Ambiente e Natura

Il piacere di uccidere

di Sandro Russo

 

In un articolo del 19 giugno u.s.:  Questa pesca non è “sportiva”!  veniva affrontato il tema della pesca ‘cosiddetta’  sportiva e per estensione si parlava anche della caccia.

Tra i commenti ce n’è stato uno di Michele Rispoli (il primo, tra gli altri) – leggi qui – che ‘da cacciatore’ elencava una serie di ‘inadempienze’ degli animali nei confronti degli uomini: perciò… di che si lamentano gli animali?

Massacro delle foche. Foto 2011

In quell’occasione mi venne in mente un raccontino di fantascienza che volevo proprio far leggere a Michele, e per l’occasione presentare anche ai lettori del sito.
Ho fatto un po’ di fatica a ritrovarlo e poi a farne la scansione, perché non si trovava in rete (ora c’é). Penso che ne sia valsa la pena.

 

La fantascienza – fs o sf (science fiction) – è un genere letterario che attrae numerosi entusiasti e almeno altrettanti denigratori.
Composta di diversi filoni o sotto-generi – fs d’avventura, sociologica, ‘umanistica’, ‘gotica’, catastrofica, d’anticipazione, e poi… utopie, discronie, ucronie… – ha l’indubbio vantaggio di presentare un problema sotto una luce nuova, svincolata dalle contingenze del presente, così che numerose storie di fs sono quasi apologhi senza tempo che mettono a fuoco un problema nella sua essenzialità.

Così questo breve raccontino – solo sei pagine, ma ne vale la pena! – “contro la caccia” ovvero “a favore della caccia”, ma che sia davvero sportiva”.
A me ha aperto gli occhi una volta e per sempre su cosa significhi “sportivo”…

 

Leggi qui in formato .pdf  il racconto  breve “Caccia proibita” – Killjoy di F. A. Javor (1963): Caccia proibita

Leggi anche qui, del sett. 2015: “Il triste ritorno della stagione della caccia

5 Comments

5 Comments

  1. Michele Rispoli

    31 Luglio 2013 at 17:33

    Per un attore il difficile è fare ridere, non far piangere.

  2. Luisa Guarino

    1 Agosto 2013 at 16:35

    Già all’epoca di quel commento di Michele mi erano rimaste impresse le parole con cui si riferiva ai ‘doveri’ degli animali, di cui non si parla mai, mentre ci si riferisce solo ai loro ‘diritti’.
    Sono grata dunque ora a Sandro che mi permette di tornare sull’argomento pesca-caccia e sul ‘piacere di uccidere’. Infatti ho sempre pensato, almeno in età adulta, che la pesca ‘sportiva’ non esiste. Sportiva per chi? visto che non è certo ad armi pari, e non è un gioco. Chiedetelo ai poveri pesci, che peraltro, contrariamente agli uccelli (che pure fanno la pessima fine che fanno) non hanno voce e sanguinano di meno. Appena presi guizzano e si dibattono: sono freschissimi, dicono gli umani; ad essere precisi sono semplicemente agonizzanti. Confesso: come tutti da ragazzina ho partecipato a interminabili pescate con la canna e la lenza, dal molo o dalla barca. Così facevan tutti… per prendere quei poveri pesci che poi diventavano il pasto dei gatti del vicinato. Dopo di me l’hanno fatto mio figlio, e i figli di mio fratello. Una strage davvero inutile. Che naturalmente continua. Solo che ora spesso, dopo aver abboccato, quei pesci vengono rimessi in acqua. Sensibilità inutile! A parte le ferite provocate dall’amo anche quando viene estratto con tutta l’attenzione possibile, c’è quasi sempre nei dintorni un gabbiano in agguato, pronto a tuffarsi sulla preda indebolita e a mandarla giù in un boccone prima che possa immergersi in profondità. Per quanto riguarda la caccia poi neanche parlarne.
    A Ponza, forse nel dopoguerra per necessità ma poi per il semplice gusto di farlo, ha sempre spopolato. E se vuoi farti un nemico, parla male dei cacciatori.
    Ricordo ancora perfettamente i primi anni in cui collaboravo a ‘Latina Oggi’ e scrivevo di Ponza, su qualsiasi argomento. Ebbene l’unica volta in cui sono stata affrontata vis à vis dai miei compaesani è stata quando ho ‘criticato’ caccia e cacciatori, che io considero sempre un fenomeno di bracconaggio, perché non esiste una caccia ‘leale’.
    Ma torniamo ai cosiddetti ‘doveri’ cui accenna Michele Rispoli. Ebbene sì. Anche gli animali li hanno: nei confronti della loro famiglia di origine, del branco in cui vivono, dei loro piccoli da accudire, sfamare e proteggere. E in tutto questo noi non c’entriamo proprio niente.

  3. vincenzo

    2 Agosto 2013 at 08:01

    Che differenza c’è se a mangiare quel pesciolino è il gatto, un uomo o un gabbiano?
    Il pesce grande mangia il pesce piccolo!
    Ma questi mangiano esclusivamente per la sopravvivenza non per il piacere definito sportivo!
    E quante cose si fanno per piacere e basta, che distruggono e stanno distruggendo direttamente e indirettamente interi ecosistemi? In quel caso sembra che non ci sia la responsabilità diretta dell’individuo e quindi il “peccato” si perde nel vento.

    La mia famiglia da generazioni, non ha tradizioni sia nella caccia che nella pesca e molti mi chiedono ancora: ma come hai fatto a vivere in quest’isola? Che fai d’inverno?
    Inconcepibile, per i tanti, vivere su questo scoglio se al mattino presto non ti svegli per andare a caccia e alla sera non fai notte a calamari. Anche questa è sopravvivenza!

  4. Michele Rispoli

    2 Agosto 2013 at 11:22

    Ernesto raccontava sempre la scena in una casa di campagna nei giorni antecedenti il Natale, precisamente il giorno in cui avevano stabilito di uccidere il maiale.
    Il padre-padrone che su una pietra affilava il grande coltello, il maiale legato sul tavolaccio e la mamma-matrona, che ripeteva al marito:
    SANDRO – così si chiamava (!) – mi raccomando non fargli male!
    Difatti, non gli facevano male, lo stavano ammazzando per fare dell’ottimo prosciutto, salsicce, ecc.
    Non c’è gusto ad uccidere ma è sicuramente una necessità

  5. Luisa Guarino

    2 Agosto 2013 at 18:35

    Quando è una necessità. E anche per uccidere un maiale (o una mucca o altri animali) c’è modo e modo, senza farli soffrire. Mentre purtroppo spesso sembra che ci sia anche gusto.

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