San Silverio

Ogni casa punzese…

di Francesco De Luca

Incontro il prof. Pagano. Vive e insegna in America. Pure lui a Ponza per San Silverio. Aspetta l’arrivo della processione. Come me. Curiosi di vedere il santo. Un cuscino di garofani rossi in un contesto di teli gialli. Perché San Silverio, nonostante la triste vita e la miserevole morte, fu Papa. E dunque il giallo dell’oro  è il colore dei paramenti; il rosso gli proviene dal colore del martirio.

La statua arriva con le note della banda. Dietro c’è un codazzo di prelati: il Vescovo, don Ramon, e presbiteri e diaconi.
Tante considerazioni verrebbero da fare. Non le esplicito perché rispetto ogni manifestazione umana. Anche quelle non condivisibili.
Saluto il professore augurandogli: Buon San Silverio !  Mi risponde:

Ogne famiglia punzese tène:
‘nu Sirverio in casa;
‘na causa;
‘nu parente a’ Merica.

Ritorno col pensiero agli anni dell’infanzia.
Silverio era un nome beneaugurante. Di maschi c’era bisogno in casa. Nei campi, sulle barche da pesca, nella manutenzione delle case. Esauriti i nomi dei nonni c’era spazio per i nomi jolly, che portano bene. Nessuno meglio del nome che legava l’individuo alla terra, alla famiglia, ad un futuro sicuro. Silverio, il nome del Santo Protettore.

Una causa, ossia un contenzioso per la proprietà, per i confini, per l’ormeggio, per una usucapione.
Il guaio è la ristrettezza dell’isola. Troppo piccola per accontentare tutti. E perciò… cause con i vicini, con i parenti, con chi ha spostato  ‘a parracina, con chi  s’ ha fatto i fechetinie meie.

Emigrare. In Argentina, meglio se negli States. In cerca  ‘i furtuna, che era poi aspirare ad una vita confortata da un lavoro dignitoso, per trascorrere una dignitosa esistenza e godere di una dignitosa vecchiaia.Troppo piccola l’isola per garantire ai suoi nativi tutto questo.
E proprio per questa lacerante limitazione l’isola à terra desiderata oltre misura. Agognata quasi. Troppo ce fa pena’ pe ce ‘a scurda’.
Caro professore… San Silverio t’accumpagne!

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