Mare

Intervista al fotografo degli abissi

segnalato dalla Redazione – Da la Repubblica del 20 ottobre 2025

 

L’intervista
Doubilet:  «I miei scatti tra squali e coralli, i mari non sono infiniti»
di Giacomo Talignani

Alla soglia dei 79 anni la lista dei sogni di David Doubilet, il più grande esponente al mondo della fotografia subacquea, è ancora lunghissima. Prima deve immortalare gli squali elefante, poi vuole rimmergersi fra gli atolli della Polinesia. Perché le sue foto, dice a Repubblica, possono essere salvezza: «Hanno il potere di connettere le persone al mare e a preservarlo».
Un potere che chiunque potrà sperimentare dal 21 ottobre al 12 aprile a Villa Bardini a Firenze osservando 80 fra i suoi scatti più celebri realizzati per National Geographic. Foto che saranno esposte in una prima personale in Italia grazie a Fondazione CR Firenze, Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo e National Geographic.

Sessant’anni in mare: una vita nell’oceano. Come l’ha visto cambiare?
«Lavorare decenni per NatGeo mi ha regalato il dono di trascorrere tempo in mare e una prospettiva unica. Nella mia adolescenza tutti pensavano che le ostriche giganti potessero intrappolarti, le orche assassine ucciderti, i calamari trascinarti negli abissi. E quando ho iniziato la mia carriera sott’acqua pensavamo anche che i mari fossero infiniti. Ci è voluta meno di una vita per imparare che sono finiti e fragili e per vedere interi ecosistemi collassare. Ma ci sono anche buone notizie: angoli di mare che rimangono resistenti e resilienti, spesso grazie alle Aree Marine Protette».

Una lezione che anche gli italiani, in un Mediterraneo caldo e invaso da specie aliene, potrebbero cogliere visitando la mostra?
«Le immagini hanno il potere di educare, illustrare, onorare, umiliare, celebrare. La mia prima speranza è quella di connettere le persone a quel 70% del nostro Pianeta che potrebbero non pensare sia importante per le loro vite, ma lo è eccome: gli oceani».

Lei ha iniziato a scattare in acqua a 12 anni. Chi l’ha ispirata?
«Le mie prime foto subacquee sono state scattate vicino al molo di Elberon, nel New Jersey, usando una Kodak brownie Hawkeye: erano davvero brutte foto di pesci, ma erano mie. A dieci anni vidi una foto del fotografo NatGeo Luis Marden e di Jacques Cousteau insieme. Ecco, io volevo essere Marden».

Come la fotografia può aiutare la conservazione?
«Le immagini possono essere uno strumento potente per elaborare politiche: mostrare la maestosità delle balene ha ispirato il mondo a salvarle. La continua scoperta dei mari amplia le nostre conoscenze, ma è costosa e lenta, e invece purtroppo la corsa alle risorse preziose negli abissi è veloce e finanziata».

C’è un animale marino che è rimasto nel cuore?
«Non riesco a nuotare oltre un anemone con pesci pagliaccio senza fermarmi a scattare una foto. Adoro immergermi con i leoni marini australiani a Hopkins Island perché sono come cuccioli di golden retriever dispettosi, che ti rubano tutto».

Un luogo che non può dimenticare?
«Tanti. L’isola di Run, sulla rotta delle spezie in Indonesia, dove nuotai attraverso nuvole infinite di pesci balestra. La costa orientale dell’Africa, dove vidi un branco di 8 chilometri di delfini. Il Delta dell’Okavango: mi immersi di notte alla ricerca di pesci gatto dello Zambesi e le guide mi tirarono fuori per i capelli dopo aver visto i coccodrilli avvicinarsi».

I mari oggi soffrono. Quale criticità la preoccupa di più?
«L’apatia umana. Insistiamo nel bruciare combustibili fossili e nel riscaldare l’atmosfera, non riusciamo a liberarci dalla plastica, peschiamo negli abissi senza sapere cosa ci sia. Gli squali sono morti per la zuppa di pinne, le barriere coralline sono diventate silenziosi cimiteri: è straziante».

Le barriere coralline sono già a un “punto di non ritorno”.
«Mi fa male, non avrei mai voluto sentire nella mia vita questa espressione, ma è vera. Però ho speranza per il mare: perché vedo una resilienza naturale e vedo soprattutto sforzi di conservazione vincenti».

Cosa consiglierebbe a un giovane fotografo subacqueo?
«Osa, sii appassionato nella ricerca. E non pensate di dover viaggiare dall’altra parte del Pianeta per raccontare una storia. Le storie sono ovunque e le più vicine sono quelle spesso trascurate e la vicinanza ti permette di avere il tempo per conoscere il tuo soggetto. Essere lì è tutto: se sott’acqua è il tuo sogno, esci in un lago, un fiume, un ruscello».

Quale sogno vuole ancora realizzare?
«Bella domanda. C’è una lista in continua evoluzione nella mia mente. Vorrei esplorare Bonita, il Mato Grosso do Sul in Brasile, Silfra in Islanda e fotografare gli squali elefante al largo della Scozia. E poi tornare all’atollo di Fakarava in Polinesia per lavorare su un’immagine che ho in mente, ma non dico quale, magari la vedrete».

L’articolo in file .pdf: La Repubblica del 20 Ott. 2025, pag. 29.pdf

Alcune fotografie di David Doubilet che saranno esposte a Firenze Il fotografo David Doubilet, 79 anni, di New York

 

Clicca per commentare

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top