Ambiente e Natura

A day in the life

di Sandro Russo

Proprio quel giorno che aveva tante altre cose da fare, finire libri, completare delle bozze, finire articoli cominciati da tempo, andare dal carrozziere, fare la spesa che in casa era finito tutto… Proprio quel giorno di un tiepido fine ottobre – aveva da poco compiuto gli anni – la signora che lo aiutava a tenere in ordine casa era arrivata con propositi bellicosi. Voleva liberare la stufa ad angolo dai libri e dalle cento cose che ci si erano stratificate sopra – Perché mó il freddo ariva e la dovrai pur accendere – e insieme ripulire e mettere ordine sul ripiano sotto la finestra, zeppo di attrezzi per il giardinaggio, semi, prodotti.
– Ma veramente… Non si può fare un altro giorno?
Ma Iole era inarrestabile. Tenendo in nessun conto le sue obiezioni aveva già sparso sul pavimento le cose da risistemare, quelle da buttare, quelle la trasferire altrove… tra cui, diversi cartocci e contenitori vari di semi della più varia natura. Materiale che si era stratificato negli anni…
Aveva riconosciuto i cartoccetti messi da parte addirittura da viaggi di qualche decennio prima e poi… semi presi per strada, o messi da parte da fioriture che l’avevano particolarmente attratto, cucunci rinseccoliti di semi di capperi, ormai in polvere, acheni stellati delle peonie, insieme a semi di grandi alberi: baccelli che si erano fusi con i semi in essi contenuti, i grossi semi appiattiti dai bordi irregolari della jacaranda.; le ‘pignette’ di Magnolia grandiflora con dentro i semi che una volta erano stati rosso rubino e ora si erano mummificati in nero… E poi, semi regalati da amici dopo un viaggio di cui avevano raccontato meraviglie… Quei semi “preziosi” da averli messi così al sicuro che poi non li aveva più trovati: ecco dov’erano finiti! E in due cartocci separati altri più piccoli con semi portati da Madagascar e dallo Sri Lanka (così c’era scritto fuori).
Tutta questa roba Iole aveva riversato sul pavimento e gli chiedeva sconsolata cosa farne.
– Li butto nel camino e li brucio?
– Ah no! Questo mai!
Mettimeli da parte, che qualcosa ci farò.
Lei ne fece una pentola piena, di quelle in disuso, cha avevano perso la copertura antiaderente.

Proprio quel giorno che aveva tante cose da fare!
Portò la pentolaccia nel campo giardino e si guardò intorno…
Aveva pensato di mettere tutto in terra. Qualunque cosa nascesse gli stava bene.
Ma non c’era un posto già pronto, per accogliere una pentola di semi.
– Mannaggia! Proprio oggi che avevo tante cose da fare!
Scartò in successione diversi siti: – Qui troppo sole; qui poca luce… Nee, troppe piante e radici intorno. Poco spazio.
Alla fine un posto che aveva i requisiti giusti lo trovò.

Era uno dei rettangoli delimitati da traversine di ferrovia, che avevano ospitato in tempi migliori coltivazioni di pomodori, melanzane e cetrioli. Da un po’ non era utilizzato.
Sì, il posto sembrava buono, ma bisognava ripulirlo dalle erbacce, smuovere la terra, livellare… e solo dopo seminare.
Vero, aveva tutto un altro programma per la giornata, ma al diavolo tutto! Questo lavoro uscito fuori all’ultimo momento era quello che lo attirava di più!

Il rettangolo prescelto, a inizio lavoro

Cominciò a lavorare di forcone, quello con i rebbi appiattiti, che nei lavori di campagna aveva sostituito la vecchia vanga. Si faceva meno fatica e andava più in profondità: fino a 30-40 cm sotto.
Trovò radici e radici di kiwi che erano arrivate fin lì, anche se la pianta più vicina era a 3-4 metri di distanza. Riconobbe la parte sotterranea, ormai marcita,  delle canne di sostegno residuate all’ultima volta che nel riquadro erano stati piantati i pomodori. Smuovendo la terra in profondità riconobbe delle tane di topi di campagna, dalla paglietta e dai pezzetti di plastica che solo loro potevano aver interrato insieme. Lo facevano sempre pensare alla tane dei polpi dell’isola della sua infanzia e adolescenza.

Eleagnus angustifolius, i piccoli fiori bianchi, all’ascella foliare, sono profumatissimi

Intanto si era fatta sera, intorno: il dolce ottobre dei Castelli… il profumo intenso, come di garofano, degli Eleagnus, effondeva sul campo e c’era ancora il sole al tramonto, basso sull’orizzonte che gli arrivava attraverso i fiori rossi della Salvia microphylla, brillanti quasi da abbagliare… I gatti ogni tanto venivano a vedere a che punto stava, che per loro era quasi ora di mangiare.

