Ambiente e Natura

Ponza. Impianti idraulici romani (1)

Dopo i rudimenti di base dell’idraulica romana pubblicati nelle scorse settimane, sempre a firma di Leonardo Lombardi, amico ed estimatore di Ponza (leggi qui la prima parte e la seconda), siamo orgogliosi di poter pubblicare la sua monografia – ormai introvabile – sugli impianti idrici romani a Ponza che costituisce la summa di quanto attualmente è noto sul tema.

Della disponibilità del testo e della fiducia accordataci, ringraziamo l’Autore.

La Redazione di ponzaracconta

 

Con il Patrocinio dell’Amministrazione Provinciale di Latina

Con il contributo del Comune di Ponza

 

Prefazione del Sindaco di Ponza (1996)

Questa Amministrazione Comunale ha in progetto, e in corso di realizzazione, un vasto programma di musealizzazione di Ponza che prevede percorsi attrezzati nel territorio per fare dell’isola un grande museo aperto. II progetto  è mirato allo sviluppo turistico fuori stagione e alla valorizzazione e conservazione delle bellezze naturali e del patrimonio storico archeologico.

Lo studio di Leonardo Lombardi che, con passione e con anni di indagini, ha ricostruito il quadro dell’approvvigionamento idrico dell’isola in epoca romana, rappresenta un passo importante nel recupero della memoria storica di Ponza. L’iniziativa ben si inquadra nel progetto dell’Amministrazione Comunale in quanto consente, per la prima volta, di avere ordine nei numerosi reperti archeologici che fanno di Ponza un caso straordinario di concentrazione di strutture idrauliche romane.

L’Amministrazione Comunale non solo plaude all’iniziativa, ma farà di tutto, nei limiti del suo potere, per portare avanti le indagini e consentire al grosso pubblico e agli studiosi di usufruire di questo patrimonio. Un grazie a Lombardi per il lavoro svolto e un impegno del Sindaco e dell’Amministrazione tutta a conservare e valorizzare il patrimonio descritto e interpretato in questa pubblicazione.

II sindaco di Ponza

Antonio Balzano

 

Ponza. Impianti idraulici romani

di Leonardo Lombardi

L’isola di Ponza, ubicata in posizione strategica net Mar Tirreno, ha rappresentato per oltre due millenni un punto di passaggio obbligato nelle rotte delle navi che solcavano il Mediterraneo da e verso le coste del Lazio. Morfologicamente l’isola, molto stretta e allungata in direzione nord-sud, presenta, a ponente e a levante, cale e ridossi che permettono alle imbarcazioni sicuri ripari qualsiasi sia la direzione del vento. Ma Ponza mostra anche aspetti vantaggiosi per 1’insediamento. Terreni fertili di piana e di collina, piovosità abbastanza elevata (mm 650 l’anno in media), abbondante selvaggina e pesce hanno favorito la sopravvivenza di una popolazione residente che fino a questo secolo è stata autosufficiente da un punto di vista alimentare. Peraltro, la presenza di alcune sorgenti e accumuli d’acqua piovana in cisterne, realizzate scavando le tenere rocce vulcaniche, ha garantito fino a poche decine di anni orsono l’approvvigionamento idrico degli abitanti. Tra le sorgenti, oltre quella di Cala dell’Acqua va citata la sorgente di Cala Fonte e modeste venute d’acqua lungo la costa a pochi decimetri sopra il livello del mare che, fino a pochi anni orsono, erano regolarmente usate dai pescatori.

L’isola è anche ricca di ottimi materiali da costruzione che hanno permesso l’edificazione con materiali autoctoni. Vulcaniti, da cui si ricavano facilmente blocchetti da costruzione; trachiti, con le quali realizzare blocchi e frammenti più resistenti; ghiaia, presente lungo le coste e in antichi terrazzi quaternari; sabbia, relativamente abbondante in località Le Forna; argilla, abbondante in quest’ultima località nonché nell’isola di Palmarola (1) e vasti affioramenti di calcare, utilizzato per la produzione della calce, ubicati nella vicina isola di Zannone (2), hanno consentito anche in campo edilizio l’autosufficienza.

Tra le rocce non va dimenticata la presenza dell’ossidiana, che nel Neolitico, e forse anche in epoca romana (3), ha costituito un elemento di interesse anche economico.

