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È passata la bellezza… tornerà mai?

segnalato da Teresa Denurra da la Repubblica

Ho scorso il link all’articolo di Repubblica che mi ha mandato Teresa prima di prendere la macchina per tornare da Roma al paesello; non un gran viaggio, una trentina di chilometri in tutto, se il Raccordo Anulare non fa scherzi. Nell’ultimo tratto, lasciata l’Appia, si fanno strade provinciali, poi comunali. Ho pensato: come sono sporche ultimamente le piccole strade di campagna, interpoderali… Dappertutto sacchetti di plastica sfilacciati, bottiglie di plastica accartocciate e polverose, sacchetti di immondizia lasciati ai bordi delle strade che vengono aperti dai cani e il contenuto sparso in giro, quando non sono vecchie ruote di macchina cui poi qualcuno dà fuoco. Ultimamente. Non mi pare che fino a qualche anno fa fosse così; mi sembra piuttosto, anche nel nostro piccolo,  una lenta assuefazione alla trasandetezza. Poi ho pensato alle foto della mancata fioritura dei campi di Castelluccio, uno spettacolo che qualche volta sono andato a vedere; ricordo anche un servizio fotografico di mio fratello al riguardo. Come se il serbatoio di bellezza a disposizione si stesse assottigliando, anno dopo anno. Capisco i ponzesi che fotografano ancor e ancora gli scorci della propria isola. Come un esorcismo alla bellezza; per non farla scomparire…
S. R.

 

Fioritura addio. A Castelluccio il caldo spegne l’arcobaleno
dalla inviata di Repubblica Maria Novella De Luca – 06 luglio 2025

Nei campi coltivati con la celebre lenticchia la siccità cancella lo spettacolo che si ripeteva ogni estate, simile a un quadro di Monet. Il borgo umbro, colpito dal sisma del 2016, paga le conseguenze del clima rovente: “Abbiamo già perso un terzo dei turisti”

Qui e là macchie di papaveri. Ogni tanto un fazzoletto di terra con il blu dei fiordalisi. Intorno il giallo ocra dei campi di grano ma anche distese di terra arsa e bruciata. Dimenticate le margherite bianche e i narcisi d’oro, le genzianelle, la senape selvatica, i ranuncoli, gli asfodeli, le viole eugeniae, le acetoselle rosate e il trifoglio rosso. Le arnie sono vuote e le api affamate. La siccità si è mangiata la bellezza a Castelluccio di Norcia, rasa a suolo dal terremoto del 2016, oggi ancora assediata dalle macerie e dove la ricostruzione procede lentissima.

La stupefacente fioritura spontanea, che a ogni inizio d’estate creava un incanto naturale nei campi coltivati con la lenticchia più pregiata al mondo, attirando migliaia di turisti, quest’anno non c’è stata. Missing. Scomparsa. O quasi. Niente pioggia, caldo feroce, zolle che si sbriciolano, perduta anche la preziosa brina dell’alba salvifica per i fiori. La piana ai piedi del Monte Vettore, paragonata, spesso, agli “Iris” di Monet, ha l’aspetto brullo delle stagioni senz’acqua, terreni secchi a perdita d’occhio, stoppie, verde opaco.

Turisti delusi: “Dove sono i fiori?”
Tra i sentieri che costeggiano le piantagioni di lenticchie di questo borgo umbro, i visitatori camminano sperduti cercando lo spettacolo che non c’è, in un panorama lunare ma comunque bellissimo. «Siamo venuti da Napoli, che delusione». «Arriviamo da Roma, avevamo letto che c’erano pochi fiori, ma qui non c’è proprio nulla, soltanto qualche papavero». Annamaria, da Livorno, non si arrende e cammina spruzzando acqua su rade aiuole di fiordalisi. «Mi piange il cuore nel vedere questa desolazione. Faccio fotografia naturalistica, frequento Castelluccio da sempre, è un disastro, sembra una pianura americana assetata. Tutto appassito Non bastavano i danni del terremoto, adesso anche la siccità. Per riuscire a fare qualche foto – ammette – bagno i fiori, altrimenti sembrano spenti».

