Botanica

A lezione dalle piante (2). Essere albero

segnalato da Fabio Lambertucci, da www.iltascabile.com


per la prima parte, leggi qui

Scienze
Cosa hanno da insegnarci le piante
di Fabrizio Baldassarri  (*) – del 21.10.2025 da www.iltascabile.com

Dall’intreccio tra cultura indigena, scienza occidentale e mondo vegetale, una riflessione su come ripensare il legame tra esseri umani e natura.

A tutt’altra latitudine, un percorso analogo si ritrova nella cultura indiana ed emerge nel lavoro di Sumana Roy, Come sono diventata un albero. Una canzone d’amore (2022). Anche in questo caso, non si tratta di una semplice relazione affettuosa con le piante, ed è ben più che l’abbandono della propria condizione umana e ben più che un rapporto ristretto all’uso delle piante come abbellimento casalingo. Le piante non si rivelano semplicemente come altro rispetto agli esseri umani, ma mostrano un’alternativa che non è privazione. Come in altri casi, Roy combina la frustrazione per la caoticità della vita umana con l’incontro con l’alternativa delle piante, il cui silenzio è il suono della resistenza e dell’economicità, cioè di una ribellione, di un’attività, non di una mera passività. Il mondo vegetale, infatti, non è un mero ricettore, non un mero oggetto, ma un attore nel mondo.

Se è vero che le analogie tra piante e animali, e la metamorfosi del corpo umano in pianta hanno popolato la cultura occidentale fin dalle origini, Sumana Roy segue una linea più profonda e radicale, in cui la pianta non è un essere umano dimezzato, ma rivela una superiorità vitale importante.

Come nel caso di Wall Kimmerer, Roy combina l’esperienza personale alla propria tradizione culturale, unendo filosofia, storia letteraria e botanica. Partendo dalla filosofia di Deleuze e Guattari, Roy si immerge nella prospettiva di diventare una pianta, traslando le proprie esperienze e adattandole al mondo vegetale. Così, l’autrice non vede solamente la vita delle piante attraverso le lenti umane, ma mostra il tentativo di trasformare il proprio sguardo e le proprie relazioni accordandole al sistema vegetale. Fuor di metafora, l’autrice intende cambiare tutti gli aspetti della sua vita, adeguandosi a quello che è lo stile delle piante, di cui ricostruisce le caratteristiche nel corso del libro e, in tal senso, intende diventare pianta.

Questo percorso si sviluppa dall’elaborazione di un modo nuovo di guardare la natura vivente: se è vero che le analogie tra piante e animali, l’immedesimazione e la metamorfosi del corpo umano in pianta hanno popolato la cultura occidentale fin dalle origini ‒ si pensi all’opera di Orazio o ad Apuleio, alla pena dell’inferno dantesco, o alla dendolatria, la venerazione degli alberi che emerge nella pervasività della metafora arborea, ma anche all’albero della vita (l’albero Tuba del Corano, il Yggdrasil della tradizione normanna, l’albero Mahabodhi, e l’albero della vita di Klimt, per nominare alcuni casi) ‒ Roy segue una linea più profonda e radicale, in cui la pianta non è un essere umano dimezzato, ma rivela una superiorità vitale importante. Diversamente da ogni tentativo di antropomorfizzare la natura, Roy percorre un percorso di ascesa alla condizione vegetale, riconoscendo alle piante le capacità fondamentali di resistenza, parsimonia e armonia con l’ambiente naturale. Per esempio, si suggerisce di abbandonare la temporalità degli orologi per seguire il tempo ciclico e lento dell’albero – definito tree time – immedesimandosi in una dimensione alternativa in cui ripensare i ritmi della vita e rimodellandola secondo un sistema diverso.

In questo senso, il libro non mostra solamente una modalità di acquisire serenità muovendosi all’interno di un bosco o su una collina, lontano dal caos cittadino, ma una possibilità di rigenerazione profonda. Roy, infatti, non intende distruggere sé stessa né perdersi nella foresta, ma vuole ridare a sé quella parte vegetale che ha perduto ‒ e che in un qualche modo tutti noi abbiamo perduto ‒ cioè liberare la vita della foresta secondo l’insegnamento della tradizione indiana. Non si intende perdersi nella foresta in un ritorno alle origini, che pure appartiene a una certa tradizione occidentale, ma è un vero e proprio rigenerarsi. Allo stesso tempo, non è solo amore per le piante, per l’albero di fronte a casa o per il fiore sulla tavola, è lo sforzo di andare alla sorgente (o, opportunamente, alla radice) della vita stessa.

