di Pasquale Scarpati
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Fin dai primordi dell’umanità, uomini hanno perseguitato altri uomini. Per non andare molto ma molto indietro nel tempo basti dire: i pagani perseguitarono i cristiani, poi i cristiani fecero lo stesso prima contro i pagani e poi tra loro stessi (cattolici contro ariani, monofisiti, albigesi, protestanti etc. etc… e viceversa); nei tempi più recenti e recentissimi cito: la grande persecuzione contro gli ebrei e quella che, tuttora oggi avviene contro quelli che, perseguitati dalle guerre, dalla fame, dalla politica, sono costretti a fuggire dal loro paese mettendo ogni giorno a repentaglio la loro vita. Ma l’uomo non si è solo limitato a perseguitare i suoi simili, ha perseguitato ogni altro essere vivente: nel cielo, nel mare e sulla terra. Nessuno è stato lasciato in pace. Perché sta scritto: “Soggiogate e dominate…. su ogni essere vivente” (Genesi 1,28).
Ma, oggi, quelli stessi uomini che ieri hanno perseguitato e tuttora oggi perseguitano, forse non sanno, non se ne sono accorti oppure non vogliono accorgersi che sono essi stessi perseguitati e dominati.
– Da cosa? – ha chiesto un amico.
Gli ha risposto Veruccio con occhio torvo: – Da telefonini, tablet e da ogni marchingegno che si portano costantemente dietro, anzi no al fianco, in tasca, nei risvolti delle giacche e nelle borse (sbuffano quando nervosamente lo vanno a cercare e non lo agguantano subito) ed anche a letto, mentre dormono o fanno l’amore.
Non l’ho mai visto tanto arrabbiato, anzi incazzato.
A queste parole non ho potuto non pensare a quando, una volta, non molti anni fa (ma sembrano trascorsi secoli) si telefonava chiamando l’operatrice e bisognava aspettare prima di ricevere la comunicazione. Quando i tempi per ricevere una telefonata, a volte, erano talmente lunghi che colui che aspettava il sospirato squillo del telefono, richiamava, spazientito, borbottando, maledicendo e quando la malcapitata centralinista rispondeva, la riempiva di improperi. Quando, per sentire un brevissimo saluto dall’America da parte di un qualche parente emigrato, si stava, con gli occhi fissi e l’orecchio teso davanti ad una radio, fin dalle 7 del mattino di una domenica prestabilita.
Poi “uscirono” i prefissi e fu una gran cosa.
– Ma veramente – si diceva – si può telefonare direttamente senza passare per il centralino!?
Poi arrivarono i telefonini “mattoni”. Quelli erano lo “status-symbol”: chi poteva, andava in giro nelle strade affollate tenendoselo ben in vista all’orecchio, a volte fingendo anche di parlare. Con quelli si poteva solo parlare pur essendo belli grossi.
Poi si videro i telefonini, quelli piccoli senza sportellino e poi con lo sportellino che ancora oggi sono usati da chi non ha molta dimestichezza con gli ultimi arrivati.
Questi ultimi, invece, assommano in un piccolo spazio moltissime funzioni che sono importanti per la vita moderna. Ma ci hanno schiavizzati o per meglio dire ci perseguitano perché non ne possiamo fare a meno. Se infatti qualche volta ci manca, entriamo immediatamente nel panico.
Come si fa!? – è la domanda che ci assilla e ci angoscia. Maledetto questo verbo “fare” da attuare subito, subito! Quando, invece, lui ( il verbo “ fare”) si deve saper gestire. E’ quello che forse non sappiamo più… fare. Gestire le cose, improvvisando e all’improvviso.
Pochi giorni fa andando nella mia “palestra” quasi quotidiana (in campagna), durante il tragitto, mi sono accorto di aver dimenticato il “marchingegno”. In un primo momento sono stato assalito dal panico, quasi quasi sarei voluto tornare indietro, poi mi son fatto forza dentro di me e mi son detto: “NO, continuo lo stesso”.
Non me ne sono affatto pentito. Stando in mezzo alla natura mi son sentito veramente libero, sgombro da ogni pensiero e soprattutto senza ingerenze esterne.
