Ambiente e Natura

A chi lo dirò?

di Francesco De Luca

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Dimane vene n’atu vapore: è un’espressione comune che comunica l’esistenza sull’isola di una linea marittima giornaliera. Certo, il significato è questo. Detto da un ponzese, poi, si riferisce alle partenze delle navi passeggere. Anche questo è di semplice deduzione.
Ma la frase ha anche un significato nascosto. Allude ad una persona, ad una vicenda, ad un tempo, ad una esperienza, ad una piccola cerchia di conoscenti. Insomma è una frase che evoca ricordi. Ma, se questi ricordi non trovano risonanze in altri, rimangono sepolti. Carichi di un potenziale che non riesce ad infiammarsi, per mancanza di compartecipi. Ricordi: sepolti, infiammabili, ma sterili. Anzi depressivi perché la loro carica avvizzisce col tempo.

E perché non trovano orecchie in altri? Perché sono morti, hanno lasciato la nostra compagnia.

Il dialogo sta diventando sempre più soliloquio e, per quanto ci si impegni a renderlo mosso, ogni soliloquio si sclerotizza.

L’esperienza dei distacchi si infittisce con l’età, ed è buona cosa avvertire di questo i giovani. Li stiamo lasciando soltanto nella dimensione del presente. Tutta la vita in questo secolo XXI sembra appiattita sul presente. Quello che è stato… è stato: consumato, andato, non più fruibile. Quello che verrà è incerto, fragile, lontano, inaffidabile. Tutto è nel presente: immediato, pronto, da consumare.

E invece no. Il futuro è quello che andiamo a preparare, è quello che stiamo approntando con le nostre decisioni, i nostri comportamenti.
I giovani devono essere preparati a quanto li accoglierà nel futuro. Ce lo stanno chiedendo con forza.

La nostra condizione di comunità a rischio, come è quella ponzese, dovrebbe essere più sensibile al momento del passaggio del testimone.

Rinsaldiamoci nei nostri valori, in quelli della nostra cultura isolana, rifuggiamo dagli appelli al rancore, alla discordia. Chi instilla sentimenti di divisione lo fa per poter disporre di noi a suo tornaconto.

Le divisioni sono opportune quando si integrano. Divisi per una unione più ricca di possibilità. Non per escludere.

Mi sono portato lontano… e il fatto di dimane vene n’atu vapore?
Eccolo.
Anni ’50, a Ponza in via Umberto, accanto alla casa di Luigi Ambrosino, viveva Federico. Noi, la mia famiglia, abitavamo sopra. Il vicolo era gremito. Silvano e Maria, Ciccillo, AnnaMaria e Biagino, i fratelli Ambrosino (tutti), le sorelle Maggio.

A Federico morirono i genitori. Non riesco ad essere più preciso perché è la memoria (la mia) di un bambino di 6-7 anni.

Federico e la sorella, da soli. Doveva avere una marcata labilità mentale, lui. La sorella trova marito ed emigra in Argentina. Federico rimane a Ponza, ma la sorella scrive che presto verrà in Italia e lo porterà con lei. E Federico ogni sera cantava, e dalla casa vuota lo sentivamo tutti: dimane vene n’atu vapore. Ogni sera, dopo l’attracco, deluso, cantava: dimane vene n’atu vapore… dimane…

Con chi lo ricorderò? Con chi? Adesso posso azzardare: con voi…. adesso lo sapete anche voi. Beata Ponzaracconta.

1 Comment

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  1. Aniello De Luca (riferito da Franco)

    18 Marzo 2019 at 14:06

    Mi scrive una e-mail Aniello De Luca, che con fede e puntiglio segue Ponzaracconta da Roma: “La madre di Federico si chiamava Assuntella e si buttò giù dalla montagna ai faraglioni (di Lucia Rosa, credo io ). L’andarono a prendere col gozzo di Luigi ‘i Nunziatella, dal nome Anna Maria. Federico cantava il versetto anche giù in piazza vicino al monumento dei Caduti”.

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