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Isole: piselloni e lucertole

di Sandro Russo

Avevo messo da parte – non senza averlo anche pubblicato sul sito – un articolo del direttore [1] di Latina Oggi, Alessandro Panigutti che a sua volta recensiva, per vie traverse e inconsuete, il più recente libro di Antonio Pennacchi: La strada del mare [2] (l’abbiamo detto e pensato cento volte che la scrittura, l’arte in genere, vivono di rimandi!)

Apprezzato e messo da parte (l’articolo), con qualche ideuzza su come riproporre il tema… ma mi mancava l’innesco. Che mi è arrivato giusto stamattina, con la rubrica giornaliera di Michele Romagnoli (su la Repubblica), che qui (parzialmente) riporto:

Il divertimento di Greene
La prima cosa bella di giovedì 17 dicembre 2020 è il “divertimento” di Graham Greene, lezione di vita e letteratura. Chiamava così certe opere non minori, ma diverse, in cui dedicava più attenzione all’intreccio che alla creazione di uno o più protagonisti. Sellerio ha appena ripubblicato Una pistola in vendita, uno dei meno noti e più straordinari. Una danza di anime perse in cui tutti i ballerini sbagliano i passi. La partitura è imprevedibile: ogni tanto sbuca un assolo, un trillo, una nota fuori contesto. Credo si senta quando uno scrittore si sta divertendo, non segue un intento, non si preoccupa di suscitare emozioni se non in se stesso e in questi sconosciuti che gli affollano la mente, li lascia fare, come fossero (e lo sono) vivi. Senza astuzia preconfezionata o studi di marketing su quel che vuole la gente. Scrittura pura. Acqua di sorgente. (…)

Nel piccolo – anche senza essere Graham Greene -, ci si può abbandonare al gioco delle suggestioni e dei rimandi, divertirsi soddisfacendo la curiosità propria e (se va bene) altrui.

Perché, facendo un ampio giro per introdurre il suo argomentare, Panigutti parte da lontano, da un amico che “incrocia Giovanni Minoli in barca, sotto al pisellone che sta di fronte a Filicudi”.
Qui uno curioso abbandona la lettura e va a vedere di che parla, il Direttore.

Ed eccolo qua – in una delle poche isole che nel catalogo italiano mi mancano -, il “pisellone” – è il giornalista che lo chiama così… –, in diverse angolazioni:

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“La canna” di Filicudi (la terza foto, anche in copertina, di Vittorio Sciosia)

Per un ponzese l’associazione è immediata!
Ma come somiglia al Caciocavallo o Casecavallo, lo scoglio lungo e stretto che sta a fianco alla Ravia!

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Che poi… anche il nostro è uno scoglio “chiacchierato”, tanto che Franco De Luca gli ha dedicato diversi articoli… a delinearne la storia nel contesto della più generale avventura della colonizzazione dell’isola in età borbonica e a dimostrare che l’origine del nome derivi da un uso improprio che le nostre bis-trisavole isolane ne facevano!
I suoi tre articoli sono del 2017 (1) [9], (2 [10]) e (3 [11]), ma già in un commento del 2015, in risposta ad un articolo di Franco Zecca (leggi qui) [12], aveva sgomberato il campo dagli equivoci:
No, no, ma che casecavallo..!? La denominazione dialettale, verace, dello scoglio accanto alla Ravia è ’u cazzecavallo.
A costo d’apparire sboccato non posso tacere che quel nome il Mattej nel 1848 lo ascoltò dai ponzesi di allora. Non lo riportò per decenza (lo dice lui) e lo trascrisse (nel suo libro) epurato da volgarità.
Non assistette alla pratica, codificata dal Tricoli (altro libro) consistente nell’andare, all’imbrunire, allo scoglio e, con l’ausilio di orazioni blasfeme, toccarlo. Per trarne i benefici in lui trasfusi dal Creatore insieme a quella forma particolare. Oggi si direbbe ‘fallica’.
Era una grazia accessibile soltanto alle donne zitelle. ’U cazzecavallo propiziava il loro tardivo fidanzamento.

E con ciò: Filicudi – Ponza… uno a uno!

Ma continuando a spigolare in rete, mi imbatto in un bell’articolo di esplorazione e ricerca naturalistica.
Pare che il suddetto Pisellone – pardon Canna, alto 71 metri, il nostro è una puzzetta al confronto! – sia stato scalato tre volte, nel 1773 (da alpinisti di Macugnana (…che non sapevano nuotare!), nel 1980 e nel 2015.
Di quest’ultima escursione ci sono (riportati in .pdf in fondo al presente articolo) un accurato report naturalistico e belle foto, con approfondimenti su una particolare specie di lucertola, nerastra e con la coda molto lunga (Podarcis raffonei)(ormai molto rara in Sicilia, soppiantata dalla predominante lucertola campestre (Podarcis siculus).

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Benemerite le lucertole – he viste ‘sti lacerte… matte matte! – che talvolta fungono da indicatori biologici di areali molto ristretti… Ne abbiamo già incontrate di particolari, sul sito, come la lucertola azzurra di Capri [16] (esclusiva dal Faraglione di fuori: Podarcis sicula coerulea);

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e infine – last, but not least –  la tipica lacerta punzese verace (Podarcis Latastei) – nell’ultima foto – che sta sulle isole del nostro arcipelago – dice Silverio Guarino [19] – da due milioni di anni… prima, ma mooolto tempo prima che l’homo faber spaccasse ossidiana di Palmarola sulla punta del Fieno, per ricavarne schegge per punte di lance.
…E la lucertola erano già millenni che stava là!

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Quindi anche noi la nostra lucertola-nume tutelare ce l’abbiamo; tocca solo vedere se per caso ‘ncopp’u Casecavalle ci sta qualche lucertola speciale (anche se la vedo difficile, perché quando c’è il levante su quegli scogli spazza tutto). Ma si potrebbe provare sui Faraglioni della Madonna, che sono più grandi e parecchio tempo fa erano tutt’uno col resto dell’isola. Compito per i naturalisti nostrani: chissà che non ne venga fuori qualche sorpresa!

A Filicudi. La scalata della Canna, l’ultimo rifugio delle lucertole nere.pdf [21]