di Pasquale Scarpati

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Interessante ciò che scrive Franco De Luca a proposito di Gavi e del perché noi, isolani, la chiamiamo “l’Isigav” (isola di Gavi tutt’insieme).
Voglio raccontare un aneddoto a me occorso.
Una volta, tanti anni fa oramai, mi affidarono il compito di verificare l’apprendimento dei ragazzi di Ventotene. Premetto che essi non erano a conoscenza della mia origine. Per metterli a loro agio davanti ad una persona mai vista prima e dall’apparenza severa, chiedevo loro, tra l’altro, notizie sulla loro isola e sulle altre dell’arcipelago, fingendo quindi di non conoscere nulla e di essere molto attratto dalle notizie che essi volentieri mi davano. Sciorinavano di tutto e di più. Si spaziava dalla storia, alla geografia, all’economia delle isole, soprattutto, ovviamente quella che mi ospitava. Erano dei torrenti in piena! Ed io ero molto contento, fingendo di non conoscere molto l’argomento.
Ad uno degli ultimi ad essere interrogato, chiesi: “Mi sai dire quante sono le isole pontine ed il loro nome?”
Gli brillarono gli occhi: “Come no! – rispose. E di seguito, di getto, le elencò in quest’ordine: “Ponza, Ventotene, Santo Stefano, Palmarola e Zannone”.
Solo allora scoprii le mie carte.
Sorridendo gli dissi: “Ne mancano una se non… pausa due!”
“Come!?” – mi risponde, con una certa meraviglia e con un po’ di timore.
Rispondo: – Non ti preoccupare: l’isola di Gavi e ci metto anche la… “Botte”! Le conosci?
Quello rimase un po’ interdetto ed io gli spiegai dove fosse situata Gavi (anzi l’andammo a verificare sull’atlante) e dove la Botte. Tutto in tono molto affabile. Nominata la Botte, il discorso scivolò via, ovviamente, sulla pesca delle “pezzogne” e sugli altri generi di pesce perché un suo parente andava a pesca.
Penso che, data la vicinanza dell’isolotto di Gavi a Ponza che da non molto lontano sembra quasi un tutt’uno (bisogna, infatti avvicinarsi parecchio per notare la “strettoia”), gli antichi colonizzatori abbiano voluto sottolineare che Gavi, nonostante sembri un tutt’uno con Ponza, è anch’essa un’isola a tutti gli effetti. Delle altre isole non c’è bisogno di qualificarle perché distanti ed evidenti. Pertanto l’espressione “iamm all’Isigav”, questo voglia dire (come dire: guardate che anch’essa è un’isola) e tale è rimasta nel dialetto locale.
Che il nome Ponza deriva da penta (cinque) mi sembra molto improbabile (anche perché le isole sono… sei). Forse, penso, discenda da Pontos (Πόντος – vasto mare in greco) visto che Ponza è l’ultima di una serie di isole (di una certa grandezza) che dal golfo di Napoli si stendono verso ovest, dopodiché, se sali sulla Guardia, lo sguardo spazia nel vasto mare e non c’è nulla oltre l’orizzonte (per l’appunto pontos)
Per quanto riguarda il nome Gavi. Ho letto che Plinio lo fa discendere dal nome gabbiani che lì numerosi nidificano. Ma la gavia è una strolaga. Per estensione potrebbe essere esteso ai gabbiani (in sardo cau). Probabilmente fu ripreso ciò che scrisse Plinio. Il nome non deriva sicuramente dal dialetto ponzese, perché il gabbiano si dice roja ed il piccolo ’u rujell’ che per antonomasia è sinonimo di voracità. Si diceva, infatti: – Mangia comme ’nu ruiell’.
Altro termine potrebbe essere cavatum, per il caolino (che lì c’era) già conosciuto dagli antichi. Ma tutte queste sottigliezze lasciamole agli studiosi. A noi basta sapere che anche l’Isigav, pur essendo la più piccola, faceva parte di una vecchia filastrocca che abbracciava, nominandole, tutte quelle isole che, come satelliti, fanno da corona a quella che per molti è la madrepatria.







Pasquale Scarpati
16 Ottobre 2025 at 06:34
Rispondendo a Sandro sulla mia reticenza a partecipare la filastrocca, il motivo è presto detto: non la ricordavo bene e speravo che qualcuno intervenisse, al riguardo; pensavo fosse di dominio pubblico! Ma a gentile richiesta provo a rispondere.
Sono sceso negli “abissi” della memoria per ricordare ciò che mi cantelinava zia Malvina. Ma ne ho un ricordo parziale e neppure so se fosse una sua “invenzione” o questa filastrocca la si sapeva in giro. Ricordo solo la parte centrale (almeno credo).
Ecco, la trascrivo, mettendo tra parentesi ciò che non ricordo esattamente:
“A Ponza songh’ stat’
(e tutto aggie guardat’),
Palmarola m’ha cuòtt’ ‘u core,
Zannone me l’ha azzannàt’
e l’Isigav’ m’ha (cunfurtàt’?)
Questo è il mio ricordo. E a proposito di ricordi, ritorno all’infanzia, fanciullezza e adolescenza dei tempi nostri (miei). Spaziando ed analizzando anche alla luce dei recenti episodi di ragazzi che si tolgono la vita per atti di bullismo. È la conferma che bisogna essere forti e non abbattersi, trovare in se stessi una prima soluzione al problema, perché il soccorso altrui potrebbe farsi attendere! Noi, la mia generazione, forse perché temprati da una vita più dura, eravamo più attrezzati a farvi fronte