di Lorenza Del Tosto e Tea Ranno
Succedono cose strane nella tua vita di signora col taccuino, succede, per esempio, che un giorno ricevi su Facebook il seguente commento a un post:
Ho comprato il suo libro AMURUSANZA perché trovandomi in libreria mi sono imbattuta in esso leggendo il suo nome che per me è importante, mio marito era Matteo Ranno chiamato da me Teo e mi è sembrato un segno del destino! Libro bellissimo che ho letto in una notte e stasera leggerò TERRAMARINA! Non ho più mio marito da quattro anni.
A proposito, vivo in un paesino in provincia di Catania e sembra quello del libro.
Arriva questo commento al post e ti commuovi, perché davvero nel mondo tabbacchero non si muore mai, ma anche ti sorprendi: il tuo nome non è semplicemente Tea, com’è scritto sulla copertina dei tuoi romanzi, Tea è il diminutivo di Mattea, perché tu porti – seconda la tradizione di famiglia – il nome di tua nonna, Mattea, meglio conosciuta come Mattiuzza.
Il fatto ti sembra così particolare, il messaggio così pieno d’amurusanza, che ne parli con i tuoi amici, e Lorenza – in perfetta sintonia emotiva col mondo dei cunti – ci imbastisce una storia e te la invia: “Per te, Tea”.
E tu ti emozioni, certo che ti emozioni, e pensi che anche questa è amurusanza, conferma del fatto che la vita sa sempre regalare felicità, anche quando zoppica, anche quando si fa amara: un francobollo, una stizza, una briciola di felicità, un abbraccio quando è impossibile abbracciarsi.
Grazie Gaetana, grazie Lorenza.
Tea Ranno
La fuitina
di Lorenza Del Tosto
Un mistero la frenesia che l’ha presa oggi di salire in macchina. Dio solo lo sa quanto l’ha odiata quella Yaris quando suo figlio Piero gliela ha portata con tanto di aria condizionata. “Mamma ora con il Covid, se non posso venire io a portarti in giro, tu devi essere autonoma”. Le era sembrato un atto di arroganza lì al paese andarsene in giro con i finestrini chiusi e l’aria fresca dentro, è come dire agli altri: “Io con voi non ci voglio parlare, io sto bene chiusa qua dentro con i miei pensieri”. Che poi non c’è mica bisogno di chiudersi in macchina per pensare.
Sono quattro anni che pensieri e ricordi le si affollano in testa e le sono di intralcio e con il Covid è ancora peggio, allora si mette a stirare, a lavare, ascolta la radio, riordina gli appunti sui suoi studenti, le ricette e i consigli da dare a sua figlia quando la sera le telefona. E si sentono i bambini che gridano e ridono o piangono in sottofondo. Brutto il Covid con i bimbi piccoli in casa e lei vorrebbe tanto trovare parole per aiutare sua figlia. Ma tutte quelle lezioni sul video, tutte le parole in TV le hanno fatto perdere il filo, mischiare le carte e finisce la sera per dire a sua figlia le cose che vorrebbe dire a Lucia l’allieva nuova, sempre taciturna, sempre stanca, ha qualcosa che non va quella ragazza.
Ultimamente, però, non riesce a dire niente a nessuno. Le sembra di incespicare nei suoi pensieri, da quando Teo non c’è più, da quando non può più parlare con lui che sapeva riordinarli e, con le parole, sembrava stenderli al sole ad asciugare, così chiari e luminosi, essenziali diventavano i suoi pensieri come i semi delle zucche che spaccavano e mettevano ad asciugare al sole.
Ora che non può più parlarne con suo marito i pensieri sono come quella mucillagine di semi e poltiglia nel cuore della zucca. Una massa umida e fetida.
Ma oggi alle 15.30 ora locale, la mano sul ferro da stiro, la finestra aperta sulle strade deserte del dopopranzo, neanche un rumore, neanche una stoviglia che cade a terra, all’improvviso ha smesso di pensare, fuggiti via i pensieri, si è sentita la testa vuota, piena di vuoto. L’ora morta come un mulinello di foglie morte. Si è avvicinata alla finestra aperta, e quel mulinello è diventato un vortice che premeva, premeva per trascinarla giù.
Un salto nel vuoto.
È stato allora, alle 15.38 ora locale, che una presa gentile, ma ferma – o forse solo un colpo di vento? – l’ha tirata via dalla finestra. Le ha messo in mano le chiavi della macchina. E lei ha sentito i suoi passi giù per le scale, giù per la strada così forti che di sicuro avranno svegliato tutto il paese dalla pennichella, tutti i paesi fino a Catania. Cosa è questo fracasso? Dove sono finite le buone maniere? Si saranno chiesti rivoltandosi e annaspando sotto lenzuola sudate di lino.
