Ambiente e Natura

Ponza. Impianti idraulici romani (4)

di Leonardo Lombardi

La galleria di adduzione

 

Come già accennato, il primo tratto di galleria, tra Cala dell’Acqua e Cala Inferno, non è percorribile in quanto lo speco è stato ostruito e la galleria, in parte, inondata. Per l’andamento planimetrico della galleria, riportato in carta, mi sono basato su quanto riferito da più persone che l’hanno percorsa  (17) e sulla posizione dei pozzi di aerazione realizzati lungo il tracciato.

Circa cento metri a sud-ovest dell’inizio della galleria si ha un primo pozzo di aerazione (fig 7: p.o. 4) , ancora intatto e visibile nella cantina di una delle case di Le Forna. Si tratta di un pozzo cilindrico, con pedarole (18), ubicato a circa dieci metri di distanza dalla costa attuale, che raggiunge in testa la galleria. Un secondo pozzo (fig. 7: p.o. 5), occluso recentemente con una copertura in cemento, si rinviene a m. 150 dal primo in direzione sud-sud-ovest, poco lontano dalla strada provinciale. Dopo altri cinquanta metri, verso sud, si rinviene il terzo (fig. 7: p.o. 6) e ultimo pozzo, completamente occluso in quanto sull’imbocco è stata costruita una casa.

Quest’ultimo pozzo è ubicato a circa trenta metri dalla parete di Cala Inferno posta sulla Costa orientale dell’isola.

Fig. 6. Cala d’Inferno: punti di osservazione 4-11

(17) – Si ringrazia in particolare Adalgiso Coppa che per conto della Cassa per il Mezzogiorno ha gestito per anni la sorgente e l’acquedotto e che, gentilmente, si è messo a piena disposizione trasferendomi tutte le informazioni in suo possesso.

(18) – Le pedarole sono delle piccole cavità realizzate simmetricamente sulle pareti di pozzi e pozzetti, che permettevano l’appoggio dei piedi o di un asse per la discesa e la risalita del personale addetto alla manutenzione di opere sotterranee

Fig. 7 – Tracciato dell’acquedotto da Cala dell’Acqua a Cala Inferno: p.o. 4- 11

In corrispondenza del terzo pozzo la galleria presenta, sempre in base a quanto riferito da più fonti, una biforcazione a Y con un ramo che si dirige verso sud-est; di tale ramo si vede 1’uscita in parete (fig 7: p.o. 7) e una porzione del canale che raggiungeva, in corrispondenza di un piccolo promontorio, un punto di utenza su Cala Inferno. In tale località doveva esserci un serbatoio che fu poi ripristinato in epoca borbonica e più volte restaurato, tanto che era in funzione fino al 1952. Anche se attualmente non si hanno evidenze di strutture antiche, Mattej (1857, p. 51) descrive in questo punto una grotta, la cisterna, in “pietre reticolate”, con una limpida vena d’acqua. È da escludere che fossero state realizzate delle vasche limarie (19), in quanto l’acqua dell’opera di presa è estremamente pura e priva di qualsiasi trasporto in sospensione.

II secondo ramo della biforcazione a Y, si dirige a sudovest e lo speco, messo a giorno dall’erosione, si apre sulla parete della falesia di Cala Inferno (fig. 7: p.o. 9) . Da questo punto iniziava la lunga galleria, scavata alle spalle delle pareti che costituiscono la costa orientate dell’isola, che da Cala Inferno raggiungeva Santa Maria.

(19) –  Amici, nel lavoro citato (1986, p. 59) ipotizza la presenza di una vasca limaria al piede della falesia di Cala Inferno.

 

Generalità sull’acquedotto

 

La galleria di adduzione, che si snodava lungo la costa, scavata presumibilmente a poca distanza dalla parete per consentire la facile apertura di “finestre” per l’aria, la luce e lo scarico del materiale, è riconoscibile solo a tratti lungo le movimentate pareti a picco delta costa orientale dell’isola. L’erosione marina e quella eolica hanno infatti alterato profondamente le pareti della costa e distrutto lunghi segmenti della galleria. Come si vede nelle piante allegate, le tracce di galleria ancora osservabili sono state distinte con un numero e sono state collegati con una linea continua i punti tra i quali vi è un tratto di galleria osservabile con entrata e uscita. Sistema sicuro per distinguere aperture di tipo diverso, come le citate finestre, o errori di interpretazione.

