Ricorrenze

Questo ’25 Aprile’ raccontato ai giovani

proposto dalla Redazione

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La professoressa- scrittrice
Cari ragazzi vi racconto i mali del fascismo
di Viola Ardone – Da la Repubblica del 24 aprile 2014

Non esiste una terza via, se non la strada grigia dell’ignavia e della noncuranza

Care ragazze e cari ragazzi, in questi giorni avrete certamente sentito parlare di fascismo e antifascismo, di partiti e di partigiani, di celebrazioni e di censura. Forse questi discorsi vi interessano poco perché appartengono a un’epoca che non è la vostra, la televisione non la guardate neanche più, siete esseri digitali, viaggiate velocissimi sul web, la Storia per voi è una materia polverosa e un po’ sfocata da ripetere all’ultimo banco dieci minuti prima dell’interrogazione.

E anche la politica è lontana: parole, nomi e facce che raramente si interessano a voi, se non per dirvi che siete una generazione di viziati o di violenti, infragiliti dal benessere e dai social, salvo poi chiedervi il voto, quando è il momento, proprio attraverso i social che demonizzavano.

Non voglio farvi la lezione sul 25 aprile, quella sicuramente l’avete avuta in classe dai vostri professori. Voi avete annuito, sembravate convinti, avete atteso pazientemente l’ora successiva, il prossimo argomento, la prossima interrogazione.

Ma la verità, care ragazze e cari ragazzi del 2024, è che noi adulti non sempre sappiamo trovare le parole per spiegarci, e allora io voglio presentarvi alcuni vostri coetanei, i ragazzi e le ragazze che nel 1924 assistevano all’ascesa del fascismo con la incolpevole noncuranza di chi non conosce le conseguenze, di chi è ancora a monte della Storia.
Quei ragazzi si sarebbero trovati, venti anni dopo, in una delle strettoie più buie del nostro Novecento, avrebbero dovuto prendere una decisione per se stessi, per il loro presente e per il nostro futuro.
Alcuni scelsero di non scegliere, pensarono che fosse più conveniente tacere, attendere, capire che aria tirasse prima di schierarsi.
Altri, dopo il settembre del ’43, col crollo del fascismo e l’armistizio, restarono sotto le insegne del fascio ricostituitosi intorno alla Repubblica di Salò, fedeli all’alleato nazista che ci aveva spalleggiato in quella scellerata guerra, e furono corresponsabili di alcuni tra i più sanguinosi eccidi della nostra storia recente.
Altri si misero in spalla il proprio destino e si unirono ai gruppi partigiani. Tra quelli che decisero da che parte stare, care ragazze e cari ragazzi, c’erano sette fratelli antifascisti: Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore. Morirono tutti per mano dei fascisti repubblichini nel dicembre del 1943 a Reggio Emilia. Il loro babbo, Alcide, nel rievocare con dolore il loro sacrificio disse: “dopo un raccolto ne viene un altro, andiamo avanti”.

In mezzo a quelli che scelsero per sé e anche per noi c’erano pure i partigiani condannati a morte, che scrissero lettere piene d’amore ai loro familiari pur sapendo con certezza quale sarebbe stato il loro destino. “Mimma cara, la tua mamma se ne va”, scrive una partigiana alla vigilia della sua esecuzione, “sii buona, studia ed obbedisci sempre agli zii. Io sono tranquilla, quando sarai grande capirai meglio. Studia”.

Vedete, cari ragazzi e care ragazze, tra fascismo e antifascismo non c’è una terza via, se non la strada grigia dell’ignavia e della noncuranza. Il fascismo è stato un male radicale per la storia del nostro Paese, l’antifascismo invece la sua cura. Per questo motivo nella Costituzione il fascismo è bandito, mentre l’antifascismo è valore fondante, costituente, intrinseco, così come la libertà di espressione, di pensiero, di culto, di riunione.

Italo Calvino aveva poco più di vent’anni quando scrisse il suo primo romanzo, Il sentiero dei nidi di ragno, in cui racconta la lotta per la Liberazione attraverso gli occhi di un bambino che si unisce ai partigiani. Prima di uno degli scontri più duri, il partigiano Kim spiega la differenza tra fascisti e antifascisti e dice: “C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra. Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m’intendi? uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi, a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. L’altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori, perduti e inutili anche se vincessero, perché non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell’odio, finché dopo altri venti o cento o mille anni si tornerebbe così, noi e loro, a combattere con lo stesso odio anonimo negli occhi e pur sempre, forse senza saperlo, noi per redimercene, loro per restarne schiavi.”

È questo il fiore del partigiano, cari ragazzi e ragazze, lo stesso che ogni 25 aprile seguiteremo a portare all’occhiello della nostra democrazia.

 

[Di Viola Ardone, da la Repubblica del 24 aprile 2024]

 

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