Ambiente e Natura

“Ce piérde cuòrcete e chiumm’”

di Bixio

Nella notte dei tempi, qualche millennio orsono, nella piazzetta della chiesa di Le Forna, c’era di fronte alla chiesa una vecchia cantina “Da Siliuccia”;  il marito, Scarabucchièll’, al secolo Giuseppe Vitiello faceva il sacrestano a don Gennaro e si appendeva alle corde della campana (quel campanile venne demolito perché  pericolante).
Ebbene in quel piccolo locale per pochi avventori potevi sempre trovare un piatto di pasta e fagioli, un trancio duro di pane e un buon bicchiere di vino nero; il secondo non esisteva, roba da ricchi.
Siliuccia (diminutivo di Silvia), madre dell’attuale Margherita, indossava sempre un enorme grembiule che compariva e scompariva dietro il bancone.

In quella storica bettola dal fumo come nebbia – o è l’effetto del ricordo? – , spuntavano sempre le stesse facce intente al gioco delle carte  e la domenica mattina si aggiungevano altri pescatori dopo la messa.

Ero – e sono ancora – molto amico di Gennaro ’i Jolanda a’ muntagnella (dalla località dove abitava). Fisico statuario, tutte le turiste ne erano attratte, ma Gennaro pensava ad altro… Puntava da giorni certe tipe che se ne stavano in disparte, senza peraltro averne risposta o risultati di sorta.
Un vecchio  pescatore se ne era accorto e mentre al tavolo ammazzava le carte da gioco, se ne uscì ad alta voce e quasi imprecando: – Uee Gennari’… chelli femmene so’ strane! (intendeva: sono di sesso indecifrabile). ’U ssacci’ie! Lassa pèrde…  Chell’ vann’ a vela e a motore! È tiemp  perz’… Ce piérd’ cuòrcete e chiumm! (*).

In quel locale che ogni tanto riemerge alla memoria dall’infanzia  perduta, quanti insegnamento di vita! Era la mia  isola… Quella era la mia isola!

 

Nota
(*) – Cuòrcete e chiumm’ – galleggianti e piombo, accessori della rete da pesca
Perdere tutto, la rete, i galleggianti e il piombo. Come metafora (o meglio, metonimia, una parte per il tutto) è ricorrente nel dialetto (leggi qui)

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