Personaggi ed Eventi

A cinquant’anni dalla morte di Anna Magnani

di Gianni Sarro

Cinquant’anni fa: il 26 settembre del 1973 moriva Anna Magnani. Una delle più grandi attrici del cinema di tutti i tempi, la prima attrice italiana ad essere osannata ai quattro angoli del globo, prima attrice non di lingua inglese a vincere l’oscar per la migliore attrice con La rosa tatuata (Daniel Mann, 1955). Un monumento del grande schermo, un’artista straordinaria, che ha di fatto, insieme a De Sica e Rossellini, riportato in auge il nostro cinema dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale.

Nata a Roma, vicino a Porta Pia, Anna studia pianoforte a Santa Cecilia per alcuni anni, per poi nel 1927 iscriversi alla scuola di recitazione Eleonora Duse (che dal 1936 diverrà l’Accademia nazionale di arte drammatica). Le sue prime apparizioni teatrali le spalancano le porte del set cinematografico: il suo primo ruolo è in La cieca di Sorrento (Nunzio Malasomma, 1934). Ottiene i primi ruoli da protagonista all’inizio degli anni quaranta Teresa Venerdì (Vittorio De Sica, 1941). Ma è con Campo de’ fiori (Mario Bonnard, 1943) che cambia un tassello che si rivelerà fondamentale per la sua carriera: abbandona il ruolo della donna sofisticata, seducente e  ammaliatrice per quella della popolana.
Siamo, l’abbiamo scritto, nel 1943, dopo poco meno di un anno Anna trova la consacrazione mondiale grazie ad una scena che dura poco meno di un minuto: per la precisione cinquantotto secondi. Mi riferisco, è evidente, alla scena di Roma città aperta (Roberto Rossellini, 1945) nella quale Anna Magnani rincorre la camionetta delle SS che sta portando in carcere Francesco, l’uomo che avrebbe dovuto sposare il giorno dopo. Quel matrimonio non sarà mai celebrato perché la corsa di Pina è fermata da una raffica di mitra, ma in quel preciso momento inizia la corsa inarrestabile verso la celebrità di Anna Magnani che grazie a Pina diventa in un’icona.
In un certo senso Anna Magnani sarà definitivamente segnata da quel ruolo.
I suoi personaggi saranno sotto il segno non della felicità ma della sofferenza, non della soddisfazione amorosa ma della frustrazione o dell’amore deluso. La Magnani sarà una specie di Madonna dei Sette Dolori che porterà sulle sue spalle tutto il disagio del mondo, tutta la disperazione di coloro cui la vita non ha regalato niente.
Illuminanti risultano le parole della studiosa Cristina Jandelli, nel bel saggio «Le tenebrose nel cinema italiano – Note sul neorealismo:
«La mitologia sorta attorno ad Anna Magnani ne occulta sempre, in prima istanza, l’ineccepibile formazione di diplomata in canto all’Accademia di Santa Cecilia e in recitazione all’accademia d’arte drammatica; in seconda istanza tende a trascurare la notevole carriera teatrale maturata sia nell’ambito di prosa che di rivista, nonché la presenza stabile rivestita nel cinema italiano del periodo bellico: prima di Roma città aperta Anna Magnani sembra non esistere, invece durante la guerra spicca come la più talentuosa attrice dello spettacolo italiano».

Soffermiamoci sul capolavoro di Rossellini e proviamo, adesso, a domandarci perché Pina muore? La sua rincorsa al camion non ha nessuna probabilità di riuscita e allora perché spararle? Chi preme il grilletto? (se ci fate caso la mdp non inquadra chiaramente da dove parte la sventagliata). C’è un duplice motivo. Lo spiega bene Pierre Sorlin nel suo prezioso «La storia nei film. Interpretazioni del passato» (La Nuova Italia, 1980): la sua colpa è esser madre fuori dal matrimonio.  Il secondo motivo è che la morte di Pina è la catarsi di tutti gli italiani. Quella corsa, quegli spari, quell’immagine della Pietà (osservate con attenzione il corpo della donna esamine tra le braccia di Don Pietro/Aldo Fabrizi) produce nell’immaginario collettivo degli italiani la convinzione di essere Pina, di essere, tutti dei martiri del fascismo (in sceneggiatura doveva essere un fascista a sparare alla donna), dimenticando gli anni del grande consenso che il regime godette a metà egli anni trenta.

La corsa di Pina, in Roma città aperta

Anna Magnani con Aldo Fabrizi nel film

Da Roma città aperta in poi tutti i personaggi interpretati da Anna Magnani, in film che vanno da L’onorevole Angelina (Luigi Zampa/1947) a Bellissima (Luchino Visconti/1952) fino al già citato La rosa tatuata, saranno debitori di quel ruolo; caratteri che nascono e si sviluppano nella prospettiva dell’infelicità, della sofferenza, della frustrazione, della delusione.