 

(1) – Sulla Spiaggia di Palmarola si ha un affioramento di argilla – datata dallo scrivente come pliocenica – che sembra confermare quanto riferito da Tricoli (1855, p. 52) sulla presenza di cave e fornaci in Palmarola in epoca romana

(2) – Sulla spiaggia orientale dell’isola di Zannone esistono i ruderi di una costruzione che per la forma potrebbe essere un forno da calce. Tricoli (1855, p. 246) indica la localizzazione di un forno presso la Spiaggia di Giancos

(3) – Nell’isola di Palmarola, in una piccola sella poco lontano dalla vetta, è stata esaminata, su segnalazione di Ernesto Prudente, una piccola vasca romana rivestita in coccio pesto (m 3 x 0,7) certamente utilizzata per l’accumulo di acqua piovana. Intorno a questo reperto si possono osservare numerosi frammenti fittili misti a schegge di ossidiana. E’ ipotizzabile che il sito fosse destinato ai guardiani di un segnale luminoso (un faro?) i quali lavorassero anche l’ossidiana. E’ noto infatti che i Romani apprezzavano molto l’ossidiana, come ci tramanda Plinio nella Naturalis historiae 36/ 67, 196: “L`ossidiana…simile alla pietra trovata in Etiopia da Obsius, di colore nerissimo, talora trasparente, più opaca del vetro nel riflettere… Molti ne fanno gemme e ho visto anche massicce statue del divino Augusto, perché questo materiale può fornire blocchi grandi a sufficienza per tale impiego. Lo stesso Augusto dedicò nel Tempio della Concordia, per destare meraviglia, quattro elefanti di ossidiana” (Trad. Antonio Corso et alii.). Frequente inoltre l’uso dell’ossidiana nell’arte musiva.

 

Tra i minerali presenti nell’isola vengono citati anche rame, piombo, solfo e argento (4). Ancora oggi si vedono le tracce della estrazione del solfo (Punta Incenso) e si possono rinvenire frustoli di rame nativo (Grotta Felice). Con queste peculiari caratteristiche, che ne fanno un caso unico tra le piccole isole del Tirreno, non ci si meraviglia se l’isola abbia destato l’interesse fin dalla preistoria. Oltre le indubbie frequentazioni neolitiche, le fonti indicano che i Fenici, i Greci, forse gli Etruschi c sicuramente i Volsci, hanno frequentato l’arcipelago. Roma, conscia della necessità di esercitare il controllo del mare aperto nei pressi del Lazio, per facilitare le sue mire espansionistiche, fonda in Ponza, alla fine del IV secolo a. C., la sua prima colonia insulare. L’interesse romano per 1’isola cresce con l’Impero e Ponza diviene un centro importante nonché, al pari di altre isole, la residenza forzata di personaggi scomodi.

Con la caduta dell’Impero romano d’Occidente, l’isola sembra perdere per alcuni secoli l’importanza strategica dell’epoca imperiale; tra il VII e il X secolo diviene sede monastica e subisce più volte gli attacchi, la distruzione e, forse, l’insediamento di gruppi arabi che così non perdevano il controllo delle coste del Tirreno centrale. Alla foce del Garigliano e nelle acque di Ponza, all’inizio del X secolo, i Saraceni attaccati da terra e da mare da una coalizione delle forze pontificie, bizantine e dei signori di Camerino, Spoleto, Benevento, Salerno, Capua, Napoli e Gaeta, subiscono dure sconfitte che li costringono alla ritirata e ad abbandonare l’arcipelago, allentando la pressione sulla costa.

Alle sconfitte subite dai Saraceni, segue un periodo di relativa tranquillità  e nelle ponziane tornano le comunità religiose.
Nel 1542 le isole passano al nipote del papa Paolo III, Alessandro Farnese. L’isola viene fortificata e, sicuramente, viene risistemata l’area portuale. Ponza riacquista un ruolo strategico e, sia pure con interruzioni, resta sotto il potere della Chiesa e dei Farnese fino al 1731 quando, estinti i Farnese, l’arcipelago passa ai Borboni. Questi iniziarono subito il ripopolamento dell’isola e si preoccuparono di dare a Ponza un grande porto che, su progetto integrale di Winspeare, fu terminato nel 1779.

Ponza mantiene anche con i Borboni il carattere di centro marinaro e il ruolo di pilone di un immaginario ponte che collega tra loro i paesi mediterranei. Ancora oggi un radio-faro guida il traffico aereo che dal sud del Mediterraneo si dirige verso nord e viceversa.

Di questa complessa e plurimillenaria storia restano tracce e vestigia che in questo secolo sono state oggetto di studi e rilievi,
Di epoca romana, oltre i resti di tre grandi ville (5), di strade e gallerie, di sepolcreti, di un mitreo e di grandi peschiere, si fanno ammirare imponenti esempi di strutture idrauliche diffuse su tutta l’isola, ma particolarmente concentrate nelle zone portuali.

Il presente studio esamina alcune di queste strutture che, per la loro efficienza e perfezione, e soprattutto per la loro dislocazione e per le loro dimensioni, fanno riflettere che Ponza sia stata, in epoca romana, la sede, permanente o di passaggio, di importanti flotte e, certamente, un approdo obbligato e costante per le navi da trasporto che facevano rotta da e verso Roma. Gli studi archeologici condotti sull’isola (De Rossi, 1986) hanno consentito di datare le ricche residenze, di cui restano ruderi nel vasto golfo portuale, ad età augustea.

 

(4) – Tricoli, 1855; p. 49

(5) – Per le ville romane di Punta della Madonna, Sant’Antonio e Santa Maria, cfr. De Rossi, 1986; pp. 64-128

 

Leonardo Lombardi

[Ponza. Impianti idraulici romani. (1) – Continua]


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