– Ah, che bellezza! – Sapere di non essere disturbato da nessuno, soprattutto da voci inopportune come i persecutori dei call center; sapere di essere con se stessi; sapere che comunque vada così deve andare e che una soluzione comunque si trova (come avveniva nel passato). Mi sono sentito veramente libero come quando andai (con mio fratello) sulla Guardia in una giornata di fresco e turbolento maestrale o camminavo per la Panoramica. Una gazza ladra si è poggiata tra le fronde di un arancio, una tortorella ha spiccato il volo, un uccellino è venuto a beccare quasi a me vicino nella terra smossa di fresco, il grido di un falco pellegrino è scivolato giù dalla collina; il vento stormiva tra le fronde e mi pareva di sentire ancora di più la frescura dell’ombra di un albero di olivo, anche se ero curvo a rincalzare le piantine che riprendevano vita. Il pensiero di essere effettivamente e totalmente solo con me stesso mi riempiva di piacere.
Quel piacere che viene meno quando si è a tavola, perché disturbati da telefonate, quando si guarda un film perché o si è di nuovo disturbati oppure la mente corre a qualcos’altro e si comincia a smanettare, quando si è al lavoro perché fa perdere la concentrazione; anche quando si guida per cui si mette a repentaglio la propria e l’altrui vita. Nonostante tutti i divieti, infatti, non è raro vedere chi guida con il “rettangolo” vicino all’orecchio o chi attraversa la strada senza guardare perché concentrato a parlare (se non a litigare) al telefono. A me non piace sentire persone che in mezzo alla strada, coram populo, strillano, litigano, bestemmiano, dicono parolacce al telefono e si fanno sentire da “mezzo mondo”. Una volta si diceva: i panni sporchi si lavano in famiglia! Ma qualcuno ironicamente mi ha fatto notare: – Sei “arretrato”! Non lo sai che oggi si porta tutto in… lavanderia, dove ci sono i panni di tutti e si lava di tutto!?
I bimbi, gli adolescenti, i ragazzi poi, sempre con telefonini in mano: compiti assegnati, registro, voti ma soprattutto giochi; perché?
Interviene di nuovo Veruccio: – Perché anche i genitori sono sempre al telefono! Si sono mai quantizzate le ore che si passano giorno e notte al telefono? Ore sottratte a… Sono effettivamente e veramente importanti queste telefonate? – Prosegue come una sbuffante locomotiva: – Spesso chi telefona non sa che cosa sta facendo colui o colei che riceve la telefonata. Può darsi che sta imboccando i figli, sta raccontando una favola ai nipoti, li sta seguendo nei compiti, sta mettendo i piatti in tavola, insomma spesso si telefona per un gossip o una banalità senza pensare a ciò che l’altro/altra sta facendo in quel momento. Quello/a poi, si sente quasi in dovere di rispondere (per non fare brutta figura) sospendendo ciò che stava facendo. Anzi, spesso, lascia tutto e tutti e se ne va a parlare altrove! Come se fossimo da …Mac Donald o in pizzeria e non in famiglia!”
Lui, il telefonino, poi agisce in modo subdolo: non gli basta solo la parola; ecco suona il messaggino a tutte le ore, ecco le foto in tutte le salse. Queste sventagliate dovunque, come bouquet di fuochi d’artificio, belle a vedersi in brevissimo lasso di tempo ma, una volta spente subitaneamente, lasciano soltanto una denso e acre fumo nell’aria.
Ecco le news e le orride fake news, ecco le pubblicità che si affacciano e ci schiaffeggiano. Le chiamano cookies: biscotti (sic!). Ma lo sanno che tra essi esistono anche quelli per topi? Al… veleno.
La domanda è: – Il “gioco” vale la candela?
Perché durante la settimana ognuno non stabilisce ora e/o giorno da lasciarlo totalmente spento? Come quando si ordina ad un cane di stare seduto, di darci la zampa o di non abbaiare, e lui felice obbedisce così noi ordiniamo al telefonino, che ci sta perseguitando con ostinazione, di zittirsi, finalmente. Ma mentre con il cane noi aspettiamo una “risposta” che può anche non venire, spegnere il telefonino diviene un’azione molto più semplice perché siamo noi e soltanto noi a gestire il tutto: finalmente padroni di noi stessi! E nel contempo, non avvertire nessuno perché abbiamo letteralmente mandato a fare in c… chi, giorno e notte, ci sta perseguitando!
Il telefonino è talmente stupido da perseguitare anche gli… innocenti e li condanna a morte come è avvenuto tantissime volte, come pochi giorni fa!