Filosofia

Quale verità?

di Francesco De Luca

 

La verità è un concetto di natura morale. Non deve essere associata alla scienza. La quale raggiunge la congruenza fra fatti e spiegazioni, non la verità. La scienza esplora e chiarisce le relazioni fra ipotesi ed eventi, fra cause ed effetti, e codifica i risultati raggiunti nelle leggi (scientifiche  appunto). Esse sono regole che asseriscono il modo di comportarsi di fatti naturali, oggettivamente identificati. La verifica sui procedimenti naturali, che la scienza scopre, sono privi del tutto dell’elemento umano dell’interpretazione. La escludono totalmente affinché l’intera operazione di ricerca avvenga su oggetti… Sui quali operare con esperienze ed esperimenti al fine di comprovarne la verificabilità, seguendo il principio della falsificabilità. Come insegna il corposo pensiero di Karl Popper.

Attraverso la scienza si raggiunge la non falsificabilità, cosa diversa dalla verità.

La verità su fatti accaduti non è accertabile scientificamente. Essa sfugge alle leggi giacché la spiegazione sui fatti e sulle reazioni provocate è sussunta all’interpretazione soggettiva. La spiegazione si avvale della descrizione, della reattività fra eventi ma la conclusione la detta la morale. Ovvero il giudizio che si dà su di essi. La verità è figlia della morale.

Ne deriva che alla verità si aspira, ci si indirizza, ma non la si possiede. Vuoi a livello individuale, vuoi a livello collettivo.

A livello individuale la verità è un corredo dell’individuo. Ovvero, ogni individuo segue le proprie regole morali e vanta la sua verità. Che è dunque multipla, caotica, fittizia, temporanea. Giacché segue le caratteristiche proprie degli individui.

A livello collettivo la morale individuale si fonde, si combina con le altre e sfocia nell’ etica. Che ha natura convenzionale giacché è un accordo fra le morali individuali. Può sembrare impossibile eppure avviene: ogni società si muove all’interno di una sua morale sociale (etica). Anche essa con la sua verità.

La distinzione non è accademica. Negare la portata ‘oggettiva’ della morale e dell’ etica non diminuisce la loro importanza. Giacché  della verità  c’è un responsabile. Individuale se essa vale per il singolo. Responsabilità collettiva se si rifà all’ etica.

Responsabilità, perché, come detto, essa è costruita, essa è perseguita. Non la si trova bella e fatta.

La verità, per sua natura, ha base fattuale e corpo psichico. Poggia su ciò che si percepisce e si erige su ciò che si suppone o si aspira.

L’argomento appare accademico ma, in questi tempi di fanatismo acritico, mi sembra doveroso attenzionare gli animi.

Se annoio, abbandonate la lettura.

Sto sottolineando la natura ‘complessa’ della verità perché mi pare importante muovere l’ animo a porsi, nei suoi confronti, con spirito ‘problematico’. Ossia di ricerca perenne. Perché essa non è codificata.

Sto parlando della ‘verità’: quella utilizzata nei discorsi consueti, quotidiani. Quella per cui preferiamo ‘il cibo biologico’ a quello trattato, quella che ci fa diffidare di Trump, che ci fa pregare Dio nella malattia. Di essa sembriamo conoscere i segreti, e ce ne facciamo vanto. Dovremmo essere più attenti, più dubbiosi. Per ostacolare l’omogeneità che ci si propina con i mass-media.

Privi di criticità si cade nel conformismo, nelle ‘verità possedute’, negli standard. Si diviene o ‘fedeli’ o ‘nemici’. Mentre l’umanità si è costruita, nella storia, attraverso lotte e vittorie, solcando dubbi e raggiungendo traguardi, spogliandosi di certezze e vestendosi di umiltà, dismettendo il noto per accogliere l’ignoto.

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