Dove è che ha parcheggiato? Fa caldo e suda, suda. Un sollievo l’aria condizionata. Visto che le strade sono deserte è libera di andare dove vuole, nessuno che la spia nessuno che dica “Ma dove va questa vedova stralunata, dove va con tutto questo Covid in giro?” Per questo lei si obbliga ad usare la macchina solo per andare in posti seri, ora che Piero non la può accompagnare, supermercato gommista caseificio. Lei non ci capisce niente di strade: era sempre Teo che guidava e lei, seduta accanto, gli leggeva qualche pagina. “Come leggi bene”, diceva Teo e le stringeva veloce la mano prima di rimetterla sul volante.
Da quanto tempo non legge più? Ha paura di trovare quelle frasi così belle e di non poterle leggere a nessuno. Ai suoi studenti sì ancora potrebbe e a quella ragazza taciturna, ma sullo schermo sono tutti distratti. Sua figlia la sera figurarci se ha tempo di starla ad ascoltare.
Le mani che l’hanno strappata dalla finestra ora sono lì sul volante, sono loro che guidano per lei. Sì, di sicuro è qualcuno che guida per lei. E lei le lascia guidare, la strada riempie quel vuoto che ha in testa, non si è mai spinta così lontano da sola, questa è la strada che faceva Teo, non credeva neanche che avrebbe saputo ritrovarla, come è arrivata qui? Che sollievo essere fuori di casa, ama tanto casa sua, ma ora è fuori, fuori che vuole stare adesso.
Guarda che scorcio di mare. Si ferma un istante, scende dalla macchina e si inebria e senza pensarci, senza accorgersi che lo sta facendo, prende il telefono e manda un messaggio alla ragazza taciturna: “Come stanno andando le tue vacanze?. Poi resta lì a guardare il mare e ha l’impressione che ci sia qualcuno accanto a lei che ora preme perché lei risalga in macchina. Perché non lo sapeva ma, lei e queste mani che la guidano, stanno andando da qualche parte ed è una bella sensazione. Sono quattro anni che non va da nessuna parte, cioè lei esce, ma tutto: la scuola, la spesa sono solo scuse. Sono quattro anni che esce solo per tornare a casa in fretta.
Dio santo ma sta per arrivare in città, le ha sempre messo paura andare in città da sola, cercare parcheggio e la gente che fa i gesti dietro “Perché non ti sbrighi e che esci a fare vecchia rimbambita?” e i motorini che ti stringono e quelle facce nei caschi che proprio non ti piacciono. Da qualche tempo si sente male nel suo corpo, nei suoi vestiti e tutti gli sguardi sembrano ricordarglielo.
Ma niente inversione. Nossignore. Continua imperterrita, a tutta birra, verso la città, le mani sul volante guidano sicure, ecco un parcheggio la macchina ci scivola dentro. Vorrà dire che farà un giro.
Scende dalla macchina e la chiude. Ha paura certo, ma che le può succedere? Camminerà discosta, con doppia mascherina, non entrerà da nessuna parte. Ma che bello vedere gente, le strade che si rianimano, è bellissimo qui, si siede al tavolino di un bar lontana dagli altri. Guarda la gente passare e sorride a tutti, le sembra che le mani che hanno smesso di guidare stiano girando lo zucchero nel caffè accanto a lei. Le indicano i dettagli. Lei ride da sola.
È arrivato un messaggio: “Salve prof” – Non immaginava che la ragazza taciturna avrebbe risposto subito – “Come sta? Io mi annoio”.
Lei invece no, le sembra che il mondo oggi la richiami, la rapisca. Si alza. Oggi è così frivola che si ferma a guardare anche le vetrine, ad annusare i profumi, che diavolo le passa per la testa? È l’euforia del dopo Covid.
Ed ecco la libreria, ecco ci venivano sempre qui, non credeva che l’avrebbe ritrovata. Adesso i libri glieli ordina Piero su Amazon, non sono più sicure le librerie, i libri le arrivano a casa, quelli che lei gli chiede, e altri che lui crede possano interessarla. Certi libri tristi sceglie suo figlio per lei solo perché è professoressa deve leggersi queste lagne? È così che la vede suo figlio, che la vedono tutti? Una vedova triste e minacciata dal Covid? Ma per carità.
“Vieni, vieni”, le dice una voce,“vieni”, la guidano quelle mani. Che l’hanno salvata “Tira su la doppia mascherina ed entriamo. Troviamo qualcosa di bello”.
Deve essere colpa di quella pila di libri che le ha ordinato Piero se le si è svuotata la testa prima a casa. Saggi le ha ordinato. Una storia del virus. Un trattato di botanica. E una sull’impatto dell’orma di carbonio. Bisogna tenersi aggiornati. Sono tutti terrorizzati che lei si rimbambisca.
Ma che bello qui, che delizia questi profumi di carta e i titoli e i colori delle copertine e non comprerà niente, non vuole far sapere che è entrata in una libreria al chiuso: i germi, il virus, i nipoti che hanno perso il nonno e ora mamma, non vorrai mica che perdano anche la nonna?