Salvo il raccolto delle lenticchie
Allarga le braccia Gianni Coccia, assessore ai Lavori Pubblici del comune di Norcia, voce e anima di Castelluccio. «Abbiamo perso il 30 per cento del turismo legato alla fioritura, purtroppo. I fiori sono spuntati, come ogni anno, ma assai più radi e per il caldo estremo ogni varietà è durata pochissimo. L’arcobaleno naturale che ci ha resi famosi in tutto il mondo è stato soltanto parziale, un regalo per i fortunati che erano qui al momento giusto».

Eccolo l’effetto nefasto del clima diventato rovente: la cancellazione della bellezza. Che si trasforma in una netta perdita economica, in un territorio dove le ferite del terremoto di 9 anni fa sono ancora drammaticamente evidenti. «Mi dispiace per i turisti ma questo è uno spettacolo spontaneo, se la natura ce lo concede bene, altrimenti dovremo attingere ai ricordi. Ci appelliamo alla clemenza divina», dice con un po’ di ironia amara l’assessore Coccia. «La notizia buona però è che le lenticchie invece sono salve. E speriamo che i prossimi temporali e la rugiada del mattino, salvino ciò che resta dell’ultima fioritura». Rimpiangere la rugiada, sperare nella rugiada.

Terreni seminati a lenticchia

La scomparsa dei colori
Non è una frase poetica ma ciò che dicono gli agricoltori e chi in queste terre ha deciso di restare, anche se confinato ancora nelle zone satellite della ricostruzione. È il colpo d’occhio che sgomenta salendo verso Castelluccio attraverso Accumuli, Arquata del Tronto: centinaia di prefabbricati, ruspe dappertutto, borghi distrutti come in un fermo immagine dell’agosto 2016, quando tutto il centro Italia tremò per giorni. «Sì, le coltivazioni sono salve e ci auguriamo in un buon raccolto a fine luglio», conferma Diego Pignatelli, presidente della “Cooperativa lenticchia di Castelluccio». «I fiori che creano quel meraviglioso spettacolo crescono accanto alle piantine di lenticchie. Non piantiamo nulla, non seminiamo alcuna specie: ogni anno infatti i colori cambiano, può capitare che ci siano più narcisi e meno margherite, più papaveri e meno fiordalisi. Anche per noi che siamo nati e cresciuti qui, è, anzi era, sempre una sorpresa». Era, appunto, fino alla scomparsa dei colori, in queste settimane senza respiro.

I fiori più belli nel 2020, l’anno del Covid
«Le lenticchie hanno resistito al caldo estremo, anche se l’estate è ancora lunga, ma l’umido della notte e la rugiada del mattino dovrebbero proteggerle. Il nostro reddito – aggiunge Pignatelli – dipende interamente dal raccolto, il turismo dopo il terremoto è quasi scomparso. Un po’ ci aiutava la fioritura, speriamo che la siccità non la cancelli definitivamente». E tutti citano l’anno magico del 2020: in pieno Covid ci fu la più bella fioritura degli ultimi 50 anni, con una scala cromatica che andava dal blu cobalto al rosso vermiglio.

Samuele Calenda

“Ho vent’anni e resto qui”
Samuele Calenda ha vent’anni, un cappello da cowboy e vende salumi, formaggi e naturalmente lenticchie in un microscopico food-truck alle porte di Castelluccio. «Sono uno dei pochi giovani rimasti qui dopo il terremoto e non ho intenzione di andare via. La mia casa è stata rasa al suolo, da allora vivo a Norcia e giro per le sagre d’Italia con i miei prodotti. Senza fioritura è stata una primavera triste, ma sono un ottimista, l’anno prossimo andrà meglio. I miei coetanei sono emigrati tutti, ma io resisto: ho un lavoro e prima o poi la mia casa verrà ricostruita. E vuoi mettere il colore delle margherite all’alba? Grazie tante, resto qui».

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