare lì tre tende: per il Signore, per Mosè ed Elia. Con il cuore e la mente illuminati dalla fede mi appresto a varcare la soglia della Tua casa…

All’interno della basilica mi siedo in un angolo, allontanandomi per un po’ dal gruppo e dalla voce sommessa della guida. Dopo la visione dell’esterno, in ammirato silenzio osservo  il perfetto equilibrio formato dalle tre navate divise da colonne ed arcate sopra le quali si estende una fascia a mosaico policromo che forma la base di una teoria di finestre e colonnine. Queste, a loro volta,  costituiscono l’aereo sostegno della travatura del tetto. Sembra incredibile come l’uomo sia capace di cogliere e interpretare l’essenza della bellezza in ogni sua forma! Quasi a sottolineare questa  mia considerazione, sento la voce della guida mentre dice che all’inizio il tetto della basilica era stato concepito e realizzato in alabastro per permettere alla luce di filtrare e diffondere all’interno il chiarore opalescente del marmo, come a voler riprodurre  l’atmosfera mistica della trasfigurazione nella quale introdurre i pellegrini provenienti da tutto il mondo.

Mi scuoto dalle tante riflessioni per riunirmi al gruppo sceso nel frattempo alla cripta dove sono conservate le antiche mura e l’altare rinvenuto negli scavi. Lungo i lati dell’abside centrale, dove risalta una splendida vetrata policroma con figure di fiori e pavoni, dei bellissimi mosaici riproducono i simboli delle trasfigurazioni di Cristo: nella Nascita, nell’Eucarestia, nella Passione e Morte e nella Resurrezione. Tenere figure di angeli assorti e adoranti, rapiti nel mistero del Verbo che si fece  carne, sono raffigurate su uno splendido sfondo azzurro con le vesti bianche illuminate dall’oro.

Chiudo gli occhi per un attimo,  per riascoltare il suono di antiche voci “… Maestro, è bello per noi stare qui.  … Sollevando gli occhi non videro più nessuno se non Gesù solo”

 

Claudia Polla Mazzulli

 

[Per la serie “Ponzesi che viaggiano”: Memorie da un viaggio in Terrasanta (5) – Continua]

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