Faro della Guardia

I miei ricordi del Faro

di Antonino Feola (Bixio)

.

Bixio va a manovella, come il telefono che ricorda nel suo scritto… Gli dai la carica e comincia a raccontare. Grazie a Biagio per aver azionato la manovella (leggi qui, in Commenti), e a Bixio per aver riacquistato la parola

.

Il Faro della Guardia.
Luogo mitico, quasi una leggenda, spostamenti via mare e poi a dorso d’asino. I grandi occhi dell’infanzia spaziavano per quel piazzale enorme e meraviglioso; si accedeva ad esso attraverso un arco in roccia e poi il caseggiato e la torre-faro… Tutto arroccato sul promontorio, inespugnabile e irraggiungibile. Incredibile. Sembrava uscito da un sogno.

Per gli addetti ai lavori, i fanalisti e le loro famiglie c’erano i turni, le abitazioni erano comode e bellissime, tutto sotto l’egida della Marina Militare. Lo stemma stava pure sulle posate.
La nave militare “Buffoluto” di tanto in tanto veniva a rifornire la cisterna idrica dell’intero avamposto.
A tavola, la sera, sentivo menzionare i nome dei vari fanalisti : Ferraiuolo, il coordinatore, Silverio Scotti, i mitici Filippo ’a Lena e Filippo ’i Musaragh’… – non sapevo chi fossero – e poi c’era mio padre, più giovane, di Le Forna, Feola Francesco assunto dalla Marina come reduce di guerra dell’Incrociatore Trento.
In quell’eremo, la notte veniva interrotta dal canto dei parlanti, le diomedee che nidificavano tra le rocce vicino alle finestre.
Nel periodo primaverile al mattino si ispezionava la zona intorno alla grande lanterna del faro, a raccogliere gli uccelli migratori (quaglie, tortore, etc.) provenienti dal sud che accecati dal forte bagliore notturno, avevano sbattuto sugli specchi della torre-faro.

La turnazione prevedeva anche il servizio sul Faro della Madonna e su quello di Zannone. Non esistendo ancora le cellule fotoelettriche si procedeva a mano anche per il carico di combustibile mediante il trasporto a dorso d’asino di pesantissimi  bomboloni all’acetilene, al trasporto via mare provvedeva con un barcone il primo traghettatore isolano, Giovanni Onorato (Giuànn’ ’a scigna).
Nei vari fari si stanziava almeno una settimana e sulla Guardia anche di più.
Ricordo che l’unico collegamento che avevamo era tramite un telefono a manovella installato sulla parete d’ingresso, in contatto con la postazione militare del Semaforo col personale della Capitaneria di Porto di stanza su Monte Guardia.
Per le provviste alimentari si arenava la barca sul retro del porto, sulla spiaggia Bellavista, ad aspettarci un piccolo cagnolino nero che sistematicamente azzannava scodinzolando la cima che si lanciava sull’arenile. Il simpatico animale era di proprietà della leggendaria “signorina Verde”; poi si scendeva ai vari negozi con l’elenco della spesa in mano.

Purtroppo come tutte le cose umane, quella vita alla Robinson Crusoe ebbe fine, sconvolta dalla necessità della scuola, dell’istruzione, delle partenze e del collegio per i vari figli dei fanalisti.
Su quell’epoca calò il sipario del silenzio, ma quei tempi meravigliosi sono dentro di me; hanno sempre camminato al mio fianco.

Il Faro della Guardia, visto da Monte Guardia

Clicca per commentare

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top