Sumana Roy non ricerca una via per trasformare le piante in esseri umani, ma una via per vegetalizzare l’uomo, un percorso al cui culmine c’è lo svuotamento di ogni violenza dell’umano e la possibilità di realizzare una società diversa.

Nel corso del libro, i numerosi riferimenti letterari rivelano la ricchezza della sapienza indiana in questo ambito, dai lavori di Rabindranath Tagore, le cui poesie celebrano la relazione tra uomini e piante, così come il percorso a ritroso verso la natura o verso la foresta, al lavoro del botanico Jagaish Chandra Bose, che ha studiato i movimenti automatici e la crescita delle piante, rischiarando le ombre sulla vita segreta delle piante.
In Tagore, infatti, la conversione dell’essere umano in pianta rivela una fluidità tra specie, mentre Bose esalta la spontaneità della vita vegetale. La stessa fluidità e spontaneità emerge dalla riflessione di Roy sulle funzioni umane trasposte nella vita vegetale, dall’esperienza sessuale al matrimonio con un albero, attraverso l’immagine del matrimonio nel regno delle piante di Kahlil Gibran o nel poema di A.K. Ramanujan. La complessità del comportamento delle piante rende plausibile l’esistenza di un linguaggio vegetale che non sia antropomorfizzato, e al tempo stesso rivela la possibilità di acquisire le dinamiche vegetali per ordinare certi estremi della vita umana.

In tal senso, Roy non ricerca una via per trasformare le piante in esseri umani, ma una via per vegetalizzare l’uomo, un percorso al cui culmine c’è lo svuotamento di ogni violenza dell’umano e la possibilità di realizzare una società diversa, fondata sull’assunto per cui la vita delle piante favorisce e supporta la vita di tutti, fuori da ogni conflitto, in una mutualità e collettività che deve necessariamente farci riconsiderare l’ordine della natura. Questo è l’insegnamento che Roy intende portare a compimento, nel percorso di “trasformazione” in albero. A tutti gli effetti, è la via di Buddha, la cui vita spirituale è inestricabilmente legata alla venerazione dell’albero. Sulla scia di questa lunga e ricca tradizione, il libro è un tentativo di vivere la vita degli alberi: adeguando i propri desideri ai bisogni naturali, vivendo il tempo delle piante, rigettando velocità, eccessi, caos e confusione, indicando una via per cambiare sé stessi e la propria società.

In conclusione, le opere di Wall Kimmerer e di Roy, pur nate in contesti culturali distanti, convergono nel riconoscere un valore paradigmatico alla vita delle piante per dare voce e contenuto a un nuovo umanesimo. Non si tratta di un ritorno nostalgico alla natura, alla Rousseau, per intenderci, ma di una rigenerazione, che parte dalla vita vegetale e dalla conoscenza scientifica del comportamento delle piante. Infatti, le scoperte preziose della scienza occidentale, che oggi rivela l’importanza e la complessità della vita e del comportamento vegetale, rischiano di essere confinate agli interessi degli studiosi e possono apparire distanti dalla vita quotidiana. Integrare queste scoperte con la saggezza delle tradizioni non europee ne rivela l’importanza e mostra un modo diverso di vivere la relazione con la natura. Seguendo la reciprocità e mutualità delle piante, non si tratta di perdere la nostra umanità, ma al contrario di portarla a compimento, aprendo a quegli aspetti che caratterizzano la vita vegetale e che permettono di realizzare una società più giusta e sostenibile, adatta alle sfide del futuro.

(*)  Fabrizio Baldassarri è fellow presso Villa I Tatti (Harvard University) e dirige un progetto di ricerca “Constructing the Environment” presso il Dipartimento di Studi Storici dell’Università Statale di Milano.

L’articolo è ripreso da:
https://www.iltascabile.com/scienze/cosa-hanno-insegnarci-piante/

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