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Lezioni dalla Storia: l’inizio dell’ascesa al potere di Benito Mussolini (1)di Emilio Iodice (traduzione dall’inglese di Silverio Lamonica) Silverio Lamonica ha voluto “strafare”, rispetto alla nostra richiesta di tradurre soltanto delle parti del testo di Emilio Iodice (leggi qui); oppure, come ci scrive, l’ha trovato “molto interessante e documentato” – tanto da ritenerne indispensabile la pubblicazione completa in italiano.
The Journal of Values Based Leadership – Il giornale fondato sui valori della leadership Lezioni dalla Storia: l’inizio dell’ascesa al potere di Benito Mussolini – La democrazia è bella in teoria, in pratica è un sofisma. Tutto all’interno dello Stato, nulla all’esterno dello Stato, nulla contro lo Stato. Sì, un dittatore può essere amato, purché nello stesso tempo sia temuto dalle masse. La folla ama gli uomini forti. La folla assomiglia ad una donna. Se soltanto possiamo dar loro la garanzia che le montagne si possono muovere, accetteranno l’illusione che le montagne sono mobili, quindi un’illusone può diventare realtà. – Il giornalismo italiano è libero, perché è al servizio di una causa e di uno scopo: il mio! – Meglio vivere un giorno da leoni che cento anni da pecora (Citazioni da Benito Mussolini) “Che uomo! Ne sono innamorato. Il fascismo ha reso un servizio al mondo intero… Se fossi italiano, sono sicuro che sarei stato totalmente con te dall’inizio della tua lotta vittoriosa contro gli appetiti bestiali e l’impeto del Leninismo” “Mussolini è un pensatore brillante, la cui filosofia, seppure non ortodossa, si espande al di fuori della tradizione europea. Sebbene sia un mistificatore, egli è consapevole, come i custodi di Platone, che una nobile bugia è pur sempre una bugia” “[Mussolini] il più grande genio dell’era moderna” “A Benito Mussolini, da un vecchio che saluta il sovrano, l’eroe della cultura” (Sigmund Freud) “Sfortunatamente non sono un superuomo come Mussolini”
L’ascesa al potere “Possiamo definire i regimi democratici come quelli in cui, di tanto in tanto, al popolo si dà l’illusione di essere sovrano, mentre la vera sovranità risiede in effetti in altre forze che sono talvolta irresponsabili e segrete. Qui non potrebbe accadere. Pensatori ed intellettuali hanno sostenuto che il totalitarismo non era possibile in una nazione simbolo della civiltà occidentale. Eppure la rivoluzione era nell’aria. Era un periodo di rabbia crescente e di malcontento sociale. La paura, l’insicurezza economica e sociale e un senso d’impotenza attirarono una minoranza fanatica a seguire in maniera aggressiva un uomo che predicava un modo nuovo che avrebbe spazzato via le regole che indebolivano il paese. Erano stanchi di politici incompetenti e disonesti che avevano fallito nel mantenere le promesse e nel governare realmente e coraggiosamente. Fu messo in dubbio che la libertà avesse la capacità di risolvere i problemi. Lo Stato era esausto, per molti versi, dei conflitti esterni. L’economia era debole, in milioni erano alla ricerca di un lavoro significativo e in milioni cercavano un’ideologia che non fosse ancorata alle politiche e alle pratiche dell’estrema sinistra. Il patriottismo andava trasformandosi in nazionalismo. Un senso forte del “Noi” contro “Loro” si alimentava nel cuore dell’elettorato. Crescevano i pregiudizi contro gli stranieri e tutto ciò che era estraneo alla società. Le élite non influenzavano più gli eventi. La classe dirigente cercò un salvatore per preservare e magnificare il proprio potere e le ricchezze. La stampa fu diffamata, costretta e infine controllata. Ciò nonostante in molti credevano che le istituzioni e i leader del paese avrebbero resistito all’ondata di marea che colpiva al cuore lo Stato. Sbagliavano. Meno di un secolo fa, egli salì nel firmamento del più alto ufficio del suo paese e spazzò via letteralmente le libertà: unità e indipendenza, per le quali il suo popolo aveva combattuto. Aveva 39 anni e fu il primo ministro più giovane nella storia della sua nazione. Si sarebbe chiamato “Il Duce”, il leader. Avrebbe creato il Nuovo Testamento delle dittature moderne. Per venti anni avrebbe governato il suo paese con scaltrezza, fanfare, vigore, forza, violenza, audacia e soprattutto paura. Solo la guerra avrebbe posto fine al suo regime. La sua fama sarebbe circolata in tutto il globo e sarebbe diventata sinonimo di governo tirannico. Si chiamava Benito Mussolini.
