Ischia

Programmazione imperativa o coercitiva: il massimalismo possibile

di Giuseppe Mazzella di Rurillo

Può capitare anche ad un buon giornale di media tiratura ed a diffusione regionale, cosiddetto “panino” di un grande giornale, l’errore vistoso di pubblicare due volte con due titoli diversi e con il rilievo di un editoriale uno stesso articolo. È capitato al Corriere del Mezzogiorno allegato del Corriere della Sera.

Giovedì 1° settembre 2022 il Cormez apre con un editoriale del prof. arch. Attilio Belli, collaboratore fisso del giornale e una delle voci più alte dell’Urbanistica italiana, dal titolo: “La necessaria stagione riformista”.

Giovedi 8 settembre il Cormez apre con lo stesso articolo ma gli dà un titolo diverso: “Urbanistica ai tempi del voto”.

Seguo con attenzione le puntuali osservazioni del prof. Belli ed avevo messo da parte dopo una attenta lettura l’articolo perché ne volevo fare – come faccio ora – una riflessione naturalmente sul Caso dell’isola d’Ischia e sulla Ricostruzione post-terremoto soprattutto di Casamicciola dopo il 21 agosto 2017.

L’isola d’Ischia è un caso emblematico della mancata pianificazione territoriale in  Italia poiché ha avuto uno sviluppo economico eccezionale nel secondo dopoguerra senza avere uno strumento urbanistico che l’Accademia chiama con un eufemismo “tutela attiva” del territorio rispetto alla “tutela passiva” che è quella di divieti, vincoli, restrizioni, negazioni e chi più ne ha più ne metta.

Su questo tema abbiamo scritto fiumi di inchiostro e ne abbiamo fatto la ragione editoriale de Il Continente, come emerge dai sei numeri dati alle stampe dal 2017 a oggi.
Mi auguro che l’errore del Cormez sia stato quasi voluto per diffondere ancor meglio le riflessioni del prof. Belli che rispetto molto ma che mi trovano su posizioni opposte soprattutto perché ritengo che “la pianificazione territoriale non è disgiunta dalla Programmazione Economica. Sono due aspetti della stessa medaglia” ( Foà-Sylos-Labini; 1963 – Idee per la Programmazione Economica).
Credo che l’Urbanistica sia diventata una scienza astratta, di bei disegni irrealizzabili, proprio perché non è stata adeguatamente legata all’Economia ed alla Finanza oltre che alla capacità degli amministratori dei Comuni dai quali doveva partire l’esigenza di buon governo del territorio.

Non può esistere in una economia di mercato una tutela passiva da una attiva. I due percorsi debbono andare insieme e se così non è, l’abusivismo diviene la strada  necessaria o obbligata o addirittura il metodo.

Il prof. Belli – per spiegare lo storico cammino dell’Urbanistica italiana voluto soprattutto dalla “sinistra” – stabilisce due percorsi: uno massimalista ed uno riformista.
Fra i massimalisti – quelli che volevano un piano urbanistico “coercitivo” cioè imposto dallo Stato o dall’Ente locale delegato, Belli inserisce Antonio Cederna e gli amici de Il Mondo di Mario Pannunzio che negli anni ’50 del ’900 iniziarono le grandi battaglie per l’ambientalismo e contro la cementificazione selvaggia di città e paesi – mentre tra i riformisti Belli inserisce Giuseppe Campos Venuti favorevoli ad una pianificazione concertata fra tutti i soggetti pubblici e privati interessati ad uno sviluppo equilibrato che oggi si direbbe “sostenibile”.

Belli per la nostra Campania propone una strategia “riformista” per l’urbanistica: “capace di definire in un dibattito pubblico allargato la sua articolazione, le azioni proposte per la rigenerazione  del territorio… evitando giudizi facili e superficiali”.

La strategia riformista sarebbe la più logica, civile e democratica ma purtroppo non ha prodotto negli ultimi 55 anni alcun risultato pratico. Sarebbe buona cosa avviare una “programmazione strategica” come propone il gruppo di intellettuali promosso dal prof. Raffaele Porta per l’isola di Procida che ha promosso un Osservatorio per la tutela e lo sviluppo sostenibile che a sua volta l’operatore di sviluppo locale, Osvaldo Cammarota, ha proposto l’estensione a tutta l’area flegrea da Bagnoli ad Ischia.

La Programmazione strategica è stata proposta circa 20 anni fa dall’economista prof. Carlo Trigilia nel suo “Sviluppo locale” cioè “un processo di cooperazione volontaria tra diversi soggetti pubblici e privati che insieme mettano a frutto un percorso di sviluppo condiviso”. Ma già “i patti territoriali” avviati negli anni ’90 si sono rivelati un fallimento e sono finiti nel dimenticatoio dei libri dei sogni.

Il caso dell’isola d’Ischia diviene quindi un “caso nazionale”: sono stati costruiti almeno 100 mila vani in 50 anni senza un Piano Regolatore Generale.
Per la ricostruzione dopo il terremoto del 21 agosto 2017 di Casamicciola, Lacco Ameno e Forio è stato previsto dal legislatore nel 2018 un Piano di Ricostruzione mai redatta, mai avuto un “dibattito pubblico allargato” ma solo dichiarazioni di propositi dell’assessore regionale all’ Urbanistica, Bruno Discepolo, e del vice presidente Fulvio Bonavitacola che hanno annunciato il piano per il 25 aprile 2022, poi per il 20 agosto ed ancora annunciato nella conferenza stampa del 22 agosto con il Commissario  Governativo alla Ricostruzione, Giovanni Legnini, per questo mese di settembre per poi “approvarlo in Giunta regionale ad ottobre”.

È evidente che si tratta di un “Piano segreto” di cui la pubblica opinione non sa nulla e non partecipa per nulla. Questo Piano segreto non rientra né nel massimalismo né nel riformismo delineati dal prof. Belli ed è iscrivere non solo alla babele legislativa esistente ma anche alla totale incapacità degli amministratori regionali e comunali che ci ritroviamo, con la “sconosciuta presenza” del sindaco metropolitano, Gaetano Manfredi, che probabilmente non conosce nemmeno i luoghi che dovrebbero essere oggetto di ricostruzione tanto che le strade ex-provinciali ora metropolitane – la storica via Borbonica e la modesta via Spezieria – sono ancora a cinque anni dal terremoto parzialmente occupate da macerie tanto da richiedere semafori e pali di ferro e legno per ingabbiare i muri delle case con pericoli di crolli.

Ed allora la storia insegna che la Pianificazione è tale solo se è coercitiva o imperativa. Se lo Stato o l’Ente delegato – sentiti tutti – assume il coraggio della scelta di fabbricazione e di sviluppo ed indica i tempi e le risorse finanziarie per gli interventi pubblici e privati. Tutto il resto è immobilismo o parlare nel deserto.
E le speranze che non si colorano di realtà sono illusioni.

(*) Giuseppe Mazzella, direttore de Il Continente
Casamicciola, 9 settembre 2022

Clicca per commentare

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top