di Pasquale Scarpati
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Qualcuno disse che la storia non si fa né con i se né con i ma. Sicuramente voleva intendere che gli avvenimenti storici sono e restano quelli che sono.
Ottaviano vinse ad Azio ed il corso della storia cambiò; Carlo Magno fu incoronato imperatore dal Papa e successe il “guazzabuglio” medioevale; Napoleone fu sconfitto a Waterloo e l’Europa ebbe un nuovo assetto ma anche nuove idee. Garibaldi vinse al Volturno e la Penisola venne unificata dopo 1300 anni e così via.
Quindi, a mio avviso, sotto questo profilo la storia è come la matematica dove 2 più 2 fa 4 e non fa né 3 e tre quarti né 4 e un quarto.
Se, però, cominciamo ad analizzare le cause e poi le conseguenze di quel determinato evento e cioè ci chiediamo il perché, ognuno ha detto e dirà la sua dal suo punto di vista.
Voglio intendere che tutto si basa: a) sui documenti ritrovati; b) sul periodo in cui lo studioso è vissuto e da quale “angolazione” ha visto gli eventi.
Così ad esempio Svetonio che stava dalla parte degli ottimati ci dipinse Nerone in una determinata maniera, così una certa storiografia ci ha dipinto la parte a cui apparteneva e di conseguenza la parte avversa.
La verità sta nella conoscenza non di quello che ci viene propinato a vario titolo ma di ciò che si cela o si tenta di celare.
Trovare, però, ciò che si cela è difficile e quand’anche lo si è trovato lo si può interpretare, per vari motivi, ancora una volta a modo proprio. In modo infinito.
Mi sovviene quel simpatico racconto di Achille Campanile (1899-1977), La lettera di Ramesse, in cui ognuno interpreta le parole e i fatti a modo proprio (leggi nel file .pdf in fondo all’articolo).
L’importante, secondo me, è parlarne, discutere ragionando e cercare una soluzione. Quando, infatti, si accusa un dolore e non ci si sente bene, che cosa si fa? Si corre dal medico, dallo specialista per trovare se possibile una soluzione al problema. Il medico dà la cura, molte volte a ragion veduta, cioè dopo aver controllato analisi, RM e TAC, e ogni altra cosa che la scienza mette a disposizione o semplicemente guardando la gola. Ma quella non è detto che sia immediatamente efficace anzi può risultare del tutto inefficace. Allora lui tenta un’altra cura fino ad imboccare strade anche potenzialmente più pericolose. Bisogna però avere coraggio di dire al medico di imboccare anche quest’ultima strada. Se si ha paura, la conseguenze potrebbero essere disastrose ed irreversibili. Non si vuole fare lo stesso per salvare e poi salvaguardare o viceversa ciò che ci rimane dell’ambiente che ci circonda? È troppo difficile o si pensa che sia un corpo che non ci appartiene? Oppure si pensa che possa guarire da sé, senza che si faccia nulla?
Ma se non si fa niente qualcuno potrebbe pensare che si è come il “malato immaginario”: tutto ciò di cui lui si lamenta non esiste; oppure si spera che, pur fingendo, siano sempre gli altri a venire in nostro aiuto come filantropi, senza scopo di lucro. Perché, allora, se l’Isola accusa sofferenza (così mi pare di aver letto) non si comincia a trovare una qualche soluzione?
Uno degli “accidenti”: negli ultimi tempi si stanno verificando numerosi crolli di pareti lungo la costa. Essi si sono sempre verificati ma, a quanto pare, sono divenuti, forse, più frequenti e numerosi rispetto al passato. Due sono le considerazioni: o gli antichi non ne hanno fatto menzione, ritendo, forse, che fosse una cosa di poco conto (fiumi straripanti, senza argini, e pareti crollanti erano all’ordine del giorno) oppure oggi ci sono altre cause che “stimolano” le pareti a scendere a mare… più frequentemente. Se si è fatalisti si dirà: così è se vi pare. Chi, però, cerca altre cause deve, per forza di cose, rapportarsi al passato quando non solo le parracine erano ben tenute ma soprattutto la costa era meno sbattuta dalle onde: pochi natanti e soprattutto senza motore.
Innanzitutto, secondo me, la nostalgia non va confusa con il ricordo. La prima vorrebbe che si ritornasse al passato così com’era, il secondo è la base da cui ripartire, se si vuole.
Qualcuno vorrebbe forse ritornare a vivere come una volta tra fango, sporcizia ed altro di cui ho tante volte parlato? Ma nello stesso tempo vogliamo ancora sopportare lo scempio che si sta consumando? Bisogna trovare una giusta soluzione.
Ma l’aggettivo “giusta” che cosa vorrà mai dire? Come tutti gli aggettivi che oggi si usano e di cui, spesso, si abusa, esso vuol dire tutto e non vuol dire niente. Giusta per chi? E quale sarebbe? Per me ogni soluzione va trovata affrontando il problema insieme, valutando i pro e i contro ma soprattutto concretamente.
[Ramesse e le regole certe (1) – Continua]