No, no lei è entrata in libreria di nascosto, solo per quelle mani che la tiravano. Gira e sta già per uscire si sente in colpa, solo un altro giro, si disinfetta di nuovo le mani, solo un breve ultimo giro per sentire il profumo della carta, ma quanta gente c’è ora qui, è bello che la gente sia tornata, sorride, sta per uscire ma le mani che l’accompagnano le ostruiscono l’uscita. “Prendi qualcosa da portarti a casa qualcosa che riordini i pensieri. Qualcosa per la tua allieva taciturna”.
Cosa ha in mano quella ragazza? Una ragazza così bella leggerà qualcosa di bello. C’è un nome appollaiato in cima alla piccola pila tra le braccia della ragazza. Ranno? No. No. Non può essere. Oggi è la testa che le fa brutti scherzi. Si avvicina fin troppo alla ragazza. Sbircia nella pila. Legge.
Tea Ranno Amurusanza
Qualcosa gongola, qualcosa ride.
“Come potevo non prenderlo?” – dirà a Piero – “Ranno, come Teo, come noi…”. Come la gioia, come la vita mia.
“Scusi dove l’ha preso?” – Le si spezza la voce. La ragazza sorride, indica una pila.
Afferra il libro. Corre alla cassa prima che l’incantesimo scompaia. E al posto di Ranno venga fuori qualche brutto, anonimo cognome.
Paga ed esce, non vuole guardare il libro prima di tornare a casa. Ha paura di essersi confusa che magari questa Tea Ranno sia una famosa esperta di problemi ambientali, una grande saggista, sì c’è scritto qualcosa sul risvolto: il problema del petrolio? Dio mio santo, un altro saggio mi dovevi mandare, Teo? Ma non importa. Corre in fretta verso la macchina. Che dirà la gente al paese se non la vede tornare? Cosa sarà questa scienza dell’Amurusanza. Hanno scoperto che l’Amurusanza uccide il virus, stai a vedere, meglio del vaccino. Chissà. Cammina con il cuore pazzo, si è persa e quando trova la macchina è stanca morta. Ma sulla strada non resiste, si ferma davanti al mare. E legge, legge e si ubriaca. Calma. Ora deve rientrare. Che dirà la gente?
Sua figlia è impazzita al telefono.
Avevo il cellulare scarico. Una riunione a scuola.
A scuola? Con il Covid?
Niente, niente ho lasciato il cellulare in macchina.
“Stasera io e papà leggiamo L’amurusanza, è una serata intima”, avrebbe voluto dirle.
Ora che si è stesa sul divano e legge e le mani che l’hanno guidata le sfiorano la testa e le accarezzano piano i capelli. È così che faceva Teo.
Ma meglio non dire niente ai figli. Meglio non dire a Piero che ha trovato pagine che la fanno volare, mentre suo padre le accarezza la testa. “Si preoccupano tanto, hanno il terrore che mi rimbambisca”.
Si allunga a prendere il cellulare. Manda un messaggio: “Buonanotte Piero, sono già a letto con il saggio sul carbonio”.
Non ha ancora risposto alla ragazza taciturna. Le scrive di getto.
Le dà appuntamento in città. Domani. In quel caffè. Si siederanno lontane e con doppia mascherina. Le regalerà questo libro. La scusa per tornare in libreria, perché no? Questa Tea ne avrà scritti altri di libri o no?
E se fossero dei saggi? Pensa con un istante di paura.
Che importa? Le mani, sui suoi capelli le fanno un riccio, con una ciocca.
Questa scienza dell’Amurusanza non si finirà mai di studiarla.
Patrizia Maccotta
10 Agosto 2021 at 15:50
Ma che tenera e incredibile storia e che tenero racconto della storia in una storia! Vita vera e vita nella scrittura (in fondo vita vera anche essa) in una composizione in ‘abîme’ dei fatti e dei nomi.
Mi è piaciuta molto molto. Grazie!
Ornella Cacciò
12 Agosto 2021 at 10:35
Grazie… ho letto con estremo piacere questo intreccio di racconti. Già il messaggio della signora che ha riconosciuto il nome del marito nel nome dell’autrice era una piccola perla, il racconto successivo inanellato su questo ha completato la delicata avventura letteraria. A questo punto mi resta solo la curiosità di leggere ‘L’amurusanza’ il libro che ha suscitato questa piacevolissima spirale.
Tea Ranno
12 Agosto 2021 at 16:37
È scritta al femminile, ma vale per tutti.
Un abbraccio siciliano, molto accaldato.
Preziosa sei
amica mia
bussola
quando il tempo sbanda
preziosa la vicinanza
il riserbo
la mano che ferma
giramenti di mondo e
vertigine di passo strammo
amica
ché quando notte
non vuole giorno
tu vieni
e spalanchi
il sole