Ambiente e Natura

Un abbraccio da un’isola sola

di Francesco De Luca

 

Aria che raspa il viso, questo viso bruciato dal sole salmastro, fa alzare il naso verso l’alto, sulla collina che gli abitanti degli Scotti pettinano a vino. Buono per contrastare l’inverno claudicante fra pioggia smodata e vento, inclemente come sempre. Trapassa fra i caseggiati del Porto, impensierisce i pescatori, preoccupati per la loro barca, nei tormenti delle onde agli ormeggi.

L’abbraccio fraterno accoglie Santantuono e Giancos, dove si è irritati per la la sabbia alzata negli occhi da quel levante che  scassa ‘u cazzo a tutte quante.

 

Si adagia sul colle laborioso e si intride della paciosa cordialità dei Conti. E, seguendo il rigagnolo del  lavo  giunge sulla ghiaia di Santa Maria. In faccia al sole. Quel sole che già i Romani predilessero per avervi edificato dimore imperiali.

Ma l’abbraccio è umano e cerca i volti dei paesani. Ascende perciò il vecchio sentiero e giunge sul pianoro, dove gli Inglesi scoprirono di poter dominare da lì gli orizzonti intorno. Tutta la costa nord degrada giù a mare: Cala Feola, Cala dell’ Acqua, Cala Fonte. Approdi risicati e impervi, da cui i Fornesi hanno tratto esistenza, rubandola al mare e lottando a mani nude con la durezza della terra.

Il mare, le secche, Palmarola e Zannone: presenze da cui strappare il sorriso di una ricca pescata, il compiacimento di una folata di dolce profumo di ginestra. Da Capo Bosco, dal colle Aprea, da Piana Incenso, dove le tortore trovano l’agio di un breve riposo nella traversata migratoria.

Isola propensa all’abbraccio, devota all’immagine di un vecchietto dall’espressione paterna, e in collera per i vicini in perenne litigio.

Chi ci vive lontano rapisce quest’abbraccio da foto datate, da racconti inattendibili, e sogna l’invito proveniente dall’ immensa distesa di mare, calmo come l’olio e luccicante per i riflessi del sole, infastidito dai lamenti dei gabbiani voraci.

Chi ci vive in presenza la rapina. La ama e la detesta. Ma dell’abbraccio non può fare a meno. E sentire il grido liberatorio degli alunni che escono dalla Scuola sulla Parata, il gallo di Peppe insolentire il rione, il raglio dell’asino sulla contrada dei Conti, l’ingiuria di Massimo verso la risacca insidiosa per la sua barca, e la stessa maledizione fuoriuscire dalle labbra di Veruccio in ansia per il natante che trica  alle bordate delle onde, e chi sa se l’ancora tiene.

Un abbraccio scapigliato per il vento imperante, che è angoscia e diletto. Affascina e  impaurisce, e ‘u vastaccetto imperturbabile accusa gli schiaffi del ponente e resiste, mentre i campanellini delle eriche in silenzio inviano al cielo la loro preghiera: che l’isola attesti la sua umanità !

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