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22 aprile

di Francesco De Luca

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Mi impegno a ricordare questa ricorrenza che, fra le cadenze annuali, ha preso una sua evidenza, da quando il disastro nella gestione umana del pianeta terra, si è imposto nella coscienza degli uomini.
Non sono un ecologista e nemmeno un ecologo ma l’attenzione quotidiana (oggi che me lo posso permettere in quanto pensionato cosciente) alle condizioni cui si sottopone il pianeta terra da parte degli uomini, ha amplificato la mia sensibilità ecologica. Anche e soprattutto perché vivo in un paese (l’isola di Ponza) che ha bisogno assiduo di monitorare il territorio. E’ una bellezza da tutti decantata e perciò da preservare con oculatezza e amore.

22 aprileEarth dayGiornata della Terra: sono 50 anni che si celebra, e oggi, a causa della pandemia, la riflessione, apparentemente universale e sentita, spero che faccia apparire evidente a tutti (anche se sono scettico che ciò avvenga) come il problema economico, ovvero la dipendenza delle vite individuali come di quelle delle società e degli Stati, sia legato al problema ecologico. Espressione folle della filosofia di vita seguita dall’occidente (neoliberismo) è che la struttura economica (produzione e commercio dei beni) sia preminente nella programmazione e nella gestione politica. Non è così, e la globalizzazione, inceppata nell’incidente della pandemia, lo sta dimostrando. “Garantire il mantenimento delle condizioni ottimali per la nostra vita” (Luca Mercalli – Il fatto quotidiano – 22 aprile 2020) implica che il problema ecologico sia considerato complementare al problema economico e, aggiungo, a quello politico.
Come Noam Chomsky ha evidenziato anche dalle pagine del nostro Sito (leggi qui [2]), inseguire i consensi e fare scelte politiche in discordia coi dettami che avvertono come lo sfruttamento del territorio a fini privati, stia portando al collasso la capacità ecologica della terra di autorigenerarsi e di autoproteggersi.
Allo stesso modo, allorquando si affrontano le decisioni di fondo per il futuro della nostra piccola isola occorre allargare lo sguardo alle interdipendenze fra i fattori implicati: quelli sociali, quelli culturali, quelli economici e quelli ecologici. Non è superfluo avvertire quanto fragile sia l’equilibrio nel quale la comunità ponzese vive e dovrà vivere. Parlare di porti, di turismo, di ripresa economica, di stabilizzazione della residenzialità e di spopolamento invernale senza inquadrare i problemi e le relative scelte politiche nella cornice ecologica è un errore che non si può commettere.