La creazione del Partito Fascista “Il fascismo è una religione. Il ventesimo secolo sarà conosciuto nella storia come il secolo del fascismo… Credere, obbedire e combattere” “Per noi fascisti ciò che importa non è vivere a lungo, ma vivere con dignità” (Fernando Mezzasoma, Ministro della Cultura Popolare).
Fino al 1919 Mussolini visse numerose esperienze: insegnante, reporter, funzionario del Partito Socialista, soldato e veterano di guerra. Aveva 35 anni. Aveva fallito quasi tutti i tentativi: non fu un giornalista di successo o un fedelissimo uomo di partito. Concorreva per una funzione ma falliva. Il suo temperamento violento, l’energia senza fine, l’ego e la mancanza di disciplina lo condussero simultaneamente in varie direzioni. Cambiò il suo modo di pensare e la visione politica dal pacifismo all’interventismo, da socialista a opportunista di destra. Nonostante i fallimenti, non si sarebbe arreso. Si mosse per preparare gli eventi che sarebbero tornati a suo favore. Mussolini creò un suo giornale e un nuovo partito formato da veterani di guerra arrabbiati, studenti ed ex membri del sindacato. Erano ansiosi di riformare l’Italia con una nuova filosofia basata su un senso di orgoglio e di nazionalismo estremo, tutto sotto la bandiera del fascismo. Benito Mussolini fu il loro fondatore e leader.
I fascisti si agitarono contro la sinistra nelle strade e nei quartieri attraverso l’Italia. Le sedi del Partito Socialista, le istituzioni e le redazioni dei giornali socialisti furono attaccate e incendiate. Attraverso il paese, le milizie organizzarono crociate anti-bolsceviche. Le squadre fasciste in divisa e camicia nera, erano sostenute dalla polizia locale, proprietari terrieri, mercanti e industriali. Usavano la violenza per distruggere qualsiasi organizzazione che ritenevano ostile alla dottrina fascista. “La gente a migliaia veniva bastonata, uccisa o costretta a bere olio di ricino e fuggire dai paesi. Centinaia di sedi sindacali, uffici di collocamento e redazioni di giornali di partito furono saccheggiate o bruciate. Nell’ottobre del 1920, dopo un’elezione di un’amministrazione di sinistra a Bologna, i fascisti invasero la sala consiliare causando lesioni permanenti e nove morti. Il consiglio comunale fu sospeso dal governo. Più tardi, deputati cattolici e socialisti furono espulsi dal parlamento oppure videro distrutte le loro case. Nel giro di due anni, la milizia fascista delle camicie nere, come allora erano chiamate, controllavano le varie zone dell’Italia. I capi divennero boss locali e costruirono le basi del potere sostenuti dai proprietari terrieri e dai membri della classe media urbana: impiegati e negozianti. I fascisti guadagnarono l’appoggio di coloro che cercavano la legalità, l’ordine e la conservazione dei valori locali e nazionali. Con l’incremento dei suoi seguaci, Mussolini attese l’opportunità di entrare nell’arena del potere. Lezioni dalla Storia (1) – Continua
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