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Noi non sapevamo niente…

segnalato dalla Redazione

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Nell’edizione di ieri 14 ottobre la Repubblica da dedicato uno “Speciale” di otto pagine a Israele e Hamas (il frontespizio nella foto in alto).
Dei tanti pregevoli articoli che vi sono contenuti, ne abbiamo estratti due che ci sono apparsi particolarmente significativi. Il primo si rivolge direttamente a “noi distratti”, scritto da Natalia Aspesi, una giornalista di 93 anni che avrebbe tutto il diritto di essere distratta (chapeau!); il secondo di Massimo Giannini, sintetico e pregnante.

Alla scoperta del mondo perduto
di Natalia Aspesi

lo non so se quella folla, una immagine muta in maglietta e pantaloncini. arrampicata sulle rovine di una casa da cui cerca di rimuovere una enorme montagna d rifiuti  provocati dalle bombe, sia israeliana o palestinese. Poi mi accorgo che sono tutti maschi, giovani, perduti in quella inutile impresa: non una donna tra loro, come mai ne vedrò una in mezzo ai maschi, sono palestinesi, musulmani, e quando tra le macerie ne appare una, è una anziana signora in velo. su un a improvvisata carretta di legno trascinata da un uomo che la guarda con amore e devozione.
Io non so chi è tutta quella gente che si sta divertendo, che balla, con vivaci e vistosi vestiti, quella folla felice di donne carinissime e bei maschi. Poi all’improvviso scendono dal cielo altri giovani in maglietta, che di colpo li inseguono, li afferrano, li trascinano con sé. Spariscono, e poi sapremo che quelli vivi sono tenuti in ostaggio, pronti – come hanno fatto coi piccini massacrati nel kibbutz – a ucciderli.
Io non lo sapevo. Non sapevamo niente.
Non sapevamo del dolore Immenso degli altri. Cosi anche noi capiamo di esserci distratti, di aver puntato sulle nostre miserie. Ci siamo dimenticati del mondo, chiusi nella nostra sciocca fatica di far parte del mondo: e intanto abbiamo dimenticato i milioni che vivono a Gaza e la loro pessima vita. E abbiamo dimenticato l’Iran. Hamas, Hezbollah, chi ha in mente di distruggerci, anche noi che non ne sappiamo niente, ma ci siamo in mezzo, responsabili. Siamo anche noi, ignoranti e analfabeti. nel mezzo del massacro. Chiusi nella piccolissima Italia, che come avviene qualcosa che riguarda le cose serie viene subito messa da parte, perché ci siamo tanto occupati di noi fino e non poterne più e non volerne sapere di più del mondo.
Certo un ministro degli Esteri ce l’abbiamo. il buon Tajani, e malgrado l’ aria tristissima si dà da fare (adesso è in Israele) ma credo che abbia capito che a noi non ci può aiutare nessuno.
Mi chiedo: ero molto frivola io che, giuro, non sapevo che nella Striscia di Gaza vivessero uno sull’altro due milioni di palestinesi? Ero troppo distratta da Salvini?
Si teme soltanto che passata la paura si torni contentissime ad occuparci di Ferragni, o delle tiktokiste letterate? Oppure questa tremenda paura avrà fatto capire che almeno un’occhiata alle notizie dall’estero bisogna darla?

La fine delle illusioni di pace
di Massimo Giannini  

“Sì, lo so, in questo momento siamo vittime. E quello che sta accadendo farà aumentare odio e razzismo…”. Lo dice Assaf Gavron, il più grande scrittore israeliano della sua generazione.
“Per i palestinesi questa è già una vittoria, qualunque sia il prezzo da pagare, perché la più grande prigione a cielo aperto, il ghetto di Gaza, ha dimostrato che l’occupazione si può disintegrare sotto i colpi degli ultimi..”. Lo scrive lo scrittore libanese Elias Koury.
Nelle reazioni uguali e contrarie di questi due intellettuali c’è la chiave del nuovo conflitto mediorientale. Spezzata barbaramente la sua “meglio gioventù”, spazzata miseramente la mitologia della sua intelligence infallibile, gli israeliani si sentono ancora una volta vittime del Grande Satana antisemita della Storia.
Celebrata la mattanza al rave party di Re’im, festeggiata la strage degli innocenti nei kibbutz, i palestinesi per una volta non si sentono più vittime dell’odiato “oppressore sionista”.
Così risucchiati nel gorgo dell’ineluttabile, con la mente prigioniera nell’atroce schema binario vendetta-riscatto, i due popoli corrono incontro al loro destino, che non contempla più nient’altro se non la distruzione reciproca.
Insieme a migliaia di morti innocenti, l’azione “Diluvio Al Uqsa” di Hamas e la reazione “Spada di ferro” di Tsahal seppelliscono per sempre tutte le illusioni dl pace. Con il Sabato di Sangue del 7 ottobre 2023 muore il sogno velleitario  e mai realmente perseguito che pareva alla base degli accordi di Camp David e di Oslo, “due popoli, due Stati”: nessuno ne parlerà più.
Muore anche la certezza che fu di Golda Meir nel ’73, quando diceva “Israele ha un’arma segreta nel conflitto cori gli arabi, noi non abbiamo alcun altro posto dove andare”: visto il mostruoso cinismo dei terroristi Hezbollah, dei khomeinisti iraniani, dei fratelli Musulmani d’Egitto e dei tagliagole al soldo di Yahia Sinwar, bisognerà constatare che ormai un altro posto dove andare non ce l’hanno più neanche i palestinesi.
Cosi, alla fine, lo “scontro di civiltà” che Huntington teorizzò dopo l’11 Settembre precipita di nuovo in quel microscopico lembo di Terra, al tempo stesso promessa negata, sacra e maledetta. È la profezia di Benny Morris, autore non per caso del monumentale “Vittime” di vent’anni fa. Già dal ’48, la guerra in Medioriente è certamente “una sfida tra due movimenti nazionali per il dominio su una porzione di territorio”, ma è soprattutto, ora più che mai, “il tassello dl una lotta più generale, di portata globale. tra l’Oriente islamico e l’Occidente”. In quella culla delle tre grandi religioni monoteiste, forse solo Papa Francesco può provare a fermare questa umanità impazzita, a un passo dall’abisso.

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