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Una canzone per la domenica (116). A trent’anni da un cambiamento

proposta da Sandro Russo

La proposta di questa settimana nasce con un motivetto ascoltato distrattamente dalla radio in macchina…
Era tanto tempo che non la sentivo… questa canzone.
Poi un’ondata travolgente che mi ha costretto di fermarmi, a bordo strada.
E’ stato uno dei pezzi che ho amato di più, in un periodo in cui già avevo smesso di interessarmi attivamente di musica e di collezionare dischi.

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Il Muro di Berlino (costruito del 1961 e virtualmente abbattuto nei giorni intorno al 9 novembre 1989), insieme alla guerra del Vietnam (1955-1975) e alla minaccia nucleare, sono stati gli incubi della nostra generazione.

Wind of change, celebre canzone della band tedesca Scorpions incarna lo stato d’animo dei tedeschi – ma si può dire dei giovani di tutto il mondo – prima e dopo la caduta del muro di Berlino. Era un gruppo tedesco, proveniente da quella che oggi ricordiamo come la Germania dell’Ovest. Una band nata ad Hannover nel 1965 e dedita all’heavy metal , metallo pesante, musica dura, tostissima.
Ma sarà vero, come da qualche parte ho letto, che le bande rock, specie quelle dell’hard rock e perfino quelle del cosiddetto metal hanno fatto le ballate più dolci e trascinanti? Probabilmente sì; ne sono la prova gli Scorpions e questo loro pezzo, da più parti è stato definito iconico (…di un periodo, di una generazione).

L’idea della canzone, come affermò Klaus Meine, frontman della band, nacque in una notte estiva dell’agosto 1989, su un battello fluviale, dopo che gli Scorpions avevano partecipato al Moscow Music Peace Festival, svoltosi allo stadio Lenin di Mosca, nell’allora URSS. Pochi mesi prima della caduta del muro, quindi.
Raccontò ancora Klaus Meine: «Quando aprimmo il concerto con “Blackout”, tutti i soldati dell’Armata Rossa e tutti i membri della sicurezza, si sono girati verso il palco e hanno lanciato in aria i loro berretti e le loro giacche. È stato fantastico. Era come se il mondo stesse cambiando proprio sotto i nostri occhi. In Unione Sovietica molti ragazzi percepivano che l’epoca della Guerra fredda sarebbe finita presto».

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Non era certo la prima volta che delle canzoni provenienti dall’Ovest, e dunque anche da quella parte dell’Europa ostile al comunismo, riuscivano a penetrare nei paesi sotto il dominio sovietico.
In totale, più di 350.000 fan russi assistettero ai concerti degli Scorpions, e ciò permise loro di diventare il primo gruppo rock capace di penetrare nella “cortina di ferro”, anche se c’era stato un precedente: il Live Magic dei Queen [3] nel luglio del 1986 a Budapest [da Wikipedia, ibidem].
La liberazione – almeno per quanto riguarda il Muro – è stata variamente celebrata.
In musica si ricordano lo storico concerto del 21 luglio 1990, quando Roger Waters, leader dei Pink Floyd, organizzò uno spettacolare concerto per celebrarne la caduta, mettendo in scena un’esecuzione dal vivo dell’opera rock del gruppo: The Wall (il titolo si prestava, ma l’opera era nata con altri intendimenti (ne abbiamo già scritto sul sito: leggi qui [4] e qui [5]).

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Un valore aggiunto alla canzone, è il video (di cui sono venuto a conoscenza parecchio tempo dopo) girato durante il concerto degli Scorpions al Deutschlandhalle di Berlino, nel dicembre del 1990.
Alternate alle immagini del gruppo, ci sono alcuni filmati che mostrano eventi e personalità importanti di quel periodo, tra cui la caduta del Muro di Berlino, l’incidente della superpetroliera Exxon Valdez, la protesta di piazza Tienanmen e il rivoltoso sconosciuto, Nelson Mandela, Lech Wałęsa e Papa Giovanni Paolo II. Sono mostrati anche due importanti eventi musicali ai quali hanno preso parte gli Scorpions stessi: il Moscow Music Peace Festival (1989) e The Wall – Live in Berlin (1990) [Al tempo 40” del video mi è sembrato anche di riconoscere pochissimi fotogrammi del finale di un film mito: Full metal jacket, di Kubrick (1987)].

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Testi (cliccare per ingrandire)

Mentre passano le immagini, sulla musica che suscita la spontanea accensione degli accendini tra il pubblico – poi diventerà un luogo comune, sostituiti gli accendini con gli orridi telefonini – qualche brivido scorre lungo la schiena…
E’ una sensazione di rimpianto. Al raffronto dei cambiamenti che celebravamo allora nella speranza di un mondo migliore, con questi tempi cupi, anch’essi densi di cambiamenti, ma in negativo, verso chiusure e confini più stretti.
Di canzoni ne aspettiamo una che ci apra davvero il cuore alla speranza: quella della settimana scorsa [8], malgrado il titolo, non ci ha convinto granché! 

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