Racconti

Il mondo dei bambini ai tempi miei (1). La scuola 

di Pasquale Scarpati

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La scuola elementare
All’inizio degli anni ’50 del secolo scorso il mondo dei bambini non era molto diverso da quello degli adulti. Per le malattie, gli stessi rimedi degli adulti di cui ho già scritto. Altri rimedi non ve n’erano. Pochi vezzi e pochi ninnoli. Duravano lo spazio di un’infanzia cresciuta anche tra stenti e privazioni. All’età di due anni circa venivano poi svezzati con pastine e semolini. L’abbigliamento rassomigliava un pochino a quello degli adulti. In genere i maschietti portavano sempre i pantaloncini corti. Questi venivano dismessi non appena si entrava nell’età adolescenziale. Subito vestivano gli abiti da adulti anche perché dal più grande passavano (anche oltremodo rattoppati) ai più piccoli. Anche le ragazze non facevano eccezione, perché già in età adolescenziale erano “donne da marito” (… così si diceva).
Cosicché nelle vecchie foto (anche quelle degli inizi anni ’50) ragazze sui vent’anni sembravano già signore mature sia nell’abbigliamento sia nell’acconciatura dei capelli. Non vi era quindi alcuna separazione tra l’infanzia e l’età matura. Si doveva crescere in fretta. Sia perché la vita media era più breve di quella attuale sia perché si aveva bisogno di denaro prima per la famiglia e poi per sé stessi per formare la propria.
Così alla fine degli anni ’40 del secolo scorso pochi erano i bambini che frequentavano assiduamente la scuola elementare (oggi primaria), anche se con la legge Coppino della seconda metà dell’800 essa era stata resa obbligatoria. Poiché, però, non sopprimeva la bocciatura a oltranza, spesso i bimbi non arrivavano alla 5a elementare. Forse per questo il ciclo era suddiviso in due parti. I più, durante il percorso scolastico, abbandonavano la frequenza anche perché i plessi erano distanti dalle loro case e dovevano essere raggiunti a piedi. Ma la maggior parte dei bambini, pur frequentando la scuola elementare, nel pomeriggio andava a “imparare un mestiere”.
Si racconta che una volta un piccolo di una 4a elementare, forse stremato dalla fatica del giorno prima e/o perché  dormiva malissimo o su paglia o su materasso di pula di grano, chiese timidamente e ingenuamente alla maestra: – Signora maesta, pozz’ durmi’? Quella comprensiva rispose: – Duòrm’ figliu mio, duòrm’.
Ma la madre ne venne a conoscenza ed il piccolo fu “svegliato” con le… mazzate e le più matte risate di quelli che ne ebbero conoscenza. Non so se fu promosso o ‘respinto’ (come si diceva allora). Qualcuno però ha detto che quel piccino, nella sua innocenza, era stato molto sincero, annoiato forse dalla cantilenante lezione.

Tra le favole si leggeva spesso quella della cicala e la formica. Laddove ad una formica sempre laboriosa e soprattutto lungimirante perché accumulava provviste per il crudo inverno, faceva da contraltare la “leggera” cicala, dedita nella sua spensieratezza soltanto al canto durante la breve estate. Ma quando alla fine dell’estate la cicala, che non aveva accumulato nulla, chiese aiuto alla formica, questa sprezzante non solo non le offrì alcun aiuto, ma la rimproverò di aver vissuto alla giornata senza prevedere il futuro e quindi le suggerì, ironicamente e con molta cattiveria, di cavarsela da sola: – Che hai fatto quest’estate? Hai cantato? E ora balla! La malvagità della formica non veniva stigmatizzata, anzi era apprezzata! Altra favola era quella dello spaccapietre sempre insoddisfatto del proprio lavoro che, dopo aver sperimentato altre situazioni, alla fine ritorna al suo povero e faticoso lavoro! Come dire, nella vita è inutile darsi da fare, tanto si rimane sempre allo stesso punto. Nessuna prospettiva per la gente comune!

Educazione corale
In quel tempo tutto doveva avvenire coram populo (davanti a tutti). Ricordo, fino a pochi anni fa, i famosi ‘quadri’. Essi erano appesi alle vetrate delle porte delle scuole. Lì tutti dovevano sapere se si era stati promossi, respinti o rimandati all’esame di settembre (la scuola iniziava il 1° di ottobre, costellata da numerose feste soprattutto religiose). Una bella sfilza di 6, qualche sette, un raro 8; se compariva qualche 9 voleva dire che si era proprio “un genio’ in quella disciplina. Dei 10 neanche a parlarne: mosche bianche! Oggi invece poiché essere promossi è una… regola, i genitori, non sapendo cosa fare, contestano i… voti! Come se fossero in grado loro di fare valutazioni!
Allora si era molto contenti e soddisfatti perché si era stati promossi! Per alcuni invece comparivano i voti di insufficienza: dal 5 in giù, sottolineati in rosso. Al termine della sfilza dei voti appariva la dicitura “ripete”, con il nome/nomi delle materie che bisognava ripetere a settembre. Fino a quattro discipline però, altrimenti si scriveva ‘respinto’.
Si può ben immaginare il patema d’animo dello studente e quale mortificazione o che mazzata psicologica subiva! Ma la vita quotidiana già lo aveva fortificato.
Se poi gli insuccessi scolastici si ripetevano di continuo l’unica strada percorribile era il lavoro o meglio l’apprendistato di un mestiere.
Ma neppure questa strada era semplice.
A parte che non si era pagati o si era sottopagati (anzi il genitore doveva anche ringraziare chi prendeva il ragazzo o il piccolo a lavorare), non vi era orario di lavoro e il datore di lavoro usava anche le maniere forti; anzi era autorizzato a farlo anche dagli stessi genitori. Così avveniva anche nella scuola.
Agli insegnanti infatti ancora negli anni ’70 alcuni genitori dicevano: – Se non si comporta bene, dategli due ‘buffettoni’. Ciò era considerato estremamente educativo. Si veniva così posti letteralmente su un piedistallo. L’insegnante aveva ampia potestà, sia se il profitto era buono e ci si comportava in modo educato (secondo i canoni del tempo) sia se il profitto era scarso o si era piuttosto birichini. In quest’ultimo caso si era severamente puniti in modo eclatante (orecchie d’asino, bacchettate, obbligo di sedersi all’ultimo posto in classe, quando non si veniva sottoposti a vere torture, come stare inginocchiati con il ‘granone’ (mais) sotto le ginocchia nude ed altro). A nessuno o quasi interessava la causa dell’insuccesso scolastico. Tale era e basta! Forse retaggio medioevale, di quando si impiccavano, si squartavano i condannati, si appiccavano roghi fra gli schiamazzi delle persone!
D’altra parte agli stessi insegnanti elementari erano state chieste, nel momento del concorso, soltanto nozioni culturali e un po’ di storia della pedagogia. Ancora peggio per gli insegnanti delle medie e delle superiori a cui venivano chieste, nel percorso universitario, tante nozioni ma nulla sulla didattica.
Pertanto il rapporto con gli alunni veniva demandato al suo… ‘estro’.