Vale la pena spendere qualche riga sulla fortunata liason tra Anna e Hollywood. Per sgomberare il campo da qualsiasi equivoco, bisogna sottolineare quanto la recitazione della Magnani fosse profondamente studiata, una caratteristica molto apprezzata nella mecca del cinema oltreoceano. Alle innate doti naturali, Anna univa anni di studio maniacale. Detto questo, va detto che l’avventura hollywoodiana di Anna Magnani nasce soprattutto grazie al profondo legame che ha con Tennessee Williams, che scrive per lei la versione teatrale de La rosa tatuata. Ma non se ne fa niente perché Anna non conosceva abbastanza l’inglese per interpretarla su un palcoscenico. Williams scelse allora di farne fare un film, di cui scrisse la sceneggiatura. Il drammaturgo volle ad ogni costo la Magnani, nonostante i timori del produttore Hal Wallis.
Alla fine prevale il grande mestiere dell’attrice che, anche grazie alla costante vicinanza di Williams e alla bravura del partner maschile interpretato da Burt Lancaster, supera l’ostacolo linguistico. Anna vince l’Oscar e girerà altri film ad Hollywood: Selvaggio il vento (George Cukor, 1957), Pelle di serpente (Sidney Lumet, 1960).

Sulla sua esperienza americana la Magnani disse: – Tutti mi chiedono che cosa penso di Hollywood –, diceva Anna ai giornalisti. – Cosa volete che ne sappia di Hollywood io? Nulla. lo qui lavoro e basta: per me è un postodi lavoro come un altro. Non ci vivo nel vero senso della parola. Se mi chiedeste qualcosa di Roma, allora sì vi potrei dire un sacco di cose… ma Hollywood: vado e vengo talmente in fretta! lo adoro Roma, la mia splendida città simile a un’affascinante donna addormentata. Là c’è mio figlio, la mia casa, la mia villa di campagna, la mia automobile tipo sport, i miei amici. Quando ne sono lontana sento una terribile nostalgia. Il mio inglese ora è molto migliorato e riesco persino a pensare in questa lingua, ma sono e resto un’attrice italiana.

A completare questo profilo non può mancare l’incontro con Pasolini in Mamma Roma (Pier Paolo Pasolini, 1962). Come ebbe a scrivere Lino Micciché fu l’incontro mancato di un volto di Roma (Magnani) con uno sguardo su Roma (Pasolini). Ma perché mancato? Uno dei motivi lo spiega lo stesso regista quando afferma: – «Io giro a brevissime inquadrature che poi coordino in un montaggio che ho in testa già da prima. La Magnani, invece, è abituata alle inquadrature lunghe, articolate» – che le permettevano di mostrare il suo personaggio in tutte le più dettagliate sfumature. Due concezioni della recitazione opposte. Quella di Pasolini che concepisce il regista come dominus incontrastato (come Kubrick come Visconti), che non svela all’attrice/attore quello che ha in testa, perlomeno non tutto. Viceversa la Magnani vuole sapere tutto del personaggio interpretato, per costruirlo sin nei minimi dettagli.

Il resto del decennio non aggiunge niente di particolare allo splendore della stella di Anna Magnani. L’ultima immagine cinematografica sono due inquadrature che potrebbero sembrare rubate da Federico Fellini per il suo Roma (1973).
A far da collante alle immagini della Magnani che una volta varcata la soglia del portone di casa sembra scivolare in un altrove indefinito (abitava a due passi dal Colosseo), con la voce fuori campo dello stesso Fellini che la definisce: «Volto di Roma, lupa e vestale, aristocratica e stracciona, tetra e buffonesca». Ogni altra parola sarebbe a questo punto superflua.

Da YouTube. Omaggio brevissimo ma di intensa ammirazione (quasi una dichiarazione d’amore) ad Anna Magnani in un suo cameo in “Roma” di Federico Fellini

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2 Comments

2 Comments

  1. Luisa Guarino

    29 Settembre 2023 at 18:50

    Forse non tutti sanno o ricordano che il nome di Anna Magnani è legato in maniera indissolubile a San Felice Circeo, lo splendido promontorio in cui trascorreva lunghi periodi, soprattutto in estate. Con la sua villa a Punta Rossa è stata tra i primi vip a scoprire la splendido località negli anni ’50/’60; e nel cimitero del Circeo ha voluto essere sepolta. Lo stesso in cui riposa anche Alberto Lupo, attore e conduttore televisivo molto noto negli anni ’70, morto all’improvviso nell’84 proprio nella sua casa del Circeo. Ad Anna Magnani il Comune del Circeo ha intitolato il cinema/teatro.

  2. Franco Zecca

    1 Ottobre 2023 at 16:39

    Nel commento di Luisa si cita Alberto Lupo che frequentò Ponza per un bel po’ dopo averla conosciuta per aver preso parte al film La battaglia di Maratona di Vailati; probabilmente il regista gliene aveva parlato.
    Durante una sua visita a Ponza, presso il bar Amato (d’a Spadona), si incrociò senza peraltro conoscersi tra loro, con un grande attore inglese che io riconobbi vedendolo dal bar del Zi’ Capozzi: era Peter O’Toole, fresco di Lawrence d’Arabia, che avevo appena visto al Caposele di Formia. Anno 1962 o su di lì. Bei tempi!

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