di Enzo Di Giovanni
La vita scorre, nelle piccole comunità. Tutto scorre, come se la cosa non ci riguardasse, non fosse gestibile, e l’esperienza popolare ci narra di quell’indolenza, di quel fatalismo un po’ vile: …munno era, munno è, e munno sarrà.
Eppure, è proprio nelle piccole comunità che si avverte, anche se spesso indistinto, quel nesso di causalità tra le azioni umane ed i loro effetti.
Perché l’ambiente è fragile, è conoscibile, e fisicamente delineato, specie nelle isole minori che hanno per confine definitivo il mare, mare che al tempo stesso delimita e spazia verso l’infinito.
Quello che facciamo o non facciamo conta, sì, ed anche se non nell’immediato, gli effetti sono ben riconoscibili, specie se ci affidiamo lucidamente alla memoria storica.
Peccato che in questa schizofrenica contemporaneità avvertiamo spesso proprio l’assenza di raffronti con la nostra storia, e perciò di progettualità.
Su Ponzaracconta ci proviamo, da sempre, a tracciare percorsi possibili che nascano da pensieri analitici, perché se è vero che tutto scorre, è altrettanto vero che il come scorre incide profondamente sul futuro prossimo venturo.
Dico ai giovani: non pensate a voi stessi, pensate agli altri. Pensate al futuro che vi aspetta, pensate a ciò che potete fare e non abbiate paura di niente (Rita Levi Montalcini)
Non è un caso che siano i giovani, non ancora inquinati da speculazioni e miserie quotidiane a volare alto, mobilitando a livello planetario idee e coscienze.
Libera il potenziale del bambino e gli darai il mondo (Maria Montessori).
Il Re è nudo, o meglio: ricoperto di plastica, inquinamento ambientale, riscaldamento globale, squilibrio economico e sociale crescente.
Tutte cose che mascheriamo con ignobili alchimie lessicali quali produttività, globalizzazione, migrazione economica, macro-concetti che servono solo a nascondere la polvere sotto il tappeto.
Ed infatti, come ammonisce Franco De Luca nel suo Il 15 marzo prossimo venturo: “Dobbiamo anzitutto renderci consapevoli della situazione che stiamo vivendo e che andremo a vivere fra pochi decenni. E farlo non in prospettiva ideologica, come di solito spingono i politici (porto sì – porto no; Zannone sì – Zannone no), bensì in prospettiva funzionale alla nostra esistenza.
Dovremo tenerlo presente quando parliamo di futuro. Restringere il campo d’azione a slogan privi di contenuti è miope. Finirà che ci inventeremo una piattaforma Rousseau al giorno, perfetto paradigma dell’incapacità di decidere. Cosa non solo miope ma colpevole: perché significa impoverire speranze, obiettivi, ed umiliarli ad interessi di bottega che durano un giorno.
Caro Vincenzo, mi hai tirato per la giacca, nella tua intervista ad Eva. Non mi entusiasma, se posso dirlo, il protagonismo esasperato tra le parti. Giocare cioè con le appartenenze partitiche, di destra o di sinistra, in un tempo in cui la politica sul territorio, quella di sezione, è morta da decenni e lo si vede bene dalla pochezza progettuale su tutto il territorio nazionale.
A cosa serve, poi, in un contesto come Ponza che dovrebbe interrogarsi seriamente su cosa farà da grande, non riesco a capirlo. O per meglio dire, si capisce solo che non siamo capaci di governare il nostro sviluppo, o peggio, che non ci interessa. Lo sacrifichiamo volentieri in una logorante guerra di posizione in cui conta appartenere ad una cordata, ancorati ad un potere effimero che dura quanto un fiammifero, anziché preoccuparsi davvero di mantenere viva e fiorente la nostra scommessa di vivere su di un’isola. Nel dire questo non mi voglio riferire in questo contesto a persone e fatti ben definiti, non mi interessa, ma proprio all’atteggiamento distruttivo del “tutti contro tutti” che il mondo dei social tende ad esasperare ancora di più. Mi sembra che i veleni ed i rancori accumulati in questi ultimi anni stanno creando solchi e fratture sempre più marcate, e questo genera debolezza, in una comunità disagiata e debole per costituzione.
Occupatevi di meno della gente e di più delle idee (Marie Curie) – Ringrazio Emilio Iodice per le citazioni che mi hanno aiutato a costruire questo scritto.
Un’idea vincente, ad esempio, è quella espressa da Arturo Gallia:
Il recupero del paesaggio rurale permetterebbe, da una parte, di mitigare il rischio idro-geologico e, dall’altra, di favorire attività eco-turistiche di fruizione del paesaggio insulare e lo sviluppo locale.
Nel corso del XVIII e XIX secolo la consistente popolazione portò ad un innovativo, per l’epoca, modellamento dei rilievi collinari in terrazzamenti, oggi indicato come “paesaggio tipico”.