Con gli anni in ogni ordine di scuola fu prevista una équipe psico-socio-pedagogica che avrebbe dovuto fare da supporto all’insegnante nel suo difficile compito. Però, essendo, queste figure il più delle volte latitanti (non se n’è mai conosciuto il motivo!), il povero insegnante era costretto a fare il tuttologo: avventurandosi in campi non propriamente di sua competenza.
A qualcuno in un concorso a cattedra per l’allora Scuola Media Unificata (ora Scuola Superiore di primo grado), fu chiesto come avrebbe illustrato ai ragazzi nientemeno che… Tersite nell’Iliade!
Tersite è un personaggio secondario dell’opera. Omero lo descrive brutto e sgraziato. Durante l’assemblea degli Achei, lui inveisce contro i principi. Come risposta viene bastonato da Odisseo (Ulisse). Secondo alcuni Tersite rappresenta il popolo, il resto è facile intuirlo. Tralascio la risposta del candidato e il seguito dell’interrogazione!

I voti a scuola
I voti erano “secchi”: senza alcuna motivazione. Matita rossa e matita blu. Si iniziava dal dieci a scendere. A volte qualche insegnante iniziava da 8 a scendere; perché, diceva, il compito assegnato era molto facile. Mezzo voto in meno per gli errori contrassegnati dalla matita rossa; un voto in meno per quelli contrassegnati dal colore blu, i più gravi. Come dire peccato veniale e peccato mortale! Il voto scaturiva da una semplice… sottrazione! Così qualche insegnante si divertiva a mettere anche un meno 6, 7 o 10; per sottolineare che si era al di sotto dello zero (spaccato). Praticamente era impossibile recuperare tale voto. Per non parlare dei mezzi voti: 5 e mezzo, ad esempio, o 6 meno o 6 meno meno! Poi, alla fine dell’anno scolastico, si faceva un’altra operazione, la divisione. Si sommavano i voti ottenuti nell’ultimo trimestre (allora non vi era quadrimestre) e si divideva tout court per quante volte si era stati interrogati o per quanti compiti in classe erano stati fatti. Non parliamo poi se si era stati sospesi! Essere sospesi voleva dire rimanere a casa per il periodo prescritto e bocciatura pressoché sicura. Se il fatto era molto grave addirittura si poteva essere sospesi  “da tutte le scuole del regno” come si diceva! Oggi si può anche sospendere ma… “con l’obbligo della frequenza”. Non ho mai capito la sua valenza. Che stress per gli alunni! Ma ciò non importava a nessuno o almeno non importava a quei genitori a loro volta semianalfabeti o analfabeti del tutto, i quali si attenevano ai  risultati; se negativi, portavano l’alunno all’abbandono della scuola.

[Il mondo dei bambini ai tempi miei (1) – Continua]

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Commento di Sandro Russo del 16 ott. ore 18

Ha il fascino delle cose vecchie la scuola rievocata da Pasquale Scarpati… Somiglia ancora molto a quella rievocata da Fellini (classe 1920), a dimostrazione della lenta-lentissima evoluzione di questa istituzione dall’anteguerra al dopoguerra; anzi più a quella che alla scuola moderna.
Mi ha fatto piacere rivedere su YouTube una lunga sequenza (condensata in circa 6 minuti) sulla scuola in Amarcord (film del 1973)

Il video nell’articolo di base (volendo-potendo si può vedere gratuitamente tutto il film):

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1 Comment

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  1. Sandro Russo

    16 Ottobre 2025 at 17:51

    Ha il fascino delle cose vecchie la scuola rievocata da Pasquale Scarpati… Somiglia ancora molto a quella rievocata da Fellini (classe 1920), a dimostrazione della lenta-lentissima evoluzione di questa istituzione dall’anteguerra al dopoguerra; anzi più a quella che alla scuola moderna.
    Mi ha fatto piacere rivedere su YouTube una lunga sequenza (condensata in circa 6 minuti) sulla scuola in Amarcord (film del 1973)

    Il video nell’articolo di base (…volendo-potendo si può vedere gratuitamente tutto il film, essendo scaduto il copyright).

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