Ambiente e Natura

Il piacere delle mostarde

di Rosanna Conte
OLYMPUS DIGITAL CAMERA

 

Settembre, il mese della vendemmia!
L’odore del mosto che impregnava tutta l’isola si fondeva nella mia mente in forma sinestetica col sapore delle mostarde e delle tortanelle che la nonna sui Conti mi conservava.

Questi dolci contadini di una volta, insieme ai fichi secchi, sapevano di casa e di campagna e gratificavano lo spirito oltre che il gusto.
Eppure, quanta difficoltà incontravano le donne a sottrarre il mosto agli uomini! Era tutto vino in meno.
E quanta fatica!
Già, perché oltre a parecchio mosto, per fare le mostarde occorre anche tanta pazienza e molto lavoro.

Si parte dal raccogliere e pelare i fichidindia, lavorarli sul fuoco, colarne il succo nel mosto, mescolarvi la semola e il finocchietto e poi, per almeno una decina di giorni, farle asciugare al sole, capovolgendole spesso.

Era una sapienza tramandata  attraverso il fare.
– Le mostarde di Bonaria erano le migliori!
– Perché quelle che faceva mia nonna?

Non ci sono ricette scritte in cui vengano indicate le dosi.
Se vai a chiedere  informazione alle donne di campagna, che ancora oggi le fanno, rispondono:
– Orientativamente calcola che ci vogliono 30 fichidindia per circa 4-5- Kg di chicchi d’uva… poi vedi… con la semola, ti regoli ad occhio.

Sulla procedura sono più precise ed indicano anche particolari accorgimenti, ma sul rapporto fra i quantitativi si resta sul vago
Chi oggi sa farle, le ha viste fare ed ha negli occhi e nelle mani la densità e il colore che assume il preparato quando è pronto per l’asciugatura.
Del resto le brave cuoche sanno che, al di là delle dosi, devono considerare tante variabili perché un piatto riesca bene: la semplice qualità degli ingredienti può richiedere variazioni sui tempi di lavorazione e cottura, ma anche sullo stesso dosaggio.
Nel caso delle mostarde, con dosi poco precise e senza un minimo di esperienza diretta, si può solo procedere col metodo sperimentale di galileana memoria partendo dalla traccia ricevuta.

Buon lavoro a chi voglia recuperare la fattura delle mostarde!

 

Nota
Per altri articoli sul tema, digita – mostarde – nel riquadro CERCA NEL SITO

1 Comment

1 Comment

  1. Silverio Guarino

    3 Settembre 2014 at 21:37

    Mia nonna Fortunata portava le mostarde da Santa Maria, fatte dai parenti di ‘ncopp’i Cuont’; forse c’era anche il sapore del piacere di un frutto esotico (… ma le mosche?). Mio cognato Dante, depositario della memoria storica di mia nonna, ci fa sempre assaggiare le mostarde (fatte da lui) e i “tortanielli”, cotti nel mosto. Sapori dimenticati. Brava Rosanna!

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top