di Davide Zeccolella
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E’ un piacere ricevere messaggi di lettori occasionali del sito che ci chiedono di pubblicare loro scritti o memorie:
– Ma siete interessati solo a Ponza, o vi interessano anche altri contributi?
– Certo che sì! Mandi, mandi...
Il contatto è di oggi: “cotto e mangiato”, come si dice!
La Redazione
“Lu guarracino (*) che jéva pe’ mare
le venne voglia de se ‘nzorare
Se facette ’nu bello vestito
de scarde de spine pulito pulito…”
[Tarantella popolare di autore anonimo; famose le versioni di Sergio Bruni (1956) e di Roberto Murolo (1984]
È un inverno particolarmente piovoso, dalla sua casa procidana di Solchiaro, Pasquale (**) attende paziente la fine dell’ennesima perturbazione atlantica annunciata dal libeccio.
Da buon contadino pensa già alle semine primaverili del prossimo mese di marzo da fare nell’orto, e come ogni anno mi ricorda come un monito: – a san Giuseppe mìttete ’u cappotto e semina! – , anche con il freddo.
Visto così potrebbe sembrare un uomo d’altri tempi, e in effetti non perde occasione di ricordare di aver vissuto “in un’altra epoca e in un altro mondo”.
Non che ne abbia nostalgia, ma sottolinea, e a ragione, i colossali cambiamenti vissuti negli ultimi 80 anni di fronte ai quali si è posto sempre con curiosità e voglia di imparare. Se a 10 – 11 anni cercava di capire il funzionamento dei primi motori giunti con gli americani, oggi si diverte alla guida della sua nuova auto elettrica o a studiare come rendere autonoma la casa dal punto di vista energetico.
Tuttavia, quando qualcosa va storto, e in questo il libeccio è un valido aiutante, Pasquale non le manda a dire: – Voi giovani non avete idea! Se dovessi raccontare certe cose mi prenderebbero per pazzo, per un marziano! Noi non avevamo le scarpe ai piedi, la Chiaiolella alle 11 del mattino in piena estate era un deserto!
In effetti i cambiamenti sono stati tanti, quest’uomo alla fine non chiede altro che essere ascoltato senza giudizi e con un po’ di comprensione; pensa al futuro ma è ben radicato nel passato verso il quale pretende enorme rispetto. Mi ricorda i racconti dei miei nonni, nati qualche anno prima di lui.
Dalla finestra di casa la vista spazia dalla punta di mezzogiorno di Vivara fino alla punta di san Pancrazio a Ischia, il libeccio rinforza, forse è il momento adatto per farmi raccontare la “storia dei guarracini”, piccolo pesce mediterraneo comune lungo le nostre coste, butto sul tavolo l’argomento e… Il volto di Pasquale torna sereno e si accendono i ricordi su quel mondo antico fatto di fame, privazioni e cose genuine.
Eeeh! ’a storia d’i guarracini…!
“Devi sapere, caro Davide, che agli inizi degli anni ’50 del secolo scorso, avevo 11 – 12 anni, per aiutare economicamente la mia famiglia, una estate andai a lavorare con alcuni pescatori anziani della Chiaiolella che utilizzavano come strumento di pesca ’a guarracinàr’, formata da due semicerchi di metallo che poi si univano (raggiungeva i 5 – 6 metri di diametro) e reggevano una rete a forma di cono chiusa nella parte bassa. In genere i pescatori della Chiaiolella pescavano da dicembre a marzo ’n’gopp a secca re Ischia (il banco di Ischia) soprattutto dei pesci che chiamiamo retunn’, poi dopo marzo facevano un altro tipo di pesca o andavano a pescare a Trieste per la buona stagione. Restavano i giovanissimi e i vecchi che si dedicavano alla pesca dei guarracini per portare qualcosa da mangiare a casa, e questi si pescavano fòr’ ’a pònt’ ri muoneche, fòr’ ’a palummàr’, fòr’ ’a pònt re succèr’ (punta dei monaci, palombara, solchiaro).
Nella guarracinara, che si adagiava sul fondale anche a 20 – 30 metri, si calava una cima che portava degli anelli ai quali venivano legati degli scheletri (carapace) di granchi, che noi chiamiamo rance cràpe (granceola), riempiti cu’ ’a vrenn’ (crusca) e sarde spestàte che facevano da esca… il pescatore di poppa ordinava “portami a picco!” sulla verticale della rete, strattonava la cima, si liberava l’esca e accorrevano i guarracìn’, i retunn’, re furatan’ (***) ecc… A quel punto le altre persone dovevano tirare la rete il più presto possibile, ed erano dolori alle mani!”.
Pasquale non si ferma più nel racconto, ormai è in mezzo al mare di settant’anni fa e io non ho ancora capito a chi vendevano questi guarracini. Intanto il libeccio con le sue schiarate regala anche qualche arcobaleno che tenta di distrarmi, ma una voce decisa interviene…
Davide! Ma tu ste capènn?! Cosa facevo a 11 – 12 anni!?
Il pescato poi si vendeva in parte a Procida e in parte a Ischia, a Ischia ponte, poiché gli ischitani erano bravi contadini ma non altrettanto bravi in mare. E finché si restava a pescare intorno a Procida e a vendere a Ischia ponte la fatica era sopportabile. Pensa che un giorno di luglio i pescatori anziani del gruppo decisero di andare a pesca a Sant’Angelo di Ischia. Si impiegavano due ore a remi per arrivarci (i motori non esistevano); partimmo in 4 alle ore due di notte da Procida e arrivammo all’alba a Sant’Angelo dove iniziammo a pescare. Dopo un’ora circa, fatta una buona pescata, due anziani del gruppo sbarcarono sull’isola e attraversarono le campagne di mezza Ischia, diversi chilometri a piedi, con l’intento di vendere un po’ di pesce…li recuperammo qualche ora dopo a Ischia ponte, sull’altro lato dell’isola, carichi di fichi e uva. E non era finita! Solo verso mezzogiorno rientrammo alla Chiaiolella, a Procida, dove finalmente potei fare un bel bagno a mare in modo da rientrare abbastanza pulito a casa senza ’a puzza ri guarracini ‘n’guodd e con 50 – 100 lire di guadagno.
Hai capito Davide!? Queste cose se le racconto a un ragazzino di 12 anni di oggi… non mi crede! O non mi ascolta nemmeno, è un altro mondo!
Il vento sembra dare un po’ di tregua, un caffè riporta Pasquale nel ventunesimo secolo, bisogna andare al porto a controllare se il barchino è a posto. lo vedo a suo agio alla guida di una moderna auto elettrica e forse in cuor suo non smette di ringraziare san Giuseppe per aver visto tanti cambiamenti nel corso della sua vita, di sicuro non rimpiange le lunghe traversate a remi.
A sera squilla il telefono, è Pasquale! Nel raccontare il suo mondo antico teme di non essere stato chiaro e chiede sospettoso: Davide!? …Ma tu sai che so’ i guarracìn?!
Note
(*) – Guarracino (Chromis chromis), conosciuto comunemente come castagnola, è un pesce d’acqua salata appartenente alla famiglia Pomacentridae. Piccolo e spinoso, non particolarmente apprezzato per uso alimentare
(**) – Pasquale Scotto di Cesare
(***) – Furatàne, nome dialettale dello sciarrano (Serranus scriba), simile a una perchia (Serranus cabrilla), ma con il muso più appuntito; appartenenti entrambi alla famiglia dei Serranidae
Ecco Pasquale del racconto, quando era ragazzino
Immagine di copertina. Procida, il giorno del racconto; inviata dall’Autore