Palmarola

Rileggendo vecchie cronache isolane. Palmarola, isola della pace e della fratellanza

di Giuseppe Mazzella

 

“Il fragore senza suono che ci è noto da sempre dall’esperienza del sogno, ci viene incontro di giorno dai titoli di giornale.” (Theodor Adorno)

 

Approfondire il passato ricorrendo agli studi storici e alla tradizione orale – questione affrontata di recente anche sul nostro sito –  è sempre un esercizio utile, ma anche rileggere le cronache del passato, specie a distanza di anni, può tornare utile e, con il senno di poi, rivelare qualche sorpresa.

Era il 1938. Grandi ombre minacciavano il mondo, che di lì a poco sarebbe esploso nella tragedia della seconda guerra mondiale. A Londra, tre giovani davano vita ad un comitato federalista europeo per l’unione di tutti gli uomini, di qualunque grado, nazionalità o colore. Un’idea da promuovere in campo mondiale. Uno dei tre iniziatori, Derek Rawnsley, morì poco dopo durante la guerra.

Anni dopo, e siamo nel 1959, la madre di Derek, la scrittrice inglese Violet Rawnsley Hilton, riprendendone l’idea, lanciava l’idea di eleggere Palmarola a isola della pace e della fratellanza, costituendo una fondazione, in cui faceva confluire molti suoi beni che aveva in Inghilterra e Villa Dil Aram ad Anacapri, dove viveva da anni. Il progetto era quello di creare nell’isola ponziana dei centri di accoglienza per quanti avessero voluto discutere in tranquillità con cui maturare e promuovere piani di azioni nell’arena del mondo. Forse un’idea rinata nel clima suggerito dall’accoglienza positiva riscosso dal Manifesto di Ventotene, che stava producendo i primi passi per un’Europa Unita, ma anche dalle speranze suscitate dal Concilio Vaticano II. Erano anni di grandi cambiamenti e utopie.

Nella primavera di quel 1959 veniva costituita una Fondazione, con la presidenza onoraria conferita alla Violet Rawnsley e la partecipazione di importanti personalità internazionali come quella di Ludovica Haenik Market, già candidata alla Presidenza della Repubblica austriaca, e altre provenienti dall’Olanda e dalla Germania oltre agli italiani Lelio Galateri, Placido Valenza, Davide Fraccarini e Ettore Trincherini. Fioccarono subito adesioni da tutto il mondo, mentre consistenti sottoscrizioni e aiuti in denaro arrivavano soprattutto dagli Sati Uniti.

Molte le ambasciate che aderirono entusiastiche  all’iniziativa come quelle dell’Albania, Austria, Belgio, Bulgaria, Cecoslovacchia Danimarca, Egitto, Francia, Germania, Giappone, Grecia, India. Inghilterra, Jugoslavia, Olanda, Polonia, Romania, U.R.S.S., Stati Uniti. Insomma un successo mondiale e annunziato che faceva ben sperare. L’entusiasmo contagiò anche l’Ente Provinciale del Turismo di Latina, che si apprestò a predisporre un piano di valorizzazione turistica. Ma non tutto appariva chiaro non tanto nelle intenzioni quanto negli sviluppi. Intanto la comunità si fondava su principi di cultura e dichiarava di “aborrire la politica”. Una dichiarazione perlomeno bizzarra. La fondazione si proponeva, poi, di realizzare importanti strutture turistiche e di accoglienza non solo per gli aderenti al Comitato, ma per quanti avessero voluto passare un periodo di vacanza nell’isola.

E qui il progetto si espandeva a dismisura, con un piano regolatore che prevedeva una serie di bungalow costruiti sui beni demaniali, realizzati secondo lo stile delle diverse architetture del mondo, con apertura di sentieri, strade, e il centro nella Capitaneria pilota con relativa banchina  di attracco per i motoscafi da crociera. Inoltre era prevista anche una centrale termica ed elettrica sfruttando l’acqua del mare e la realizzazione di alberghi, un teatro classico all’aperto da 200 posti, campi da tennis e da golf. Un po’ troppo per un centro culturale. Fortunatamente non se ne fece nulla.

Oggi è facile capire i rischi che ha corso Palmarola e correrà ancora pochi anni dopo. L’idea di  una urbanizzazione turistica dell’isola si ripresenterà, infatti, nel 1965 quando una società romana propose la realizzazione di un albergo con 50 camere, bar, ristorante e servizi di spiaggia. A dare l’S.O.S. fu la rivista isolana “Ponza Mia” diretta da Giuseppe De Luca e Gennaro Mazzella. E anche questa volta, per fortuna, l’isola sfuggì ad un triste destino. Ma fino a quando? Questo solo per dire che le insidie possono mimetizzarsi nelle migliori intenzioni del mondo. Un’allerta che chi ama Palmarola non può mai abbandonare.

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