Ambiente e Natura

Uno scorcio di Ponza sulle Pagine Bianche 2019

di Luisa Guarino

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Il mese di dicembre è agli sgoccioli: il 2018 sta per salutarci, e ormai da tempo è stata ultimata presso gli abbonati telefonici di Latina e provincia la distribuzione degli elenchi 2019, le famose Pagine Bianche.
Credo che a nessun ponzese, ma neanche a chi conosce Ponza e la frequenta, sia sfuggito che in copertina c’è un’immagine della nostra isola: un angolo neanche troppo conosciuto, il cosiddetto Bagno Vecchio, dietro lo scoglio del Calzone del Muto. L’illustrazione è di Luciano Cina, la foto è di Emiliano Vincenti/Stockphoto. Si tratta, come si può vedere dall’immagine, di una foto “ritoccata” in maniera artistica e integrata da alcune linee disegnate che trasformano il grande scoglio bianco e arcuato sulla destra in una grande e sinuosa creatura marina.

Le grandi squame fanno pensare a un pesce, seppure di dimensioni notevoli e un po’ fiabesche. A me invece la sagoma della coda così larga e piatta ricorda quella della ‘cicala’, un crostaceo molto simile all’aragosta, e da molti buongustai ritenuta anche più gustosa, che una volta a Ponza era abbastanza diffusa, ma che non mi capita di vedere da tanto tempo.

Mi fa piacere constatare che finalmente viene messo in evidenza un angolo non troppo inflazionato tra i tanti scorci della nostra isola, seppure tutti belli e affascinanti. Messa un po’ in disparte l’immagine di Chiaia di Luna, troppo abusata negli anni e purtroppo attualmente non più spendibile per ovvi motivi, mi sembra giusto che fotografi e artisti si siano messi alla ricerca di località un po’ meno battute.

Personalmente sono molto legata al Bagno Vecchio, facilmente raggiungibile ma molto suggestivo, con quella specie di “bacino interno” e poi la parete che dà sul mare profondo. Diversi anni fa, quando avevamo un gozzo e trascorrevamo quasi l’intera giornata in mare (con orari tipicamente ponzesi: 12 – 18/19), quell’angolo era tra i nostri preferiti, anche rientrando da mete più lontane. Non so quante patelle si raccoglievano all’epoca: mia madre ne era particolarmente ghiotta e le mangiava seduta su uno scoglio sciacquandole direttamente in mare. E Flavio, mio figlio, che allora aveva meno di dieci anni, si divertiva a osservare con la maschera tutti i pesciolini che arrivavano a frotte, di fronte a tale regale e abbondante “pastura”.

Ricordo anche che proprio lì incontravamo spesso Zecchetiello (Silverio Zecca, esperto e indimenticato sub), in pausa “da turista” e in una dimensione assolutamente familiare. Ma sul lato sinistro di quella roccia ci si poteva anche inerpicare per raggiungere i sentieri che portavano fino agli Scotti; mentre una grande grotta ha sempre attirato la curiosità di Dante, mio marito, geologo con spirito avventuroso alla Robinson Crusoe, che divertiva e stupiva tutti portando alla luce sassi dalle forme più strane, pietra pomice, legno e rami ‘stracquati’, oltre agli oggetti più incredibili portati a terra dalle mareggiate invernali: un’autentica miniera per un “ricercatore” doc come lui.

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