Epoca difficile, di fatiche inenarrabili e disagi continui, quella che oggi definiremmo “bassa qualità della vita”.
Eppure, quella Ponza modellata dalla fatica, racconta di un progetto vincente: quello appunto di modellare l’isola alle proprie esigenze, nel rispetto e nella salvaguardia dei luoghi.
E non nasceva certo dal caso:
La colonia degli isolani fu sempre considerata come una comunità da sostenere, da tutelare. Lo si faceva attraverso leggi apposite, o con l’esenzione da alcune tasse (I gabbiani sono monogami… )
Poche volte ci siamo riusciti nella storia. Poche altre occasioni avremo, se non ci riusciamo adesso, di farlo.
Soprattutto perché – e purtroppo è un dato storico in cui non siamo esenti da colpe – non c’è più attenzione per il nostro arcipelago da parte della politica, perché non ci è concesso di partecipare alle decisioni che ci riguardano, come giustamente chiede e pretende Antonio Impagliazzo.
Tutto scorre, Sandro, ed anche i ricordi ci passano accanto, nella nostra mente! Per fortuna i ricordi sono ciclici, e possiamo afferrarli quando ne avvertiamo l’importanza, senza intristirci troppo per il tempo che passa. E perciò ti perdoniamo, per la bella metafora del ghiacciaio che si ritira (anche se non augurante, in tempi di riscaldamento globale), e soprattutto per il bel valzer domenicale per organetto.
A proposito di caldo, intrigante l’estate senza estate. Ne abbiamo sempre sentito parlare, ma sarebbe bello saperne di più: “Chi sa, parli! …e lei appuntato, scriva!”.
Al passato torna anche il bell’articolo di Fadila (con il commento di Paolo a seguire) su San Giuseppe dell’altro ieri, di ieri e di oggi…
Fadila é una che sa. Il racconto di San Giuseppe, del rapporto tra il santo ed il “suo” quartiere narrato attraverso il sentire di più generazioni, è un affresco vero, che sintetizza bene quanto detto finora. Perché nel territorio… o ci vivi, o risulti un corpo estraneo.
A Ponza dobbiamo ricostruire un tessuto sociale che non c’è più, se non in poche sacche di resistenza.
Ma questa ricostruzione deve essere moderna, comprensibile al mondo che muta di continuo linguaggi e coordinate.
É una strada stretta, compressa tra emarginazione e perdita di identità.
Ma è l’unica che abbiamo.
vincenzo
17 Marzo 2019 at 11:18
Caro Enzo, purtroppo ti tocca ogni tanto scrivere qualcosa su Ponzaracconta; per esempio ti tocca scrivere l’epicrisi e quando capita il tuo turno tu lo fai come se non fossi “Enzo l’amministratore”, ma come se fossi Sandro o Luisa, oppure un osservatore saggio.
Caro Enzo adesso sei il Delegato alla Cultura del Comune di Ponza e non un collaboratore di un Sito “di memorie storiche, culturali”.
Quando dici: “La vita scorre, nelle piccole comunità. Tutto scorre, come se la cosa non ci riguardasse, non fosse gestibile, e l’esperienza popolare ci narra di quell’indolenza, di quel fatalismo un po’ vile: …munno era, munno è, e munno sarrà.”
Caro Enzo, Adesso ti si chiede: “Che state pensando contro questa indolenza?
Quando scrivi: “Dobbiamo anzitutto renderci consapevoli della situazione che stiamo vivendo e che andremo a vivere fra pochi decenni. E farlo non in prospettiva ideologica, come di solito spingono i politici (porto sì – porto no; Zannone sì – Zannone no), bensì in prospettiva funzionale alla nostra esistenza.”
Caro Enzo, innanzitutto tu sei un politico – non giudico se sei ideologico o no – per cui aspettiamo da te e dagli altri dell’Amministrazione una direzione per capire quali sono le prospettive funzionali alla nostra esistenza.
Quando scrivi: “Caro Vincenzo, mi hai tirato per la giacca, nella tua intervista ad Eva. Non mi entusiasma, se posso dirlo, il protagonismo esasperato tra le parti”.
Scusami Enzo, ma non sapevo che fare una intervista ad un vice Sindaco della tua Amministrazione ti causasse tanto fastidio.
Questo tuo apparente distacco – dalle parti, dai politici ‘ideologici’, dai politici ‘partigiani’, senza poi produrre una nuova filosofia del potere, accettata e condivisa dalla tua maggioranza e che possa incidere sulla realtà funzionale dell’isola – è assolutamente fuori luogo.
“A Ponza dobbiamo ricostruire un tessuto sociale che non c’è più, se non in poche sacche di resistenza”.
Caro Enzo, sono d’accordo con te ma quello che mi interessa sapere è: state lavorando per costruire questo tessuto sociale? Tu, insieme agli altri, state lavorando per costruire questo tessuto sociale magari rafforzando come tu dici “quelle sacche di resistenza”?