La galleria lungo tutto l’acquedotto ha forma ogivale e mostra un canale stretto alla base, rivestito o meglio realizzato in coccio pesto (20) di spessore molto variabile e un rivestimento, costituito dallo stesso materiale, per un’altezza di oltre m 1,5.

La parte superiore della galleria è in roccia senza alcun rivestimento. È da escludersi l’ipotesi avanzata da Baruchello (1984, p. 66) secondo la quale tutta la galleria aveva una funzione drenante attraverso aperture sulla volta che non si osservano in nessun punto dell’acquedotto.

(20) – Il coccio pesto è una malta impermeabile usata come rivestimento di tenuta per strutture idrauliche (cisterne, serbatoi, vasche e condotti) o come rivestimento protettivo di terrazze o ambienti umidi. La malta era realizzata con una miscela di una parte di calce molto fine, due parti di sabbia o pozzolana e una parte di detrito di mattoni o tegole

 

La galleria messa a giorno dall’erosione mostra a volte la sezione dello speco, a volte la traccia in parete del rivestimento in coccio pesto della galleria o, infine, piccole aperture che fanno intravedere, nel retro, la galleria. Molto caratteristica, come già messo in luce da Amici, la variabilità dello spessore del coccio pesto di base, spesso poggiato su uno strato di conglomerato cementizio. L’insieme coccio pesto-conglomerato ha spessori differenti da punto a punto, indicando chiaramente 1’aggiustamento della livelletta del canale di fondo del cunicolo che, dovendo avere pendenza costante, è stato regolarizzato e lisciato su indicazione degli idraulici, terminato lo scavo, per facilitare il movimento dell’acqua. Alcune aperture che si osservano in parete sono certamente delle “finestre” (chiarissime quelle corrispondenti ai p.o. 34 e 58 di fig. 11 e di fig. 21) necessarie come prese d’aria e per disfarsi del materiale di risulta dello scavo. Va segnalato che alcuni lunghi tratti di galleria, quale quello recentemente esplorato che, con direzione nord-sud, passa dalla Costa orientate di Punta Santa Maria alla Cala di Santa Maria, non presentano nessuna apertura o pozzi per cui durante lo scavo il materiale doveva essere asportato percorrendo la galleria a ritroso fino alla prima finestra.

Di notevole interesse l’andamento in pianta delle gallerie, almeno di quelle più lunghe quale quella citata di Santa Maria. II tracciato  serpentiforme confermando le ipotesi avanzate da Castellani e Dragoni (1991, pp. 43-60) che indicano come per la mira della direzione è molto più agevole una galleria serpentiforme che una rettilinea. Infatti in una galleria serpentiforme, con una luce posta alle spalle degli scavatori, la direzione è data dalla tangente alle curve, mentre in una galleria rettilinea con qualsiasi orientamento la luce è sempre visibile e non consente un andamento corretto.

E’ certo, come vedremo, che già in epoca romana, durante l’esercizio dell’acquedotto, si siano verificate frane che determinarono l’asportazione di tratti di galleria. Tali frane interruppero il flusso d’acqua nell’acquedotto con la necessità di scavare un nuovo tratto di galleria spostato verso l’interno rispetto alla linea di costa. La galleria interessa due diversi litotipi di vulcaniti (dicchi di alimentazione, di colore scuro, e yaloclastiti chiare) che presentano differenti comportamenti rispetto allo scavo e alla stabilità nell tempo. Nelle zone di affioramento dei dicchi di alimentazione scuri, più massivi ma anche fratturati, si hanno, e certamente si sono avute, frequenti frane, mentre le yaloclastiti chiare, a granulometria più omogenea, sono più stabili anche se sono più facilmente aggredite dalla continua azione erosiva del mare e del vento

Fig. 8. Punti di osservazione 12-24

In  questo tratto si osservano numerose sezioni dello speco e tracce in parete (p.o. t) che testimoniano l’esistenza della galleria.

La forte erosione che ha determinato, in alcuni punti, oltre dieci metri di arretramento della costa, è stata ed è particolarmente intensa in corrispondenza dell’affioramento dei dicchi di alimentazione per i quali ai normali processi erosivi si sommano frequenti distacchi e frane da crollo.

 

Leonardo Lombardi

Impianti idraulici romani (4) Continua

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