Fiori di Salvia microphylla; dal vero il rosso era molto più ‘sparato’; la foto non rende

Ma il lavoro che aveva cominciato voleva finirlo, anche perché l’indomani sarebbe piovuto – gli avevano detto – e nella terra quando piove è meglio non entrarci.
Sulla terra smossa e poi livellata con rastrello sparse la pentola dei semi e diede un’ultima compattata con il convesso della pala.
Ora poteva rientrare a casa: – Vieni, Micina, su!

Il riquadro a semina ultimata

Epilogo storico (…ma ha un’importanza relativa, perché quelli che vennero dopo non si misero mai d’accordo su quello che videro).

Chi entrò nel campo, diversi mesi dopo che lui era andato via, non vide niente di particolare, cioè… vide troppe piante; un intrico di vegetazione che rendeva perfino difficile entrare. Una foresta quasi impenetrabile, in effetti.
I kiwi che erano stati tagliati a un metro da terra avevano ricacciato dalle radici e si erano arrampicati ad ogni struttura possibile, alle gambe del tavolo da lavoro dove lui trafficava con le piante, ai paletti di cemento che non si era fatto in tempo a togliere dopo aver smobilitato il campo; ai pochi fili aerei rimasti… tra i vasi pieni e vuoti che riempivano il resto dello spazio.
Intanto altre piante erano migrate dalla parte opposta, dalla siepe di Eleagnus che costeggiava la stradina di ingresso. E il rigoglio dell’Eleagnus è ben conosciuto..
Il punto di incontro erano stati proprio i riquadri rettangolari che una volta erano stati tenuti per l’orto (per un caso fortunato erano risultati a prova di lumache). Proprio quel quadrato dove – Iole e Marco lo ricordavano bene – lui aveva sparso i semi recuperati all’ultimo momento. E rovi, rovi e rustine… senza mai fine.

Altri videro una cattedrale vegetale, con guglie che svettavano su un tetto di rampicanti. Nel microclima che si ora determinato là sotto c’era la più incredibile varietà di piante di cui solo quelli che si sono addentrati in una foresta pluviale possono immaginare. Fioriture di rossi, di gialli e di blu; tutte le sfumature e le forme del verde, un vapore che saliva dalla terra e rendeva l’atmosfera irreale. Felci e rampicanti da terra verso l’alto, come all’inizio del mondo.
In una zona in cui si erano stanziate le sfumature verde-glauco di piante mediterranee – Elicrysum italicum e Cineraria maritima, ma c’erano anche cisti e lentischi, diventati alberi, da arbusti che erano – qualcuno disse di aver intravisto tra una pianta e l’altra un baluginio come di mare al tramonto, ma non fu creduto.

Con un fiore ti vengono a trovare quelli che non ci sono più

 

 

3 Comments

3 Comments

  1. Emilio Iodice

    29 Ottobre 2025 at 10:38

    Bellissima storia, Sandro. Grazie. Mi ricorda la mia esperienza che condividerò.
    Era una giornata in cui avevo così tante cose da fare…”
    Era una giornata in cui avevo così tante cose da fare: una pila di documenti, urgenti, freschi e nuovi; una casella di posta elettronica che squillava, appuntamenti in agenda, una lista di cose da fare lunga come una fortezza. Mi sono seduto, con la penna sospesa sul foglio, pronto ad affrontare la grande sfida della giornata.
    Ma poi, un sussurro, leggero come granelli di polvere che volteggiano, una vocina che dichiarava: “Giocare è divertente!” Un collega si fermò, non per un compito assegnato, ma solo per condividere un pensiero curioso che aveva avuto. Una digressione di quindici minuti, calda e luminosa, sulla
    teoria alla luce del mattino. Chiusi la cartella, lasciai che le lancette dell’orologio girassero e ascoltai le risate che ribollivano.
    I documenti aspettavano, calmi e indifferenti; era stata imparata una lezione più grande, umana. Perché quando sono tornato indietro, rinfrescato e completo, quella breve connessione si era ancorata profondamente nella mia anima. Il lavoro era più leggero, i compiti scorrevoli e autentici, perché l’elemento umano aveva fatto breccia.

  2. Lorenza del Tosto

    30 Ottobre 2025 at 11:49

    Bellissimo Sandro.
    Mi sembra un magnifico esempio della serendipità che tanto apprezzi e che, in qualche modo, mi hai fatto scoprire.
    Nei miei pensieri sei sempre associato a questa parola/esperienza. E ogni volta che serendipinamente vivo ti sono immensamente grata.

  3. Biagio Vitiello

    4 Novembre 2025 at 06:12

    Il mio lavoro di questi giorni: fino ad ieri ho rinvasato circa un centinaio di piante nate da semi… Fra qualche secolo scopriranno che ci sono endemismi ponzesi di oleandri, palme da datteri, lantane, ecc…

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