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Qualche giorno fa, parlando con uno studente, consigliavo di sottolineare le parole di cui non si conosce il significato e di cercarle, per arricchire il proprio linguaggio.
– Conoscere molte parole aiuta a costruire il pensiero, affinarlo, affilarlo…
Credo mi abbia cordialmente mandato a quel paese. Anche io avrei fatto lo stesso alla sua età.
Da poco, ho arricchito il mio vocabolario con una nuova parola che non conoscevo: Delazione, ossia: “L’atto di denunciare segretamente, per lucro, per servilismo o per altri motivi, l’autore di un reato o di altra azione soggetta a pena o sanzione, o di fornire comunque informazioni che consentano d’identificarlo” (treccani.it).
Capite bene perché non faceva parte del mio vocabolario. In Sicilia, il suo significato non esiste e, non esistendo il significato, non esiste neanche la parola.
Come il verbo abdicare. Chi lo usa? Solo il Papi e i re… e neanche tutti…
In Sicilia esiste un’altra parola: Omertà, ossia: “quella solidarietà che, dettata da interessi pratici o di consorteria (oppure imposta da timore di rappresaglie), consiste nell’astenersi volutamente da accuse, denunce, testimonianze, o anche da qualsiasi giudizio nei confronti di una determinata persona o situazione” (treccani.it).
Omertà e Delazione, dunque.
È da mesi che rifletto sulla relazione tra queste due parole. Sono il contrario l’una dell’altra? Sono le patologie rispettivamente di Comunità e Società (Gemeinschaft und Gesellschaft)? Il loro significato è positivo o negativo?
Questo mascherone in bassorilievo è una sorta di buca delle lettere anonima che si trova sul Palazzo Ducale a Venezia. Era destinata a raccogliere delazioni che rivelassero chi occultava cariche o altri privilegi, o partecipava ad occultarne la reale redditività, evidentemente a fini fiscali (da Wikipedia)
Difficilissimo per me sciogliere la matassa. Ho imparato dalla mia città cosa è l’omertà e dalla mia famiglia come si combatte. Tuttavia, la delazione mi sembra ancor peggio.
Per il singolo che si oppone a un sistema omertoso, la denuncia è lo strumento di lotta e di tutela per rivendicare i propri diritti. In un sistema delatorio, la denuncia è essa stessa strumento di prevaricazione.
E cosa succede quando in una comunità la patologia è la delazione e non l’omertà?
Non so rispondere. L’unica cosa certa è che sono sempre i poveracci a subirne le conseguenze.
Francesco De Luca
20 Marzo 2020 at 12:38
Voglio intrattenermi con l’amico Riccardo su questo argomento che mi pare interessante. Presento le mie convinzioni.
1 ) Credo che sia l’omertà sia la delazione siano comportamenti normali negli uomini. La valenza (morale o immorale) dei comportamenti, e quindi se siano giusti o da disprezzare, penso che attenga alle circostanze in cui compaiono, al contesto sociale in cui si esprimono, alle inclinazioni morali del soggetto che le manifesta.
2 ) Ne deriva che una società in cui predomina l’omertà non sia migliore di quella in cui predomina la delazione. E viceversa. L’eccesso declassa la loro ‘normalità’ e li rende comportamenti umani inficiati di ‘patologia morale’.
3 ) La loro presenza eccessiva, e perciò patologica, nel corpo sociale è in derivazione del sopruso e/o della corruzione dominanti. In condizioni normali l’omertà può significare favoreggiamento, condivisione, e dunque senza alcun alone di colpa. Allo stesso modo la denuncia per il bene sociale ha valenza positiva. Così, lì dove c’è sopruso, la delazione è un atto possibile per combatterlo.
Ponza, tanto per non parlare dell’iperuranio, ha sofferto per lunghi periodi di soprusi di funzionari amministrativi, e ha fatto proliferare all’interno delle relazioni sociali la delazione anonima. Il degrado morale della società isolana non peggiorò giacché la corruzione e il sopruso l’avevano gettata già in basso. La mala pianta della delazione anonima aveva attecchito in un terreno di bassezza morale favorito dal Potere e generatosi nei soggetti più abietti.
Ove le Istituzioni operano correttamente i rapporti sociali si manifestano correttamente.